Il contributo inquadra e commenta il lavoro fotografico di G. Mauron, sulle case per civile abitazione non finite nel Salento.The article frames and comments on the photographic work of G. Mauron, on unfinished residential houses in Salento

Giofre', Francesca

Quici, Fabio

Italian

Archivio della ricerca- Università di Roma La Sapienza

Secondo una recente indagine ufficiale del CRESME (Centro di Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato, per chi opera nel mondo delle costruzioni e dell’edilizia in Italia), il territorio italiano è occupato da 15 miliardi di edifici, dei quali, 11,9 milioni sono edifici residenziali destinati esclusivamente all’abitazione o ad un uso misto (attività residenziali ed econo-miche). Sempre secondo tale indagine, in Italia sembrerebbe prevalere un’edilizia residenziale “bassa e minuta, costituita da edifici di piccole e piccolissime dimensioni”, in un ordine di grandezza attorno ai 9,1 milioni. Per comprendere meglio il fenomeno dal punto di vista del-la qualità edilizia bisogna considerare che il 41% di queste case è frutto di un’auto progettazione, o di una progettazione in situ ad opera delle stesse imprese edili; il 40% è frutto dell’opera-to dei geometri – ai quali, senza un titolo di studio superiore e, soprattutto, senza un’adeguata cultura architettonica, la le-gislazione italiana consente a tutt’oggi di progettare modeste costruzioni civili; l’11% è progettato dagli architetti; l’8% dagli ingegneri. Essendo l’Italia il Paese con in assoluto il più alto numero di architetti in attività (ve ne sono 2,5 ogni mille abi-tanti) tali percentuali contrastano con una realtà che vede dun-que un’edificazione diffusa nelle mani di professionisti della costruzione carenti di una vera e propria cultura architettonica.A questa situazione va inoltre considerato il perdurante fe-nomeno dell’abusivismo. Secondo i più recenti dati elaborati dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), in Italia vi sono circa 20 costruzioni abusive ogni 100 regolarmente autorizzate, con una concentrazione del fenomeno soprattutto nelle regioni centrali e meridionali. L’abusivismo è un fenomeno le cui ra-gioni hanno molteplici sfaccettature che chiamano in causa la politica e il costume sociale. Un recente disegno di legge, for-tunatamente abbandonato, voleva riconoscere una distinzione tra un abusivismo cosiddetto ‘di necessità’ ed un abusivismo di speculazione, per risparmiare dall’abbattimento quelle abita-zioni abusive che alcuni vorrebbero giustificate dalla mancanza di risorse economiche e dallo stato di necessità abitativa. Di fatto, la maggior parte delle abitazioni abusive in Italia riguar-dano le seconde case, ovvero case per vacanze che rimangono per lo più vuote durante l’anno e che insistono, soprattutto, su zone costiere o comunque di valore turistico. Un altro fenomeno che trova ampia diffusione in Italia è quello che vede la presenza sul territorio di opere incompiute, sia di proprietà di enti statali che di privati. Le opere di pro-prietà pubblica incompiute al 2015 in Italia si stimano in nume-According to a recent official survey of CRESME (Center for Economic, Sociological and Market Research, for those work-ing in the world of construction and construction in Italy), the Italian territory is occupied by 15 billion buildings, of which 11.9 millions are residential buildings intended exclusively for housing or mixed use (residential and economic activities). Also according to this survey, in Italy it would seem to prevail a “low and minute residential building, consisting of small and very small buildings”, in an order of magnitude around 9.1 million.To better understand the phenomenon from the point of view of building quality, we must consider that 41% of these homes are the result of a self-design, or an in-situ design by the same construction companies; 40% is the result of the work of surveyors - to whom, without a higher degree of study and, above all, without an adequate architectural culture, Italian legislation allows today to design modest civil constructions; 11% is designed by architects; 8% from engineers. Since Italy is the country with the highest number of architects in operation (there are 2.5 per thousand inhabitants), these percentages con-trast with a reality that sees therefore a widespread building in the hands of construction professionals lacking a true architec-tural culture.To this situation must also be considered the ongoing phe-nomenon of abusiveness. According to the most recent data elaborated by the ISTAT (National Institute of Statistics), in Italy there are about 20 illegal buildings every 100 regularly au-thorized, with a concentration of the phenomenon especially in central and southern regions. Abusivism is a phenomenon whose reasons have