Abstract

La raccolta di contributi dal titolo “Tutela dell’ambiente ed economia circolare nell’industria alimentare” a cura di F.E. Celentano, R. De Meo, M. Robles, si inserisce nelle attività del progetto “Valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria alimentare ai fini dell’innovazione dei processi produttivi di mangimi tra benessere animale e sviluppo sostenibile” (Codice identificativo S18 - CUP: H99J21017650006) finanziato dall’Unione europea. L’«ambiente», lungi dal designare etimologicamente un asettico spazio circostante nel quale si trova una persona o un oggetto, diviene situazione «giuridica», poiché (antropica) «proiezione» della «persona», ove la «qualità» del primo rappresenta un infungibile attributo «esistenziale» inerente al «diritto alla qualità di vita» di quest’ultima. Ripensare, così, sub specie juris l’«ecologicamente impattante» comporta farsi carico anzitutto dell’inquadramento del fenomeno nell’attuale quadro costituzionale, riconoscendo che l’attore socialmente «eco-responsabile» da “contadino” dissodatore ma, per ciò stesso, sfruttatore «esclusivo» è chiamato a divenire “imprenditore” attento ad orientare lo sviluppo, in funzione del benessere collettivo. Di qui, l’opportunità di suddividere i contributi raggruppandoli in due sottoinsiemi. Il primo si focalizza sulle fonti di approvvigionamento alimentare, con la riscoperta – si direbbe «fisiocratica» à la Cantillon – del “valore-terra”, che impone un netto passo in avanti dal “dominicale” «diritto soggettivo» di natura ad una “adespota” «soggettività giuridica» della natura per via degli esseri che ne formano la biodiversità, come tale tutelabile secondo le sue plurime manifestazioni (purché) nei limiti di quanto «utilmente gestibile». Il secondo affronta la questione “valoriale”, posta con forza, e da ultimo, dall’Agenda O.N.U. 2030 per lo Sviluppo Sostenibile – i cui obiettivi strategici sono stati ampiamente ripresi dalle istituzioni euro-unitarie – nell’indicare la direzione di perseguire sempre più un consumo «critico», al fine precipuo di creare un mercato economicamente (e fiscalmente) «razionale» nella misura in cui sia, al contempo, promozionalmente «equo e solidale»

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