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La riforma Biagi del mercato del lavoro. Prime interpretazioni e proposte di lettura del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Il diritto transitorio e i tempi della riforma

Abstract

Con il d.lgs. n. 276/2003, attuativo della legge Biagi, si è aperta una fase decisiva per la riforma del mercato del lavoro italiano. Cambia infatti il quadro normativo di regolazione dei rapporti di lavoro, in funzione dell’obiettivo di Lisbona di incrementare in modo consistente i tassi di occupazione regolare e le occasioni di lavoro di buona qualità. Esso cambia con una rapidità straordinaria, che è davvero senza precedenti. Pochi mesi di intenso lavoro e 86 articoli sono stati sufficienti a dare attuazione al complessivo impianto di modernizzazione del nostro diritto del lavoro delineato nella legge Biagi. Tale riforma non intende rappresentare il punto finale del progetto di modernizzazione del diritto del lavoro delineato nel Libro Bianco dell’ottobre 2001 e confermato nel Patto per l’Italia del luglio 2002 ma costituisce il punto di partenza – imprescindibile, ma di per sé non sufficiente – del complesso e delicato processo di ridefinizione e razionalizzazione delle regole che governano il nostro mercato del lavoro. Le parole chiave con cui leggere il provvedimento sono piuttosto occupabilità, adattabilità e pari opportunità. Parole moderne ed europee, che sono state importate nel nostro ordinamento soprattutto grazie al pensiero e all’elaborazione progettuale di Marco Biagi. Parole che si traducono, di volta in volta, nel corpo dello schema di decreto, in un sistema efficiente di servizi per l’impiego, pubblici e privati, autorizzati e accreditati, che, in rete fra loro, grazie alla borsa continua nazionale del lavoro, accompagnano e facilitano l’incontro tra coloro che cercano lavoro e coloro che cercano lavoratori; in forme di flessibilità regolata e contrattata con il sindacato, alternative al lavoro precario e nero, in modo da bilanciare le esigenze delle imprese di poter competere sui mercati internazionali con le irrinunciabili istanze di tutela e valorizzazione della persona del lavoratore; in provvedimenti per la formazione continua e il rilancio dell’apprendistato, come canale di formazione per il mercato e un lavoro di qualità; in misure di politica attiva a favore di quei gruppi di lavoratori che oggi incontrano maggiori difficoltà nell’accedere a un lavoro regolare e di buona qualità o anche a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro. Il commentario vuole fornire, attraverso i suoi numerosi contributi, una lettura interdisciplinare della riforma

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