La descrizione dell’attività motoria fetale: metodologie a confronto

Abstract

Introduzione A partire dagli anni ‘70, grazie alla diffusione e al perfezionamento delle tecniche ecografiche in Ostetricia e Ginecologia, numerosi studi hanno messo in evidenza una inaspettata continuità tra movimenti fetali e movimenti neonatali, e soprattutto hanno mostrato come l‘osservazione standardizzata di tali movimenti potesse essere utilizzata come un sensibile strumento per l‘analisi dello sviluppo del sistema nervoso addirittura prima della nascita (de Vries, Visser, Prechtl, 1982, 1985; Prechtl & Einspieler, 1997). Negli ultimissimi anni, la studio della vita prenatale ha ricevuto nuovo impulso dalla disponibilità di tecniche ecografiche ad ultrasuoni in 3D e 4D (De Vries & Fong, 2006; Dipietro, 2005; Einspieler & Prechtl, 2005). Queste tecniche hanno consentito l‘osservazione dell‘attività spontanea del feto e delle sue reazioni alle più diverse stimolazioni. Gli echi del suono sono rilevati elettronicamente consentendo di visualizzare il volume corporeo attraverso una sequenza di immagini ad alta definizione e in tempo reale. Ad oggi, purtroppo, ancora poco si conosce circa l‘ontogenesi dei movimenti fetali. Quale significato dobbiamo attribuire a questa attività motoria? Quando e come emergono le capacità, le competenze e le abilità motorie osservabili nel neonato a termine? Considerato che ancora non esiste uno strumento condiviso per la valutazione dei movimenti fetali e considerato che le metodologie proposte sono state messe a punto con finalità spesso molto diverse, l‘obiettivo di questo lavoro è esplorare l‘utilizzo delle principali categorie di codifica dell‘attività motoria del feto descritte in letteratura

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