Oggetto di questa tesi è lo studio delle modalità mediante le quali sono presentate
dagli autori cristiani di lingua greca, tra il II e gli inizi del III secolo, la figura e la dottrina
di Marcione, teologo cristiano originario del Ponto, attivo a Roma negli anni precedenti il
144 e poi fondatore, in Oriente, di una propria chiesa che ebbe grande vitalità fino al V
secolo. Lungi dall’essere un tentativo di ricostruzione della figura storica o della
produzione letteraria di Marcione1, il mio studio ha avuto, invece, per finalità
l’individuazione e l’analisi dei possibili schemi ideologico - letterari utilizzati da alcuni
autori cristiani antichi che scrissero del personaggio e del suo insegnamento, al fine di
rendere più incisiva la polemica contro la sua dottrina e i suoi proseliti. È stato, inoltre,
compito della mia ricerca analizzare il modo in cui i vari polemisti presentano la dottrina
marcionita, allo scopo di realizzare una stratigrafia delle testimonianze antiche sulla
teologia, l’antropologia e la soteriologia sviluppate dall’eresiarca del Ponto e dai suoi
seguaci. I dati raccolti e le mie valutazioni sono confluite in questa tesi, strutturata in tre
parti, tante quanti gli autori antichi presi in esame più approfonditamente: Giustino,
Ireneo di Lione e Clemente di Alessandria.
La prima parte del lavoro è stata consacrata all’analisi della figura e della dottrina di
Marcione nell’interpretazione che di esse fornisce Giustino. Il perduto Syntagma contro
tutte le eresie, del quale lo stesso apologista dà notizia in 1apol. 26,8, era quasi certamente
diretto in modo specifico contro tale eresia e sembra aver fornito un modello
imprescindibile per molte confutazioni successive. Dall’esame delle opere conservate si
evince che Marcione, menzionato per due volte nella Prima Apologia, vi è riconosciuto
come punto culminante nella successione degli eresiarchi; la sua attività è posta in
relazione con l’azione dei demoni malvagi che, dopo l’ascensione di Gesù, hanno tentato
di allontanare dalla fede quanti più credenti possibile. In quest’opera sono riportate,
inoltre, le linee portanti del pensiero marcionita: in 1apol. 26,5 e 58,1, l’autore riporta la tesi
fondamentale dell’eresiarca, secondo cui esistono due diverse divinità, tra loro
contrapposte: l’una, inferiore, sarebbe responsabile di questa creazione; l’altra, superiore,
sarebbe autrice – a quanto si crede di poter comprendere – di una creazione superiore. Nel
Dialogo con Trifone, altra opera conservataci dell’apologista cristiano, il nome di Marcione non è mai menzionato esplicitamente2, benché vari indizi inducano a sospettare che, nel
descrivere, in dial. 35,2-6, i falsi cristiani dei suoi tempi, l’apologista alluda primariamente
a Marcione e ai suoi seguaci. Nel corso dell’analisi delle modalità giustinee di
rappresentazione dell’eresia e, più nello specifico, dell’attività e della figura dell’eresiarca
del Ponto, sono emerse analogie rilevanti con alcuni caratteri propri delle descrizioni di
contese tra veri e falsi profeti nella tradizione giudaica e cristiana. La sezione dedicata allo
studio della figura e della dottrina di Marcione nella produzione di Giustino, pertanto, è
inaugurata da un’analisi di questo specifico contesto polemico, per indagare se e in quale
misura la figura del falso profeta possa aver fornito all’autore cristiano del materiale per la
propria rappresentazione dell’eresiarca pontico.
