Con il termine IPC (precondizionamento ischemico) si indica un fenomeno per il quale, esponendo il cuore a brevi cicli di ischemie subletali prima di un danno ischemico prolungato, si conferisce una profonda resistenza all’infarto, una delle principali cause di invalidità e mortalità a livello mondiale.
Studi recenti hanno suggerito che l’IPC sia in grado di migliorare la sopravvivenza, la mobilizzazione e l’integrazione di cellule staminali in aree ischemiche e che possa fornire una nuova strategia per potenziare l’efficacia della terapia cellulare cardiaca, un’area della ricerca in continuo sviluppo.
L’IPC è difficilmente trasferibile nella pratica clinica ma, da anni, è ben documentato che gli oppioidi e i loro recettori hanno un ruolo cardioprotettivo e che attivano le vie di segnale coinvolte nell’IPC: sono quindi candidati ideali per una possibile terapia farmacologica alternativa all’IPC.
Il trattamento di cardiomiociti con gli agonisti dei recettori oppioidi Dinorfina B, DADLE e Met-Encefalina potrebbe proteggere, quindi, le cellule dall’apoptosi causata da un ambiente ischemico ma potrebbe anche indurle a produrre fattori che richiamino elementi staminali.
Per testare quest’ipotesi è stato messo a punto un modello di “microambiente ischemico” in vitro sui cardiomioblasti di ratto H9c2 ed è stato dimostrato che precondizionando le cellule in modo “continuativo” (ventiquattro ore di precondizionamento con oppioidi e successivamente ventiquattro ore di induzione del danno, continuando a somministrare i peptidi oppioidi) con Dinorfina B e DADLE si verifica una protezione diretta dall’apoptosi.
Successivamente, saggi di migrazione e adesione hanno mostrato che DADLE agisce sulle H9c2 “ischemiche” spronandole a creare un microambiente capace di attirare cellule staminali mesenchimali umane (FMhMSC) e di potenziare le capacità adesive delle FMhMSC. I dati ottenuti suggeriscono, inoltre, che la capacità del microambiente ischemico trattato con DADLE di attirare le cellule staminali possa essere imputabile alla maggiore espressione di chemochine da parte delle H9c2.Ischemic preconditioning (IPC), the exposure of the heart to short cycles of sublethal ischemia before a prolonged ischemic damage, is a phenomenon able to provide a considerable resistance to myocardial infarct, one of the most prominent cause of disability and death in the world.
Recent studies suggest that IPC can improve survival, homing, and engrafment of stem cells in ischemic areas and that it can constitute a new therapeutic strategy to enhance stem cell cardioprotective therapy, a developing research area.
IPC is difficult to apply in clinical practice, but is well known that opioids and their receptors are cardioprotective and that they activate signaling pathways involved in IPC; for this reasons opioids are suitable candidate for a possible pharmacological therapy alternative to IPC.
Given these assumptions, the purpose of the present study was to investigate whether conditioning cardiomyocytes with opioid receptor agonists Dynorphin B, DADLE e Met-Enkephalin could protect cells from apoptosis caused by an ischemic environment and whether it could induce the damaged cells to produce factors capable to attract stem cells.
To tests this hypothesis we developed an in vitro model of “ischemic microenvironment” applied to H9c2 rat cardiomyoblasts. Preconditiong the cells in a “sustained” way (24 hours of opioids preconditioning followed by 24 hours of induction of damage, keeping on administering the opioid peptides) with Dynorphin B and DADLE leads to a direct protection from apoptosis.
Thereafter, migration and adhesion assays showed that DADLE drives “ischemic” H9c2 to create a microenvironment capable to attract human Mesenchymal stem cells (FMhMSCs) and to improve FMhMSC grafting abilities.
Moreover, the results obtained until now suggest that the ability of the ischaemic microenvironment conditioned with DADLE to attract FMhMSC could be ascribed to chemokines upregulation in H9c2