many facets that call into question poli-tics and social customs. A recent bill, fortunately abandoned, wanted to recognize a distinction between a so-called ‘need’ abusive and an abusive of speculation, to save from abatement those abusive housing that some would want justified by the lack of economic resources and the state of housing need . In fact, most of the abusive houses in Italy concern second homes, ie holiday homes that remain mostly empty during the year and which insist, above all, on coastal areas or in any case of tourist value.Another phenomenon that is widespread in Italy is the one that sees the presence on the territory of unfinished works, both owned by state bodies and private individuals. The unfin-ished public works in 2015 in Italy are estimated at 838 (see the Register of Unfinished Public Works), of which 45% are locat-ed in four regions: 113 in Sicily, 90 in Campania, 91 in Puglia , Francesca Giofrè, Fabio QuiciFacoltà di Architettura, Sapienza Università di RomaFrancesca Giofrè, Fabio QuiciFacoltà di Architettura, Sapienza Università di RomaL’ESTETICA  DEL DESIDERIOTHE AESTHETICS  OF DESIREro pari a 838 (cfr. Anagrafe delle Opere pubbliche Incompiute), di queste, il 45% si localizza in quattro regioni: 113 in Sicilia, 90 in Campania, 91 in Puglia, 80 in Sardegna. Un recente decreto legislativo (2016) impone che tali opere siano una priorità, e che si deve procedere al loro completamento o all’individua-zione di soluzioni alternative quali il riutilizzo, il ridimensiona-to, sino alla loro vendita o alla demolizione. Non esiste invece una legislazione che imponga ai privati di fare altrettanto.  Le cause di un’opera incompiuta? Possono essere moltepli-ci: mancanza di fondi, cause tecniche, nuove norme tecniche o disposizioni di legge, fallimento, risoluzione del contratto, mancato interesse al completamento, etc. Nel guardare il servizio fotografico di Gabriel Mauron nel Salento viene da pensare prima di tutto alla situazione sopra illustrata, ma le immagini hanno anche il potere di mettere in evidenza un paradosso. Nonostante la presenza diffusa nel territorio italiano di situazioni di urbanizzazione come quella salentina, bisogna prendere atto che la ‘cultura architettonica’ ha preferito ignorare queste presenze e non ha mai indaga-to veramente sulla natura e sulle ragioni sociali, economiche, estetiche e funzionali di questa edificazione considerata priva di una autorialità degna di nota. Ancora una volta è la fotografia che porta all’attenzione una marginalità. Eugène Atget documentò i vecchi vicoli di Parigi quando tutti guardavano ai moderni viali tracciati da Haus-sman. Berenice Abbott puntò il suo obiettivo sulle presenze del quotidiano che stavano per essere cancellate da una Manhattan in veloce trasformazione. Walker Evans documentò le costru-zioni in legno della provincia americana e quelle legate al pic-colo commercio stradale, consegnando così alla storia america-na la memoria della sua tradizione. Bernd e Hilla Becher, a loro volta, hanno conferito dignità architettonica al repertorio di ‘sculture anonime’ degli scenari del territorio industriale. Alla città anonima e caotica sorta nelle periferie delle grandi metro-poli del mondo hanno puntato il loro obiettivo molti fotografi, con un’attenzione rivolta soprattutto verso la dimensione so-ciale di una manifestazione urbana fervente di vita.Nel Salento, i cantieri abbandonati o sospesi delle case ritratte da Gabriel Mauron parlano d’altro. Dietro i numeri e le statistiche, ma anche dietro le forme eclettiche delle case incompiute, è possibile immaginare storie di emigrazione e proiezioni di desideri, volontà di appartenenza al proprio ter-ritorio e di affermazione di una condizione sociale.Negli anni Sessanta emigrarono dalla Puglia verso il nord Italia (soprattutto a Torino) circa 17.000 persone, mentre dal 2008 ad oggi sono emigrati dalla Puglia ventimila giovani un-der 30. Molte di queste persone hanno mantenuto vivo il loro rapporto con la terra d’origine e questo rapporto prende forma nella proprietà di una casa costruita a misura della proiezio-ne di un desiderio, quello del ritorno. Molte di queste case, di proprietà di una popolazione non più residente, vanno avanti lentamente nel tempo, dando la misura di possibilità econo-miche via via mutevoli, così come gli stessi desideri. Prive di un disegno progettuale compiuto, alcune risentono nelle loro forme degli avanzamenti dei lavori diluiti nel tempo. Esito di aggiunte progressive, alcune case sembrano il risultato della sommatoria di capricciose ispirazioni colte qua e là e assem-blate in un insieme tutt’altro che unitario. In mancanza di vere 80 in Sardinia. A recent legislative decree (2016) requires that these works are a priority, and that we must proceed to their completion