Le recenti tendenze del commercio internazionale sembrano aver aumentato le disuguaglianze all'interno dei paesi, ma aver diminuito quelle tra paesi. In questo contributo si fa il punto sulla situazione attual

Giuseppe De Arcangelis

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Archivio della ricerca- Università di Roma La Sapienza

 RAPPORTO AL CNEL 2022                        33   La globalizzazione fragile e l’autonomia strategica dell’Europa: le sfide per la politica economica estera dell’Italia Riquadro 1 Commercio internazionale e disuguaglianze Giuseppe De Arcangelis (1)  I dati sembrano lasciare pochi dubbi sulla dinamica dei redditi all’interno dei paesi e fra paesi durante i decenni contraddistinti dall’ampia apertura di tutti i mercati, sia reali che finanziari. Il reddito pro-capite è aumentato ovunque e il periodo della globalizzazione non si è risolto come un gioco a somma zero con una gara al ribasso (race to the bottom). I vantaggi dal commercio internazionale e dall’integrazione dei mercati nei paesi a più basso reddito non sono stati controbilanciati da altrettanti svantaggi nei paesi a più alto reddito. La maggiore apertura commerciale ha portato a un aumento nella concorrenza dove la ricerca di costi più bassi, soprattutto in termini di lavoro, è stata più che compensata dall’aumento di produttività dovuto a una più rapida diffusione dei progressi tecnologici. Dunque, la torta complessiva del PIL è aumentata ovunque con una tendenza alla convergenza e alla riduzione nella disuguaglianza tra paesi (figura 1).  Figura 1. Variazione nella diseguaglianza tra paesi (1988-2021)  Fonte: Yonzan et al. (2021).    (1) Giuseppe De Arcangelis, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.  34                      RAPPORTO AL CNEL 2022   Commercio internazionale e disuguaglianze Il progresso forse più sostanziale si è visto nella lotta alla povertà. La percentuale di popolazione mondiale che vive al di sotto della soglia di povertà assoluta (1,90 dollari al giorno) è passata dal 35,9% nel 1990 al 9,3% nel 2017, con una riduzione pari a più di 1,2 miliardi di individui (dati Banca Mondiale, 20212).  Certamente correlazione non vuol dire causalità, ma la meta-analisi recente di Heimberger (2022) conferma che l’effetto stimato medio della globalizzazione commerciale (ma non finanziaria) sulla crescita del PIL nei 516 studi considerati rimane positivo. Allo stesso tempo, la diseguaglianza all’interno della maggior parte dei paesi avanzati è aumentata, sebbene con intensità diverse (figura 2). Diversi studi hanno mostrato come la frammentazione della produzione ha avuto effetti di divaricazione tra i redditi dei lavoratori qualificati e non qualificati. In particolare, è stato mostrato come la delocalizzazione di fasi produttive intensive di lavoro meno qualificato del Nord verso economie del Sud del mondo in cui invece si impiega lavoro locale relativamente più qualificato per le fasi delocalizzate, abbia contribuito alla divaricazione dei salari dei lavoratori qualificati e non qualificati sia al Nord, sia al Sud3.  Figura 2. Variazioni nei coefficienti di Gini tra il 1993-96 e il 2006-09  Fonte: Freund (2016).  In realtà molto rilevante sembra essere stato l’effetto congiunto di globalizzazione e tecnologie digitali, ovvero la loro interazione. Ad esempio, Feenstra e Hanson (1999) quantificano in 35 per cento e 15 per cento il contributo relativo dell’introduzione dei computer e  2 Cfr. https://povertydata.worldbank.org/poverty/home/  3 Feenstra e Hanson (1997) studiano il caso della frammentazione produttiva dagli USA verso il Messico nelle maquilladoras. Maskin (2015) fornisce una spiegazione più intuitiva e Koujianou Goldberg e Pavcnik (2007) presentano una rassegna generale degli effetti distributivi sui paesi in via di sviluppo.  RAPPORTO AL CNEL 2022                        35   La globalizzazione fragile e l’autonomia strategica dell’Europa: le sfide per la politica economica estera dell’Italia dell’outsourcing per l’economia statunitense. Diversi fattori contribuiscono a prefigurare l’arresto, o addirittura un’inversione di tendenza, nella riduzione del divario tra i redditi pro-capite dei paesi evidenziato nella figura 1. Anche la riduzione della povertà a livello globale si fermerà, secondo le previsioni più recenti.  