Umberto Chierici e la Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte, 1953-1976. Il contributo alla cultura della tutela e la pratica di cantiere

Abstract

Nel Piemonte del dopoguerra, tra gli anni 1953 e 1976, la tutela istituzionale è incarnata da una figura di Soprintendente che regge con continuità le politiche di salvaguardia tracciandone decisamente anche le linee teoriche: l’architetto Umberto Chierici (1911-1980). Per estrazione sociale e capacità precipue U. Chierici, impegnato in un’attività vastissima che ha toccato quello che ancora oggi rappresenta il nucleo centrale del patrimonio nel territorio di competenza, interloquisce con i più autorevoli colleghi e studiosi del tempo, governando la transizione del restauro da quegli “esordi scientifici” al perfezionamento metodologico. La sua formazione a Napoli ha come riferimenti Croce e Giovannoni, oltre al padre Gino, e si costituisce pertanto tra estetica e tecnica. Appena arrivato a Torino nel 1937 nel ruolo di “Architetto aggiunto” e prima delle esperienze in Calabria, Abruzzo e Molise (presso la Soprintendenza dell’Aquila organizza un Gabinetto di Restauro per le opere d’arte figurativa) che lo faranno rientrare in Piemonte solo nel 1953, lamenta la mancanza presso l’Ufficio di una biblioteca e di un “gabinetto fotografico”, per l’importanza rivestita dalla fotografia nella documentazione delle consistenze e dei processi di conservazione. Di ritorno come Soprintendente si impegna nella dimensione “urbana” del restauro lavorando sui centri storici, individua sistemi di beni da ricondurre a politiche coordinate (quello delle Residenze Sabaude in occasione delle celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia), promuove il riordino dei musei, tiene conferenze (fra cui quella su “Il falso nell’opera d’arte”, 1964), pubblica saggi critici che si muovono dallo studio storico-filologico ai problemi di degrado dei materiali lapidei e delle patine. I suoi epistolari con Guglielmo De Angeli d’Ossat, l’attività in ICOMOS con Sanpaolesi, Di Stefano, Gazzola e altri, nonché gli scambi con Roberto Pane lo proiettano a pieno titolo in quella compagine culturale che il convegno di Firenze, il cui esito è il numero monografico della rivista, ha inteso esplorare e dettagliare comparativamente. Le sue riflessioni teoretiche ed esperienze applicate vengono altresì trasferite in ambito accademico: è abilitato fin dal 1952 alla libera docenza di “Restauro dei Monumenti” e terrà corsi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino nel 1953 e dal 1955 al 1980, contribuendo alla riflessione sulla formazione dell’Architetto e alla pedagogia del Restauro, quello “monumentale” e quello “urbanistico”. Il saggio, guardando all’esperienza dei cantieri seguiti nel corso della sua attività di Soprintendente, tra cui quelli poco noti dell’abbazia di Santa Giustina di Sezzadio - Alessandria, del complesso di San Francesco a Cuneo e della chiesa cimiteriale di San Lorenzo a Montiglio - Asti (che compendiano istanze architettoniche e storico-artistiche di grande complessità), tratteggia i principali impulsi innovativi e scientifici del suo approccio, contribuendo alla costruzione di un quadro critico-conoscitivo finora inedito. / The protection of cultural heritage in Piedmont, during the post-war period between 1953 and 1976, was assigned to Superintendent Umberto Chierici (architect, 1911-1980), who directed conservation policies with continuity, carrying out the restoration project of many monuments and pursuing university teaching experience. During his long commitment in Turin (after services in Calabria, Abruzzo and Molise), he explored urban restoration in historical centres, restored the Residences of the Royal House of Savoy as an organic heritage system, promoted the reorganisation of museums, held conferences, and published critical and historiographical essays. The contribution explores three little-known restoration sites of his work in the Soprintendenza, those of Santa Giustina in Sezzadio abbey, the San Francesco in Cuneo and the San Lorenzo in Montiglio churches in southern Piedmont, using unpublished archive documents. The aim is to verify Chierici’s adherence to the theoretical assumptions of restoration at the time and his contribution to the definition of scientific methodologies for conservation

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