research

La contabilità a partita doppia e la "razionalità " economica occidentale: Max Weber e Jack Goody

Abstract

In una prospettiva più sequenziale di quanto a volte non si sia immaginato, già nei suoi scritti sull'etica protestante, Weber aveva osservato che con i calvinisti inglesi "la vecchia immagine medievale (già presente nell'antichità) della tenuta dei conti da parte di Dio, arrivava . . . fino al caratteristico cattivo gusto di paragonare il rapporto del peccatore con Dio al rapporto di un cliente con lo 'shopkeeper', il padrone di una bottega: una volta che uno si è indebitato, potrà con l'importo di tutti i suoi guadagni, pagare, al massimo, gli interessi decorrenti, ma mai la somma principale dovuta". Stabilita questa rapida messa a fuoco, sembra di poter affermare che la problematica impostata da Goody intorno alla nozione di "razionalità occidentale" a suo dire rintracciabile negli scritti weberiani, appare interamente fondata tanto su una lettura affrettata del magma testuale weberiano quanto su una concettualizzazione di "razionalità" economica ben difficile, in se stessa, da accettare. Più dell'affermazione del fatto che il nesso fra religione ed affari non fu una esclusività dell'Occidente europeo, e che, per esempio, lo si rintraccia benissimo anche nell'Egitto medievale, sembrerebbe di maggior significato l'individuazione dei percorsi specificamente storici, dei vocabolari tecnici in grado di restituirei spiegandocela, l'interazione rituale e politico-religiosa, dunque culturalmente particolare, fra persone e istituzioni europee o non europee, impegnate dall'azione economica o dalla previsione finanziaria o dalla memorizzazione contabile

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