In una riflessione insieme filosofica e autobiografica, viene approfondito il significato
del vissuto di un abitante non nativo di Trieste, per cui la città è diventata
la propria città. Trieste viene pensata come città terramare la cui anima è
caratterizzata positivamente dall’oscillazione e dallo spaesamento. Sul filo delle
categorie del pensiero contemporaneo, viene individuata una analogia profonda
con la struttura, dinamica e in tensione, del “desiderio”, come già Calvino aveva
fatto con la forma sdoppiata di Despina, città di confine tra il deserto e il mare