CORRELATI CLINICI E DI IMAGING MOLECOLARE NELLA DISFUNZIONE COGNITIVA DELLA MALATTIA DI PARKINSON: RISULTATI DI UNO STUDIO SU UN’AMPIA COORTE DI PAZIENTI DE NOVO
La malattia di Parkinson (MP) è una sindrome neurodegenerativa il cui quadro clinico è primariamente caratterizzato da un disordine del movimento. Tuttavia, ormai da molti anni essa non viene più considerata esclusivamente come una malattia motoria. La neurodegenerazione che coinvolge i sistemi extrapiramidali, infatti, si accompagna ad un ampio corollario di sintomi non motori quali il disturbo del sonno REM, la modificazione del profilo psicologico, la facile faticabilità e la compromissione cognitiva, la gestione dei quali rappresenta per il medico un vero e proprio target importante tanto quanto il controllo motorio.
Al fine di migliorare la comprensione del disturbo cognitivo e nella ricerca della sua genesi, si è concentrato negli ultimi anni lo sforzo di numerosi lavori, sia clinici che di imaging molecolare, volti a definire i fattori di rischio e i sistemi biochimici coinvolti nello sviluppo di compromissione cognitiva in corso di MP. Tali studi hanno permesso di aprire una nuova e ampia finestra conoscitiva sui disturbi neuropsicologici che possono presentarsi in questa popolazione di pazienti. Un largo consenso è infatti presente in letteratura sulla considerazione che, al di là del rischio di demenza, deficit cognitivi lievi e selettivi accompagnino il paziente sin dalle fasi iniziali e acquisiscano maggiore gravità con il progredire della malattia. L’impiego di strumenti sempre più raffinati per l’indagine neuropsicologica e di neuroimaging ha inoltre consentito da un lato, di condurre analisi qualitative approfondite dei profili cognitivi di questi pazienti e dall’altro lato, di formulare coerenti modelli di interpretazione neurobiologica.
Col tempo si è compreso come la compromissione cognitiva nella MP differisca da quella tipica della Malattia di Alzheimer (AD), sia in termini di profilo cognitivo coinvolto, che di andamento e risposta alla terapia, sia per quanto riguarda la presenza di marcatori bioumorali. Pertanto, recentemente definizioni cliniche appartenenti esclusivamente all’AD, come il Mild Cognitive Impairment, sono state riviste ed adattate alla MP con la produzione di criteri diagnostici specifici. Risulta tuttavia molto complesso capire i meccanismi alla base di questa disfunzione, essendo essa strettamente legata in questi pazienti a deficit motori e alterazioni psicologiche che possono in gran parte alterarne la comprensione.
Scopo di questo studio è stato quello di valutare, in un’ampia coorte di pazienti con recente diagnosi di MP e non ancora in terapia farmacologica, le caratteristiche cliniche e il profilo cognitivo all’esordio di malattia. Ulteriore scopo dello studio è stato quello di cercare una possibile correlazione tra la presenza di una precoce disfunzione cognitiva e il depauperamento dei neuroni dopaminergici striatali, classicamente coinvolto nella genesi del disturbo motorio. A questo scopo, 135 pazienti de novo sono stati sottoposti ad un’ampia batteria di test neuropsicologici (MMSE, FAB, TMT, Stroop test, CMP47, WCST, digit span, test di Corsi, test di fluenza verbale fonemica, test della figura complessa di Rey-Osterrieth e Rey Auditory Verbal Learning Test), ad una valutazione del profilo psicologico mediante le scale HAM-D, HAM-A e Beck e ad una valutazione clinica mediante esame obiettivo neurologico e scale motorie specifiche per la malattia, che hanno permesso di calcolare punteggi di rigidità, bradicinesia, tremore e assiali all’esordio di malattia. I pazienti, inoltre, sono stati sottoposti ad un’indagine funzionale di imaging molecolare per valutare il grado di degenerazione delle vie nigrostriatali mediante scintigrafia cerebrale con DaT-SCAN. L’informazione quantitativa del legame è stata ottenuta in 94 pazienti mediante il valore dello Specific Binding Ratio (SBR) definito mediante il software BasGan.
Questo studio ha permesso di confermare come una parte di pazienti con MP (20,7%) presenti una compromissione cognitiva lieve (MCI) già in fase precoce di malattia, la quale si associa ad una scolarità più bassa ed un’età d’esordio di malattia più alta. La presenza di compromissione cognitiva iniziale si associa inoltre a punteggi motori più elevati, specie quelli di rigidità e assiali. Precedenti studi inoltre suggeriscono una correlazione tra performance cognitive frontali e disfunzione striatale nei pazienti con MP avanzato. I nostri dati, ottenuti su un campione molto ampio di pazienti in fase precoce di malattia e non ancora trattati farmacologicamente, hanno permesso di associare la degenerazione dopaminergica del caudato alla compromissione di prove cognitive che indagano funzioni di pianificazione e memoria di lavoro, confermando l’importanza delle strette connessioni cortico striatali di questa regione anatomica nel mantenimento dell’integrità delle prestazioni cognitive, specie esecutive, di questi pazienti