Ho strutturato il presente lavoro in cinque Parti (suddivise al loro interno in Capitoli, Paragrafi e Sotto-paragrafi), Introduzione e Conclusione. Nello specifico, il corpus dell’elaborato, suddiviso nelle cinque Parti menzionate, è così concepito: la Parte I e la Parte II sono dedicate ad una riflessione teorica inerente ambiti di studio antropologico significativi ai fini dello sviluppo dell’ipotesi guida e dell’interpretazione dei dati raccolti; la Parte III e la Parte IV sono eminentemente descrittive e ripercorrono in maniera approfondita le interviste effettuate ai principali interlocutori, in modo tale da dare piena voce ai protagonisti della ricerca; la Parte V, infine, di carattere prettamente interpretativo, ripercorre e pone in dialogo le diverse economie morali della disabilità emergenti dalle parole degli studenti con disabilità, del Delegato del Rettore per la Disabilità, del personale tecnico-amministrativo di USID e Sportello Dislessia, dei docenti, dei tutor e degli operatori del servizio civile. In tal senso, mi sono proposta di configurare un lavoro che possa essere letto e fruito in maniera modulare. Se, infatti, nella Parte V sono convogliati i risultati della ricerca, alle Parti III e IV è possibile fare costantemente ritorno per approfondire vissuti ed esperienze a cui di volta in volta ci si richiama, in un constante dialogo e rimando fra l’una e le altre. Inoltre, nel visionare i racconti delle singole esperienze dei vari protagonisti è possibile seguire la traccia con cui ho inteso di volta in volta accompagnarli, come pure fruire liberamente delle sole parole degli interlocutori svincolate dal quadro narrativo giustapposto.
Nell’Introduzione ho innanzitutto ripercorso la storia della messa a punto e realizzazione della ricerca: l’oggetto (studenti universitari con disabilità, invalidità o DSA) e il contesto (Servizi preposti dell’Università di Pisa) prescelti e l’ipotesi che l’ha guidata, per poi entrare nei dettagli degli strumenti adottati e dei tempi impiegati per la sua conduzione. Vi sono inoltre due paragrafi dedicati a fornire un primo quadro dell’impostazione teorico-interpretativa dell’elaborato, nonché delle epistemologie e metodologie antropologiche di riferimento. A corollario di tutto ciò, si aggiunge una breve presentazione dell’ultima fase di permanenza sul campo, che ha previsto la mia partecipazione al Progetto Accoglienza, inerente i Servizi indagati. Infine, vi sono due paragrafi dedicati l’uno all’organigramma dello spicchio tecnico-amministrativo universitario che ingloba USID e Sportello Dislessia, l’altro ai dati statistici nazionali e locali sull’affluenza di studenti con disabilità, invalidità o DSA nell’università in genere e presso i Servizi, a partire dagli anni della loro istituzione.
Nella Parte I ho approfondito le nozioni di Cerchi dell’Etica, Reciprocità e Dono, nonché quella di Modelli Culturali (cognitivi, di valutazione e di comportamento). Nel primo Capitolo, dunque, ho ripercorso alcune riflessioni sull’etnocentrismo e sul costituirsi di diversi cerchi concentrici di appartenenza (che vanno dall’io al noi fino al loro), che possono infine declinarsi in Cerchi dell’Etica nei loro confini più estremi (come pure, seconda una mia rivisitazione del concetto, rispetto alle economie morali emergenti dai vari attori sociali considerati). Ho, poi, analizzato gli studi antropologici sulle nozioni di Dono e Reciprocità, fino alla loro attualizzazione nel nostro contesto societario contemporaneo. A partire da tali presupposti, ho infine prospettato alcune forme in cui processi di scambio e donativi possono configurarsi all’interno dei Servizi indagati. Nel secondo Capitolo, sono, quindi, entrata nel merito della nozione di Modelli Culturali, la sua declinazione in Modelli cognitivi, di valutazione e di comportamento, nonché i possibili nessi con gli studi sull’esperienza di crisi come rischio della presenza, sul paradigma incorporativo e sul concetto di campo.
Nella Parte II ho, innanzitutto, svolto una riflessione epistemologica sulla valenza del binomio emico/etico nelle scienze sociali (e antropologiche nello specifico), per poi approfondire la nozione di economie morali rispetto alla disabilità. Nel primo Capitolo, dunque, mi sono soffermata sulla diade emico/etico rispetto alle nozioni di corpo, persona e disabilità, nonché sull’accezione da noi variamente condivisa nell’utilizzo della dicitura “persona con disabilità”. Ho, poi, approfondito il ricorso al concetto di Modelli cognitivi rispetto alla disabilità, ripercorrendo lo scambio costante fra le definizioni che emergono a livello normativo nazionale ed internazionale, quelle di senso comune e quelle connesse a specifici contesti e a corrispettivi movimenti che li hanno attraversati. Infine sono venuta ad indagare una particolare accezione, qui prescelta, di Modelli di valutazione, che è rappresentata dal concetto di economie morali, in questo caso della disabilità. Nel secondo Capitolo, dunque, ho ripercorso quelle che sono le economie morali della disabilità maggiormente emergenti da ICF e Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, nonché dalle disposizioni di legge vigenti in Italia, sempre nel costante interscambio con le concezioni e le lotte portate avanti dalla società civile (nella veste soprattutto di movimenti di persone con disabilità e di associazioni delle famiglie), a partire dall’interrogativo di come si possa pervenire ad una effettiva integrazione/inclusione in società egualitarie come la nostra, in cui il diverso è considerato uguale nel momento in cui è autonomo e in grado di autodeterminarsi (a rischio così di pervenire ad un disconoscimento della sua stessa diversità e del suo eventuale vissuto di dipendenza).
