Il 14 d.C. rappresenta una data chiave nella storia di Roma: il principato, la
forma di governo ideata dal vincitore delle guerre civili, va incontro alla sua prima
grande prova, quella della successione.
Formalmente lo Stato era retto ancora dalle antiche istituzioni repubblicane, ma
l'anomalia rappresentata dalla figura soverchiante del pronipote di Cesare e la totale
concentrazione del potere nelle sue mani rendevano evidente ad ogni politico avveduto
che la continuità con la tradizione era affatto superficiale. Se questa “finzione” poteva
essere tollerata per Augusto, che cosa sarebbe stato dopo la sua morte? In che modo si
sarebbe potuta garantire la permanenza di un'istituzione che era sorta in maniera
rivoluzionaria, frutto di un progressivo accentramento di poteri?
A tenere banco in quell'anno non erano solamente le questioni legate al mantenimento
del potere imperiale e alla successione ad Augusto: sempre il 14 d.C. rappresenta,
infatti, una data chiave per l'analisi della politica estera romana, alle prese con la
gestione del dopo-Teutoburgo. É pertanto lecito interrogarsi sull'orientamento strategico
dettato dal cambio al vertice dell'impero. Tiberio si conformò alle linee guida dettate dal
suo predecessore (e dal suo discusso testamento in Dio.Cass. LVI, 33, 5)? Quali
obiettivi si proponeva di raggiungere attraverso le missioni di guerra affidate a
Germanico tra il 14 e il 16 d.C.?
Proposito di questa breve riflessione sarà pertanto osservare gli sviluppi della
risposta militare romana sul Reno, interamente scandita dal dualismo (presunto o reale?)
Tiberio-Germanico