Generazione di cardiomiociti umani per lo studio di patologie cardiovascolari

Abstract

Per capire i meccanismi molecolari che determinano una patologia, comprese le patologie cardiovascolari, il tipo di approccio biologico comunemente utilizzato consiste nel prelevare un frammento di tessuto interessato, isolare e coltivare le cellule da esso derivate e confrontare l’espressione genica e proteica di tali cellule con cellule “sane” di controllo. Tale approccio può essere applicato a patologie vascolari ma non a patologie cardiache, principalmente perché i cardiomiociti, a differenza delle cellule endoteliali o dei periciti, sono cellule talmente specializzate da aver perso ogni capacità replicativa, quindi molto difficili da mantenere in coltura per le analisi molecolari necessarie a determinare i processi patologici. E’ possibile tuttavia ottenere cardiomiociti umani a partire da cellule staminali. La ricerca del FRU lab si basa sulla recente scoperta del Dr. Yamanaka, che riguarda la creazione artificiale di cellule staminali indotte alla pluripotenza. Tali cellule si ottengono a partire da cellule della pelle, cellule del sangue o altri tipi cellulari il cui prelievo non comporta nessun danno al paziente, al massimo una piccola cicatrice. Per queste caratteristiche le cellule conservano il DNA del paziente, mantenendo quindi tutti i difetti genetici responsabili di patologie, comprese quelle cardiovascolari. Al momento ci stiamo occupando di capire le basi biologiche della fibrillazione atriale (FA), la patologia aritmica più diffusa nella popolazione al di sopra dei 60 anni di età. Nella maggior parte dei casi, FA è associata a fattori di rischio cardiaci come l’ipertensione, l’ischemia o malattie strutturali cardiache, tuttavia esiste un sottogruppo pari al 10-20 % del numero totale di pazienti che non presenta altri sintomi e rientra in una condizione chiamata “FA solitaria”. Una serie di studi ha dimostrato che FA e, in particolare “FA solitaria”, possono presentare una componente genetica. E’ stato recentemente dimostrato che il rischio individuale di sviluppare “FA solitaria” in giovane età aumenta drasticamente con l'aumento del numero di parenti con “FA solitaria” e che figli di genitori con FA hanno un rischio di sviluppo di FA circa raddoppiato. In collaborazione con i cardiochirurghi dell’Università di Brescia abbiamo identificato tre fratelli che hanno sofferto di una forma particolare di “FA solitaria” non rispondente a nessuna delle terapie utilizzate correntemente. Essendo una patologia comune ai tre fratelli abbiamo sospettato una forte componente genetica della patologia. Abbiamo chiesto a questi pazienti di donare un frammento di cute dal quale abbiamo isolato i fibroblasti che abbiamo riprogrammato, generando cellule staminali che dei pazienti mantengono lo stesso patrimonio genetico. Partendo da queste cellule staminali ottenute artificialmente abbiamo poi differenziato le cellule contrattili cardiache che hanno mantenuto il patrimonio genetico e quindi gli eventuali difetti, dei pazienti con FA. Il confronto di queste cellule con quelle derivate in parallelo da persone sane ci ha permesso di identificare alcuni fenomeni che potrebbero essere alla base della patologia come, ad esempio, una frequenza di pulsazione più elevata e una più alta soglia del potenziale d’azione

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