La Parte III e la Parte IV, come suddetto, sono dedicate ai racconti dei principali interlocutori. Nello specifico, nella Parte III ho inteso ripercorrere le esperienze riportate da 27 studenti secondo tre aree tematiche dalle stesse emergenti, che ho suddiviso in tre corrispettivi Capitoli: la disabilità colta nelle sue ricadute rispetto al percorso di crescita e alla capacità di autodeterminazione dello studente; la disabilità vista come aspetto, nel vissuto degli interlocutori, che interferisce in vario grado e in varia forma con le loro aspirazioni lavorative, culturali e sociali; la disabilità considerata come un elemento di distinzione della propria specificità o come un aspetto della diversità umana raccolta infine nella comune uguaglianza. Per ogni storia analizzata, inoltre, ho di seguito riportato eventuali testimonianze di genitori e/o di Delegato del Rettore alla Disabilità, docenti, tutor alla pari per la didattica e operatori dell’ufficio, che sono entrati in contatto, a vario titolo e per un tempo variabile, con lo studente in questione: le loro parole si incrociano e si intersecano così a restituire un universo complesso e articolato, in cui potenzialità e criticità dei vissuti degli studenti con disabilità e della valenza integrativa dei Servizi universitari emergono e si dissolvono in continuazione.
La parte V, infine, si concentra sulle economie morali della Disabilità che permeano le esperienze sopra indagate e sulla loro eventuale ricaduta integrativa. Nel Capitolo I, innanzitutto, ho ripercorso l’utilizzo di specifiche economie morali da parte di studenti e famiglie; nel Capitolo II sono venuta ad indagare la circolazione di corrispettive economie morali da parte del Delegato del Rettore alla Disabilità e del personale tecnico-amministrativo di USID e Sportello Dislessia e DSA; nel Capitolo III mi sono soffermata sulle economie morali emergenti e poste in circolo dai docenti; infine, nel Capitolo IV ho analizzato il vario ricorso a corrispettive economie morali da parte di tutor e giovani del servizio civile durante lo svolgimento del proprio operato. Nel complesso, tali economie morali si muovono lungo due direttrici che sovente si intersecano: la disabilità come prodotto della società o come responsabilità individuale; la disabilità a partire dalla diversità di ciascuno o dall’uguaglianza. A queste corrispondono varie accezioni di integrazione/inclusione universitaria degli studenti in questione, in cui si pongono in costante dialogo i binomi dipendenza/autonomia e dono/reciprocità (congiuntamente ad ineludibili processi incorporativi). La nozione di dipendenza, peraltro, viene qui a complessificarsi, nella costante ed ineluttabile interazione fra dipendenza fisica e dipendenza personale. Nel contempo, anche la reciprocità trova una declinazione ulteriore nella nozione di debito positivo, che nel rendere impari e vulnerabile una delle parti implica fiducia fino all’annullamento del senso stesso di debito. In questa prospettiva, dunque, il configurarsi dell’integrazione nel contesto indagato viene tagliato trasversalmente dal rapporto fra dipendenza fisica e/o personale e corrispettivo instaurarsi di rapporti di reciprocità bilanciata e/o di debito positivo.
Ecco allora che il prospettarsi di diverse economie morali della disabilità, può comportare corrispettivi modelli e processi di integrazione, in cui la dipendenza e la reciprocità risultano fortemente interconnesse nel generare eventuale relazione. Peraltro, la stessa accezione sottesa all’erogazione dei servizi può comportarne un diverso sbilanciamento rispetto all’obiettivo integrativo. Emergono, infatti, in varie proporzioni dalle esperienze dei diversi attori sociali coinvolti due principali concezioni del servizio reso o ricevuto: una “dimensione strumentale” ed una “dimensione relazionale” o “espressiva” (secondo il termine cui ricorre Fabio Ferrucci). Il vario connubio o la netta scissione delle due dimensioni conduce, infine, a corrispettive modalità di erogazione o fruizione delle prestazioni degli Sportelli, nonché della stessa attività di insegnamento portata avanti dai docenti, in una altrettanto varia prospettiva di integrazione/inclusione.
Nella Conclusione, dunque, ho cercato di convogliare alcune riflessioni inerenti i Modelli Culturali di disabilità emersi dai vari attori sociali alla luce delle nozioni di dipendenza, dono, reciprocità, nonché incorporazione, qui assunte come chiave di lettura dei fenomeni indagati. Nello specifico mi sono soffermata sui diversi cerchi di appartenenza individuati e sulle concezioni e connesse economie morali della disabilità che sono emerse (venendo in tal senso a ri-declinarli come Cerchi dell’Etica), nonché sulle loro ricadute rispetto alla partecipazione degli studenti in questione alla vita universitaria tout court