or the identification of alternative solutions such as reuse, downsized, until their sale or demolition. There is no legislation that requires individuals to do the same.The causes of an unfinished work? There can be many: lack of funds, technical causes, new technical standards or legal provisions, bankruptcy, termination of the contract, lack of in-terest in completion, etc.In looking at the photographic service of Gabriel Mauron in Salento, we think first of all about the situation described above, but the images also have the power to highlight a para-dox. Despite the widespread presence in the Italian territory of urbanization situations such as the Salento one, it must be not-ed that the ‘architectural culture’ has preferred to ignore these presences and has never really investigated the nature and the social, economic, aesthetic and functional reasons of this building considered without a noteworthy authoritative nature.Once again it is photography that brings to the attention a marginality. Eugène Atget documented the old streets of Paris when everyone looked at the modern avenues traced by Hauss-man. Berenice Abbott aimed her lens on the presences of the newspaper that were about to be erased from a fast-moving Manhattan. Walker Evans documented the wooden buildings of the American province and those related to the small road trade, thus delivering the memory of his tradition to American history. Bernd and Hilla Becher, in turn, have conferred archi-tectural dignity on the repertoire of ‘anonymous sculptures’ of industrial land scenarios. To the anonymous and chaotic city that emerged in the outskirts of the great metropolises of the world, many photographers have focused their attention, with a focus on the social dimension of a fervent urban manifesta-tion of life.In Salento, the abandoned or suspended construction sites of the houses portrayed by Gabriel Mauron speak of something else. Behind the numbers and statistics, but also behind the eclectic forms of unfinished houses, it is possible to imagine stories of emigration and projections of desires, the desire to belong to one’s own territory and the affirmation of a social condition.In the sixties emigrated from Puglia to northern Italy (espe-cially in Turin) about 17,000 people, while from 2008 to today emigrated from Puglia twenty thousand young people under 30. Many of these people have kept alive their relationship with the land of origin and this relationship takes shape in the own-ership of a house built to measure the projection of a desire, that of return. Many of these houses, owned by a population no longer resident, go on slowly over time, giving the measure of economic possibilities gradually changing, as well as the same desires. Without a completed design, some are affected by the progress of the works diluted over time. The result of progres-sive additions, some houses seem to be the result of the sum of capricious inspirations gathered here and there and assem-bled in a grouping that is anything but unitary. In the absence of real typologies rooted in the territory, these shipyards and these houses draw on a repertoire of formal solutions that re-fers to stereotypes, when not to the catalogs of prefabricated components. And yet, even in a jumble of shapes and solutions e proprie tipologie radicate nel territorio, questi cantieri e que-ste case attingono ad un repertorio di soluzioni formali che fa riferimento a stereotipi, quando non ai cataloghi dei compo-nenti prefabbricati. Eppure, anche in un coacervo di forme e soluzioni come quello documentato dalle fotografie di Gabriel è possibile riconoscere un’estetica. L’estetica del desiderio. Un desiderio che non è solo quello di ‘abitare’, ma anche quello di ‘esibire’; esibire una raggiunta migliore condizione sociale, anche in luoghi lontani dai centri abitati, sfruttando porzioni di territorio ad uso agricolo, demolendo, come d’uso, i vecchi annessi agricoli per realizzare nuove cubature. Si tratta di abi-tazioni solitamente ad uso di seconde case, sospese nel tempo e nello spazio, che non dialogano se non con se stesse, con il loro apparire. Cemento, laterizi a volte pietre locali danno forma a so-luzioni ricorrenti: tetti piani, terrazzi, logge e patii. Cornici e fasce marcapiano tentano a volte di ingentilire i volumi stereo-metrici obbligati dalla economia di costruzione. Le case appa-iono spesso sopraelevate su di un ‘podio’ rispetto al piano stra-dale per la presenza di garage e cantine, perché per una certa cultura dell’abitare, si sa, ‘lo spazio non è mai sufficiente’. Archi ribassati e a tutto sesto inquadrano spesso le finestre e ritmano le logge fornendo preziosa ombra in una latitudine dove biso-gna proteggersi da un sole estivo che sa essere impietoso. Qua e là le case rivelano simmetrie