La seconda sezione della presente ricerca è stata dedicata all’analisi della
rappresentazione di Marcione nell’opera di Ireneo di Lione. Nel suo Adversus Haereses, in
cinque libri, l’autore riprende e sviluppa alcuni caratteri che dovevano essere già propri
dell’eresiologia di Giustino e che potrebbero derivare dal perduto Syntagma contro tutte le
eresie. Tra questi, di grande rilievo è il tema dell’origine dell’eresia: Marcione è presentato
come ultimo anello di una catena dell’errore, interpretata sia come discendenza da un
primo eresiarca, sia come derivazione dal primo angelo apostata. Pertanto, all’eresia è
riconosciuta una duplice fons o radix (cf Iren., haer. I 22,2): da una parte, Simone di
Samaria, punto di origine umano dell’eresia; dall’altra, Satana in persona, primo apostata
della storia del mondo e vero principio dell’errore. Sono stati, poi, esaminati alcuni tratti
attribuiti da Ireneo all’eresiarca del Ponto – l’accusa di essere sophista verborum (cf Iren.,
haer. III 24,2), il carattere della blasfemia, della presunzione e dell’impudenza –, dei quali
sono state valutate l’originalità o la dipendenza rispetto a tradizioni anteriori al vescovo di
Lione. La confutazione di Marcione nell’Adversus Haereses è articolata, intorno a due capi
di accusa principali: da una parte, Ireneo condanna l’attività di rigetto e mutilazione delle
Scritture, caratteristica dell’eresiarca del Ponto e dei suoi discepoli3; dall’altra, sono
presentati e confutati alcuni dei temi centrali della dottrina marcionita: il dualismo
teologico, declinato come antitesi tra un Dio conosciuto e un Dio ἄγνωστος, tra un Dio
giusto e un Dio buono e, in ultima analisi, tra la Legge, data dal primo, e il Vangelo, nel
quale Gesù annuncia il secondo; la designazione marcionita del Demiurgo come
Kosmokrator (cf Iren., haer. I 27,2); la salvezza dell’uomo secondo Marcione; il rigorismo
encratita osservato dai suoi discepoli. A ciascuna di queste tematiche è stato consacrato un
esame dettagliato.
La terza sezione di questo studio è incentrata sulla rappresentazione della figura e
della dottrina di Marcione secondo Clemente di Alessandria. Negli Stromati è addensato
un gran numero di notizie relative all’eresiarca del Ponto e ai suoi discepoli, alcune delle
quali di non semplice interpretazione. In Stromate II, Clemente entra in polemica con i
marcioniti a proposito del tema delle passioni: i suoi avversari, infatti, si sarebbero fatti
forti di passi scritturistici quali Pr. 1,7, in cui si menziona il φόβος θεοῦ, interpretando tale
timore come una passione e trovando, in ciò, una conferma del carattere passionale del Dio datore della Legge. Stromate III è dedicato alla confutazione delle due opposte
tendenze eretiche dei libertini e degli encratiti-rigoristi; in questo libro, Marcione è
annoverato come esponente di spicco di questo secondo gruppo. All’eresiarca Clemente
muove l’accusa di aver ripreso, radicalizzandolo e stravolgendolo, l’insegnamento
platonico sulla negatività della materia creata (cf, in particolare, Clem., str. III 3,13,1; III
3,21,2; IV 4,18,1). L’autore alessandrino riporta, poi, quelli che, a sua conoscenza,
costituiscono, secondo la dottrina marcionita, i tre princìpi fondamentali: il Dio buono, il
Dio giusto (o δημιουργός) e la materia cattiva (Clem., str. III 3,12,1). Infine, egli indaga le
ricadute pratiche dell’insegnamento marcionita: la contrapposizione e l’odio nei confronti
del Creatore, l’astensione dal congiungimento carnale e dal matrimonio, l’astensione
dall’uso delle creature e, sul piano cristologico, la professione del docetismo. In Stromate V,
l’autore esamina e confuta, tra gli altri, alcuni aspetti della soteriologia marcionita. In
Stromate VII, infine, grande rilievo è dato all’attività di rigetto e mutilazione delle Scritture,
emblema di una più generale attitudine di tensione e rottura nei confronti della tradizione
ecclesiastica, propria dell’eresiarca del Ponto e dei suoi discepoli.
A conclusione di ciascuna sezione, i dati raccolti sono stati riuniti per cercare di
ricostruire, nel modo più completo e fedele possibile, il ritratto della figura e della dottrina
di Marcione delineato da ciascun autore. Le rappresentazioni così ricostruite sono
confluite nelle Conclusioni finali della tesi, dove esse sono state prese in considerazione nel
loro insieme, allo scopo di proporre una riflessione sulle grandi linee di tendenza che
avrebbero caratterizzato l’interpretazione del fenomeno marcionita elaborata da ciascun
autore e di isolare, sia pure con prudenza, alcuni elementi che avrebbero caratterizzato la
riflessione marcionita tra la seconda metà del II secolo e l’inizio del III secolo della nostra
era