Le conseguenze economiche della pandemia e, più recentemente, del conflitto russo-ucraino stanno condizionando l’economia internazionale sia nel breve periodo, sia nelle tendenze di più lungo termine, minacciando soprattutto le performance economiche dei paesi a basso-medio reddito e le economie emergenti. Le spinte inflazionistiche, inizialmente causate dalle strozzature di offerta conseguenti alla pandemia (aumento dei costi di trasporto, interruzione delle catene globali di produzione), si sono consolidate a causa delle tensioni sui prezzi dell’energia, tendenzialmente in aumento per la transizione ecologica ma aggravate dal conflitto russo-ucraino. Negli USA si aggiungono cause da eccesso di domanda con un mercato del lavoro vicino alla piena occupazione. Le reazioni della politica monetaria negli USA e in Europa sono state ritardate dall’illusione che gli aumenti dei prezzi fossero temporanei. Unica eccezione a questa tendenza restrittiva sembra essere il Giappone che, mantenendo una politica monetaria espansiva, ha visto deprezzare lo yen fino ai minimi da 24 anni.  Queste spinte inflazionistiche sono un fenomeno generalizzato a livello mondiale (figura 3) e hanno caratterizzato anche i paesi emergenti e le altre economie meno industrializzate, inducendo una tendenza generalizzata all’aumento nei tassi di interesse di policy.  L’aumento generalizzato nei tassi di interesse aggrava la situazione dei paesi più indebitati e in particolare i paesi a basso e medio reddito. Il Fondo Monetario internazionale (Georgieva, Gopinath e Pazarbasioglu, 2022) stima che il 60 per cento dei paesi a basso reddito è soggetto a vulnerabilità debitorie e richiederà una ristrutturazione del debito. Alcuni di essi, come il Bangladesh e il Pakistan stanno già facendo ricorso all’aiuto del Fondo Monetario Internazionale per evitare default come quello dello Sri Lanka. Per altri paesi più virtuosi si riduce comunque lo spazio di intervento della politica fiscale per contrastare la recessione. Il risultato è una divaricazione nelle performance economiche, già messa in luce dal Fondo Monetario Internazionale nell’ultimo World Economic Outlook (figura 4). In un’ottica di più lungo termine e guardando agli aspetti reali oltre che finanziari, la pandemia e il conflitto in Ucraina stanno avendo un impatto sulla struttura del commercio internazionale attraverso un riorientamento dei flussi commerciali e dell’organizzazione internazionale della produzione. Già a partire dal 2016 diversi indicatori hanno evidenziato un rallentamento (peraltro naturale) nel grado di apertura medio dell’economia mondiale. Questioni relative alla sicurezza e alla riduzione del rischio stanno determinando una ristrutturazione delle catene globali di produzione condizionata da aspetti geopolitici. Allora i modelli di crescita export-led che hanno caratterizzato molte economie emergenti risulteranno meno efficaci e per molti paesi a reddito più basso si ridurrà ampiamente il ruolo della domanda estera.    36                      RAPPORTO AL CNEL 2022   Commercio internazionale e disuguaglianze Figura 3  Fonte: BIS (2022) p. 3.  Figura 4  Fonte: Gourinchas (2022).  D’altra parte, alcuni cambiamenti tecnologici in prospettiva, in particolare le diverse applicazioni dell’intelligenza artificiale e della robotica avanzata, comporteranno vantaggi di efficienza a forte risparmio di lavoro non qualificato che potrebbero comportare non  RAPPORTO AL CNEL 2022                        37   La globalizzazione fragile e l’autonomia strategica dell’Europa: le sfide per la politica economica estera dell’Italia solamente una riduzione nella domanda domestica di lavoro non qualificato, ma anche una diminuzione di investimenti diretti esteri verso i paesi a più basso reddito. La questione è dibattuta e l’evidenza al momento non sembra confermare questo effetto, probabilmente per una limitata diffusione delle nuove tecnologie (Hallward-Driemer e Nayyar, 2019). In una prospettiva meno negativa, Baldwin e Forslid (2020) prevedono che cambi il paradigma dello sviluppo, meno basato sulla manifattura e maggiormente service-led, come in parte avvenuto per l’India piuttosto che per la Cina.     

Commercio internazionale e disuguaglianze

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Commercio internazionale e disuguaglianze

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