Viene discusso un caso clinico relativo a pazienti migrante in cui la funzione riparatrice del sogno serve anche come luogo di elaborazione e di riconnessione con il mondo culturale originario. La prospettiva di annientamento relativa alla perdita dei riferimenti culturali che non comporta la possibilità di un nuovo orizzonte rischia la psicotizzazione del paziente. Solo il ricollegarsi simbolico ai referenti originari culturali rende il paziente operatore e ricostruttore della propria identità