Impatto clinico degli anticorpi donatore specifici nella donazione di rene da vivente

Abstract

Negli ultimi anni, grazie ad una migliore conoscenza dell’immunologia del trapianto, la ricerca si è spinta verso nuovi protocolli per desensibilizzare i pazienti con insufficienza renale cronica che, avendo a disposizione un donatore vivente, non avrebbero potuto superare alcune barriere legate soprattutto ad incompatibilità HLA. Grazie a nuove tecnologie è possibile definire la presenza di anticorpi donatore specifico (DSA) nel sangue del ricevente. Tuttavia questo tipo di trapianto è gravato da un incremento degli episodi di rigetto anticorpo-mediato e da un peggiore outcome del graft. Nello studio abbiamo analizzato la nostra casistica di trapianto da donatore vivente dal 2008 al 2014 (112 pazienti) e paragonato 3 coorti: pazienti senza DSA (I coorte, 86 pazienti), pazienti con DSA pre trapianto (II coorte, 12 pazienti) e pazienti che hanno sviluppato DSA dopo il trapianto (III coorte, 14 pazienti). I risultati ottenuti mostrano un peggior outcome del graft nella II coorte, espresso sia come sopravvivenza d’organo (nella II coorte 83,4% contro 98,8% nella I coorte e 92,8% nella III coorte a 5 anni), sia come filtrato glomerulare (28±32,5 rispetto a 58,35±20,25 della I coorte e a 59,6±15,6 della III coorte) (p <0,001) e creatininemia plasmatica (II coorte 4,5± 4,87 mg/dl, I coorte 1,51±0,65 mg/dl, III coorte 1,22±0,23 mg/dl). Nel gruppo con DSA pre trapianto abbiamo riscontrato una percentuale di rigetti anticorpo mediato superiore (25%) rispetto agli altri due gruppi (7,1% nei pazienti con DSA de novo e 3,5% nei pazienti negativi per DSA) (OD=9,22, Cl 1,61-52,64, P=0,012). Tali pazienti presentano anche un maggior tempo di dialisi pre trapianto e un inferiore ricorso a trapianto pre-emptive rispetto gli altri due gruppi. È inoltre presente nella II coorte un maggior numero di pazienti già sottoposti ad un altro trapianto di organo solido (33,3%) rispetto la I (15,1%) e la II coorte (7,1%), motivo che giustifica la presenza di DSA per precedente esposizione ad allotrapianto. In ultimo questi pazienti a parità di infezioni hanno un maggior rischio di episodi virali, evenienza che non può essere spiegata solo con il maggior utilizzo di timoglubilina all’induzione (r2=0,9294, P=,078)

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