L’indagine intende vagliare l’ipotesi del riconoscimento nell’ordinamento giuridico italiano di un autonomo diritto sociale fondamentale al reddito.
A tal fine, l’elaborato si propone nella prima parte di descrivere il rapporto tra il diritto e i mutamenti socioeconomici ritenuti particolarmente rilevanti, come le diseguaglianze economiche, la povertà, la crisi del lavoro subordinato e salariato del XX secolo. All’esito, rilevato come tali questioni sociali siano di portata storica e pongano il diritto in costante conflitto con il sistema economico del capitalismo di mercato, queste evidenziano altresì che i sistemi giuridici come sistemi di organizzazione del potere e della società hanno sempre avuto insita una funzione di distribuzione delle risorse e del benessere materiale tra gli individui. Diritto ed economia, infatti, hanno trovato nel loro percorso storico periodi di conflitto e periodi di interazione relativamente stabile. Ciò, in particolare, è avvenuto con la definizione dello Stato sociale e dei suoi strumenti, nel corso del XX secolo e nella Costituzione italiana del 1948.
La funzione di distribuzione delle risorse, inoltre, non è neutrale, ma bensì risponde ad una serie di criteri di psicologia sociale, assunti dai valori politici e nei fini costituzionali, riconosciuti da Deutsch nella uguaglianza, nel bisogno e nel merito. Sulla base di tali criteri, che l’indagine inserisce nelle fasi del rapporto tra diritto e mercato, ovverosia la fase pre-distributiva, la fase distributiva e quella re-distributiva, si è elaborata una riflessione sulle fasi del welfare state novecentesco europeo. Quest’ultima, infine, approda allo studio del modello italiano di sostegno al reddito e alle recenti risposte normative del nuovo millennio.
Ciò premesso, nella seconda parte dell’elaborato si evidenzia come il sostegno al reddito nella storia dell’ordinamento giuridico italiano sia prevalentemente delegato al salario del lavoro, per ciò che riguarda l’interesse dell’individuo, e alla piena occupazione come obiettivo istituzionale e di sistema.
Ciò spiega per quale motivo l’aiuto dello Stato in denaro non ha mai avuto nell’ordinamento giuridico italiano funzioni estranee alla tutela del lavoratore, ovverosia nei casi dei cosiddetti rischi del lavoro, come, malattia, invalidità e disoccupazione, o l’inabilità. In sostanza, l’erogazione monetaria dell’ordinamento giuridico italiano ha storicamente seguito l’impostazione previdenziale, composta del meccanismo contributivo ereditato dal sistema liberale e corporativo della prima previdenza sociale pubblica. Ciò ha reso il sostegno al reddito fortemente frammentato e categoriale.
Perciò, si è fondata sul criterio della distribuzione secondo il merito della posizione occupata nel mercato e non come diritto fondato sull’uguaglianza e sul bisogno.
Tali motivazioni storiche spiegano il notevole ritardo con il quale l’ordinamento giuridico italiano ha inteso attuare il diritto all’assistenza sociale come liberazione del bisogno per mezzo dei beni e dei servizi ai sensi della L. 328/2000, oltre che la definizione di misure di reddito minimo in contrasto alla povertà. L’elaborato inoltre descrive il problematico rapporto tra l’universalizzazione dei beni e dei servizi della L. n. 328/2000 e la riforma costituzionale dei riparti di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali della L. Cost. n. 3/2001.
L’ordinamento italiano ha atteso un sostegno al reddito minimo garantito come livello essenziale delle prestazioni dei diritti sociali, come misura di “universalismo selettivo”, sino al Legge di bilancio per l’anno 2018, che ha riformato in senso universalistico il Reddito di Inclusione introdotto con il D.lgs. 147/2017. La misura non ha avuto il tempo di essere attuata essendo stata sostituita dal Reddito di Cittadinanza del D.L. n. 4/2019 poi convertito con L. n. 26/2019, di cui l’elaborato analizza gli obiettivi, lo schema e i risultati ottenuti, sino alla sua progressiva abrogazione, che il legislatore ha espressamente statuito per il 2024 con la L. n. 197/2022.
Una particolare attenzione è data parimenti all’evoluzione del concetto di “esistenza libera e dignitosa” nelle fonti europee, guidando lo sviluppo del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali. Infatti, l’art. 34 co. 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ha imposto una riflessione giuridica multilivello, che attenziona lo stato attuale dell’ordinamento dell’Unione Europea in tema di protezione e di sicurezza sociale.
In ultima analisi, il focus relativo alla risposta normativa dell’ordinamento italiano si è concentrato sugli istituti di sostegno al reddito nel corso dell’emergenza sanitaria e sulle conseguenze sul modello di protezione sociale attuale avuto riguardo di una relativa stabilizzazione.
Ciò premesso, sulla base degli elementi sociologici e giuridici emersi nei primi due capitoli, il terzo capitolo è dedicato a sintetizzarne i risultati e confermare o meno l’ipotesi di un diritto fondamentale al reddito.
La prima parte del capitolo è dedicata a valutare la compatibilità tra il concetto di diritto sociale, così come storicamente descritto in dottrina, e il sostegno al reddito come aiuto pubblico e continuo in denaro, al fine di contrastare la povertà, l’esclusione sociale, o in ultima menzione le disuguaglianze. La seconda parte del capitolo, invece, si focalizza sul disegno costituzionale e sull’impianto dei principi e dei diritti contenuti nelle disposizioni del 1948. Sulla scorta di un approccio materialistico che richiama l’importanza minima del dato normativo costituzionale come fonte, la riflessione percorre tanto la radice politico-valoriale del progetto costituzionale quanto le disposizioni normative relative al diritto al lavoro e alla protezione sociale, come l’art. 4, 36 e 38, al fine evidenziarne una eventuale obsolescenza o una mancata attuazione.
Le osservazioni conclusive esprimono l’esistenza di un diritto fondamentale al reddito complementare al diritto al lavoro, il quale non riesce più a garantire una “esistenza libera e dignitosa”. L’apertura della protezione sociale a tutti i cittadini, e non solo ai lavoratori, ha costituito l’inizio di un percorso dell’ordinamento giuridico italiano verso l’universalismo nelle tutele, per la sicurezza sociale di tutti. È lecito presumere che le forme di reddito minimo garantito e di cosiddetto universal basic income (UBI), infatti, seguano il medesimo percorso fondandosi sui medesimi valori e precetti politologici. Per un reddito universale e incondizionato, tuttavia, si dovrà verosimilmente attendere che la funzione redistributiva delle risorse sul criterio della uguaglianza torni come priorità del diritto. È più probabile che si mostri ad un livello transnazionale, posto che le questioni sociologiche ed economiche del nuovo millennio hanno avuto radici globali. Ciò, infatti, impone al diritto, nella sua dimensione costituzionale, di allargare i propri orizzonti territoriali, nel tentativo di riprendere vigore nella sua capacità trasformative della società a protezione degli individui