thesis

"L'Italiano". Un foglio letterario nella Parigi della Monarchia di Luglio

Abstract

Questo lavoro si propone di ricostruire una pagina poco nota della diaspora risorgimentale, sorta attorno a un giornale letterario che si pubblicò a Parigi tra il maggio e l'ottobre del 1836, «L’Italiano. Foglio letterario». Concepito in Svizzera da Mazzini e da alcuni suoi compagni d’esilio, «L’Italiano» vide finalmente la luce grazie alla collaborazione di un gruppo di esuli italiani residenti nella capitale francese. Rispetto all’idea originaria, sorta in seno alla Giovine Italia, il giornale dovette confrontarsi con intellettuali dai percorsi culturali e politici assai diversi tra loro, che si trovarono a cooperare per «principiare una nazionalità, sia pure letteraria». Diversamente dal suo precedente parigino, «L'Exilé» (1832-1834), che ambiva a offrire al pubblico italiano e francese una storia della letteratura italiana, «L'Italiano» proponeva, invece, un programma di «critica educatrice» rivolto principalmente agli intellettuali della penisola, allo scopo di fornire loro degli strumenti teorici per la creazione di una letteratura nazionale. Oltre alla condivisione di una concezione etica e civile della letteratura, il sodalizio culturale sorto attorno al giornale si fondava sull’adesione a una filosofia di stampo spiritualista che, pur rivendicando un’origine tutta italiana, si alimentava grazie al confronto con alcuni pensatori francesi della Restaurazione, come Pierre Leroux e Philippe Buchez. La proposta letteraria del giornale poggiava sul teatro drammatico e sul melodramma, in cui riconosceva dei dispositivi di mobilitazione politica che, oltre a proiettare l’idea di nazione su un piano emotivo e simbolico, potevano raggiungere le classi popolari senza la mediazione della parola scritta. Contro la moda del dramma borghese, la riforma teatrale promossa sulle pagine del giornale riconosceva i propri modelli nel Chatterton di Alfred de Vigny (1835) e nel teatro di Schiller e proponeva un’idea di teatro che fosse, secondo gli auspici di Mazzini, «la semplicizzazione di un dovere più elevato da compiere»

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