Altre energie. La territorialità effimera della transizione energetica in Sardegna

Abstract

Le implicazioni connesse alla declinazione territoriale delle politiche per la transizione energetica danno luogo a un confronto aperto fra agire politico e non istituzionale e azioni/retroazioni conseguenti (Bridge e Gailing, 2020). Negli ultimi due decenni, si sono volute rendere congruenti le politiche di de-carbonizzazione con obiettivi sociali tesi a ridurre l’ingiustizia socio-spaziale. Ma questa ipotesi di transizione si interseca con geografie energetiche costruite nel passato, condizionalità non facilmente superabili che danno luogo a effetti im-previsti della nuova azione istituzionale (Puttilli, 2014; Vakulchuk et al., 2020). Conflittualità, land devaluation e distorsione degli obiettivi costituiscono il parziale portato di questo percorso. Il contributo, attraverso l’esperienza della Sardegna, vuole analizzare come le strategie europee in tema di transizione energetica, e le conseguenti azioni sul piano nazionale e locale, prefigurino configurazioni ibride della territorialità energetica. Sotto il cappello istituzionale della pianificazione energetica regionale, sembrerebbero comporsi: una nuova (effimera?) spazialità agricola a fini energetici, in parte come esternalità della riconversione industriale verso la “chimica verde”; impianti innovativi del fotovoltaico a concentrazione, accettati nelle aree della crisi industriale e respinti nei territori a vocazione agricola; centrali eoliche tollerate all’interno di quadri territoriali storici e identitari ma respinte nella loro declinazione a mare; nuove esperienze di smart grid in comunità locali innovative. Ci pare che, all’interno di dinamiche di indubbio interesse, l’inerzia di condizionalità esogene possa contrastare il cambio di paradigma verso un sistema energetico policentrico, differenziato e integrato con le dinamiche territoriali, come prefigurato da Bolognesi e Magnaghi (2020) con le Comunità di Energia Rinnovabile

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