research

Scuola, Università e Mercato del lavoro dopo la Riforma Biagi. Le politiche per la transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro

Abstract

Quale ruolo per i percorsi di educazione e formazione nella riforma del mercato del lavoro? Se ne è parlato poco, in questi ultimi tempi. Eppure, nell’impianto della legge Biagi, proprio il sistema di istruzione e quello della formazione professionale rappresentano, assieme al nuovo contratto di apprendistato, il principale canale di sviluppo e valorizzazione delle risorse umane. Un canale attraverso cui avvicinare, grazie a investimenti in ricerca, innovazione e capitale umano, le performances del nostro sistema economico-produttivo a quelle degli altri Paesi europei. E non poteva essere diversamente, in una Europa che, da Lisbona in poi, dichiara enfaticamente di voler diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. Il ritardo dell’Italia rispetto agli altri Stati europei è, da questo punto di vista, ancora impressionante. È sufficiente ricordare, al riguardo, come i tradizionali percorsi didattici e formativi abbiano sin qui determinato alti tassi di dispersione e, quel che più è grave, un ingresso tardivo nel mercato del lavoro. Le rilevazioni statistiche parlano di 28 anni, quando la media europea è attestata intorno ai 22-23 anni. È da tempo che se ne discute, senza tuttavia approdare a esiti concreti: gli istituti scolastici e le università italiane devono accelerare i processi volti a rafforzare la coerenza tra formazione erogata e fabbisogni del mercato del lavoro. La riforma universitaria che prevede la laurea triennale è entrata in vigore con l’anno accademico 2001/2002, i primi laureati tuttavia in minima parte si sono avvicinati al mondo del lavoro ma hanno proseguito il corso di studi verso la laurea specialistica e quindi se questa tendenza verrà confermata, difficilmente nel nostro Paese ci avvicineremo alla media europea e continueremo ad avere laureati in cerca di prima occupazione ad un’età troppo elevata per rispondere ai bisogni del mercato del lavoro

    Similar works