DIAGNOSI DI SIFILIDE IN GRAVIDANZA

Abstract

La sifilide in gravidanza è un infezione batterica cronica che si accompagna ad infezione fetale approssimativamente nel 50% dei casi e che, se non curata, può dar luogo a numerose complicanze sia per la madre, che per il nascituro per la possibile trasmissione verticale.Le lesioni patognomoniche della sifilide primaria e secondaria non sembrano subire modificazioni particolari nella donna nel corso della gravidanza rispetto alle “morfe” classiche ma può risultare più difficoltosa da diagnosticare poiché può trovarsi nel collo dell’utero o nella vagina. La maggior parte dei casi descritti in gravidanza sono tuttavia rappresentati da sifilidi tardive asintomatiche e quindi la diagnosi viene molto più frequentemente posta sulla base di un esame sierologico positivo. Nel nostro paese lo screening sierologico per la sifilide, comprendente l’esecuzione sia della VDRL che dei tests treponemici specifici, è gratuito come esame pre-concezionale e durante il primo trimestre di gravidanza. L'infezione transplacentare del feto può avvenire ad ogni stadio della gravidanza e in qualunque fase dell'infezione materna. L'infezione fetale è la regola in assenza di terapia nel caso di madre affetta da lue primaria o secondaria, scende al 40% durante lo stadio di latenza precoce e al 6-14% durante lo stadio latente tardivo, in assenza di trattamento adeguato. Le manifestazioni cliniche della lue perinatale assomigliano a quelle delle altre infezioni che diffondono per via ematogena dalla madre alla placenta e al feto: il danno fetale dipende perciò dallo stadio di sviluppo al quale l'infezione avviene, al tempo intercorso tra infezione e trattamento, all'adeguatezza del trattamento, ad eventuali reinfezioni materne, alla risposta immunitaria del feto. Con un'infezione precoce e in assenza di terapia si possono verificare aborto, nascita di un feto morto, parto prematuro, morte neonatale. All'ecografia fetale segni sospetti sono la presenza di idrope fetale o importante epatosplenomegalia. Pertanto la prevenzione e la diagnosi di sifilide materno-fetale dipendono sia dalla diagnosi clinica di infezione nella donna in gravidanza che dallo screening sierologico effettuato di routine nel 1° trimestre. Qualora l’esame sierologico effettuato per screening all’inizio della gravidanza fosse risultato negativo le linee guida europee e americane ne raccomandano la ripetizione sia al terzo trimestre che al momento del parto. Secondo Mandelbrot e colleghi, è fondamentale ripetere un controllo al terzo trimestre o comunque al momento del parto nei soggetti provenienti dai gruppi considerati “a alto rischio” quali le immigrate da un paese con alto tasso di prevalenza, le prostitute, le tossicodipendenti, le donne con partner multipli, le sieropositive. Un controllo sierologico è mandatorio qualora una donna gravida presenti una lesione ulcerativa a livello genitale, una eruzione cutanea maculo-papulosa generalizzata, un anasarca feto-placentare su base non immunologica, o si verifichi una morte fetale intrauterina. L’’interpretazione della sierologia effettuata in una donna gravida non è diversa da quella classica. La sensibilità dei tests non treponemici è superiore al 75% per valori elevati (>1:8) e cioè per quelle madri con una più alta probabilità di trasmettere l’infezione al feto. E’ comunque importante tener conto di due considerazioni: 1) La gravidanza è una delle cause più frequenti di false positività biologiche dei tests non treponemici (falsa positività fisiologica acuta). Nel 90% delle pazienti con falsa positività la VDRL presenta un titolo inferiore a 1:8 e si normalizza nel corso di sei mesi, mentre i tests non treponemici sono ovviamente negativi. Pertanto le linee guida internazionali raccomandano un controllo sierologico dopo 15 giorni ed è comunque necessaria una stretta sorveglianza. 2) La sierologia delle treponematosi non veneree (Framboesia, Pinta, Bejel), può essere indistinguibile da quella della sifilide: tuttavia, di fronte ad una donna gravida, proveniente da aree endemiche per treponematosi non veneree, con sierologia positiva, le linee guida internazionali raccomandano di seguire il protocollo previsto per la sifilide almeno che non sia chiaramente provato il contrario. Quando viene posta diagnosi di sifilide durante la gravidanza, la maggior parte degli autori sono concordi sulla necessità di richiedere un controllo della sierologia anche nel partner e negli eventuali precedenti figli della donna. E’ inoltre importante ripetere, anche se già precedentemente eseguiti nell’ ambito degli esami di screening prenatale del primo trimestre, tutte le indagini sierologiche volte ad escludere una possibile confezione con un’altra malattia a trasmissione sessuale (epatite e HIV). L’ interpretazione dei risultati sierologici può diventare estremamente complessa in caso di coinfezione con HIV. L’ alterazione della risposta immunitaria B-mediata in corso di HIV può essere alla base di tests treponemici falsamente negativi o, falsamente positivi. Nei soggetti HIV positivi e soprattutto dediti all’ abuso di sostanze stupefacenti per via endovenosa, sono stati osservati elevati livelli di IgM

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