negate, segno di ripensamenti e di adattamenti continui in corso d’opera che seguono l’evolversi della numerosità dei nuclei famigliari. In alcuni casi, i cilindri dei corpi scala appaiono all’esterno come torrette medievali a difesa di una proprietà conquistata con tanto lavoro e fatica. Scalinate, balaustre industriali e colonnine di cemento piut-tosto che in pietra leccese, cercano di conferire un’apparenza quasi nobiliare ad abitazioni generose nelle proporzioni – al-meno quanto lo sono le aspirazioni dei loro proprietari – ma comunque modeste nei loro dettagli. Ci piace immaginare che l’intonaco verniciato di bianco che rivestirà diffusamente i volumi edilizi, una volta completati, ammorbidirà quelle forme e quei volumi sancendo l’abitabili-tà delle costruzioni e instaurando il tradizionale dialogo con il sole mediterraneo.Davanti ai “territori dell’incompiuto” con le loro presen-ze edilizie sospese nella loro nuda dimensione strutturale; di fronte agli organismi dismessi dei “territori della memoria” e nei confronti dei “territori periferici dell’accumulazione”, con la loro germinazione incontrollabile dei manufatti che danno voce all’individuo e alla sua intraprendenza dettata dalla ne-cessità o dalla speculazione, la sospensione del giudizio rimane l’unico presupposto per provare a penetrare nella condizione di entropia delle realtà sub-urbane. Si tratta di una sospensione che favorisce l’ascolto di una orchestrazione dissonante, in cui i suoni prevaricano spesso sugli accordi. In questa condizio-ne la nostra sensibilità si attiva e nelle libere associazioni che scaturiscono dalle presenze antropiche del territorio sembra a volte di distinguere nel frastuono e negli intervalli una linea di costruzione, comunque una ragione, in fondo, familiare.like the one documented by Gabriel’s photographs, it is possi-ble to recognize an aesthetic. The aesthetics of desire. A desire that is not only that of ‘living’, but also that of ‘exhibiting’; ex-hibit a better achieved social condition, even in places far from population centers, exploiting portions of land for agricultural use, demolishing, as usual, the old agricultural outbuildings to create new cubages. These are homes usually used by second homes, suspended in time and space, which do not interact with themselves, with their appearance.Cement, bricks sometimes local stones give shape to recur-ring solutions: flat roofs, terraces, loggias and patios. Cornices and string courses often try to soften the stereometric volumes required by the construction economy. The houses often ap-pear raised on a ‘podium’ compared to the street level due to the presence of garages and cellars, because for a certain cul-ture of living, we know, ‘space is never enough’. Lowered and round arches often frame the windows and rhythm the lodges providing precious shade in a latitude where you have to pro-tect yourself from a summer sun that can be ruthless. Here and there the houses reveal denied symmetries, a sign of reconsid-eration and continuous adaptations during the course of the work that follow the evolution of the number of family units. In some cases, the cylinders of the staircases appear on the out-side like medieval towers in defense of a property conquered with a lot of work and effort. Stairways, industrial balustrades and concrete columns rather than in Lecce stone, try to give an almost noble appearance to generous homes in proportions - at least as much as the aspirations of their owners - but still modest in their details.We like to imagine that the whitewashed plaster that will cover the building volumes extensively, once completed, will soften those shapes and volumes, thus establishing the hab-itability of the buildings and establishing the traditional dia-logue with the Mediterranean sun.Before the «territories of the incomplete» with their build-ing presences suspended in their bare structural dimension; in front of the decommissioned organisms of the «territories of memory» and towards the «peripheral territories of accumu-lation», with their uncontrollable germination of the artifacts that give voice to the individual and his resourcefulness dictat-ed by necessity or speculation, the suspension of judgment re-mains the only prerequisite for trying to penetrate the entropy condition of sub-urban realities. It is a suspension that favors the listening of a dissonant orchestration, in which the sounds often prevail over the chords. In this condition our sensitivity is activated and in the free associations that spring from the an-thropic presence of the territory it seems at times to distinguish in the din and in the intervals a line of construction, however a reason, at the end, familiar.

The Aesthetics of Desire

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