de Rooij, R.

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UvA-DARE is a service provided by the library of the University of Amsterdam (https://dare.uva.nl)UvA-DARE (Digital Academic Repository)[Review of: P. Marini, N. Scaffai (2019) Montale]de Rooij, R.Publication date2020Document VersionFinal published versionPublished inAnnali d' italianisticaLink to publicationCitation for published version (APA):de Rooij, R. (2020). [Review of: P. Marini, N. Scaffai (2019) Montale]. Annali d' italianistica,38, 578-580. https://annali.org/volumes/volume-38-2020/General rightsIt is not permitted to download or to forward/distribute the text or part of it without the consent of the author(s)and/or copyright holder(s), other than for strictly personal, individual use, unless the work is under an opencontent license (like Creative Commons).Disclaimer/Complaints regulationsIf you believe that digital publication of certain material infringes any of your rights or (privacy) interests, pleaselet the Library know, stating your reasons. 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Infatti, l’opera di Montale attraversa e comprende molti contrasti: tragicità-umorismo, impegno-disimpegno, chiusura-apertura, liricità-narratività, petrarchismo-dantismo, Italia-Europa. Queste complesse oscillazioni vengono affrontate per mezzo di un’impostazione ambiziosa che invita anche a molteplici percorsi di lettura e di approfondimento. La prima parte discute le raccolte di poesia e le prose narrative, mentre la seconda esamina otto importanti “Questioni” intorno all’opera e alla figura di Montale.  Integrando informazioni fattuali con le principali posizioni critiche, i primi cinque capitoli permettono di ripercorrere piuttosto agevolmente la storia, l’interpretazione e la ricezione della poesia montaliana. Negli Ossi di seppia Gianfranca Lavezzi coglie interessanti aspetti della macrostruttura, le sfumature di significato tra prima e seconda edizione e l’importanza delle varianti. Le occasioni impongono a Christian Genetelli di soffermarsi sul contrasto tra vita privata e storia, ma si discutono anche temi più sorprendenti come l’assenza di un “chiaro centro aggregante” e la volontà di “sperimentalismo” (51). Ida Campeggiani analizza come ne La bufera e altro aumenta ancora l’impatto della realtà storica, insieme a quell’“effetto di continuum narrativo” (76), sin dall’esordio inerente alla poetica montaliana. Il “brusco cambio di rotta” di Satura ne fa, secondo Riccardo Castellana, “un libro-limite, un libro-confine, e anche un punto di non ritorno” (93). Il plurilinguismo e la pluralità dei generi producono “effetti di stridente contrasto” (103), mentre fra i contenuti spicca la critica antistoricista che “sfida le ideologie dominanti e le demistifica” (107) e mette a nudo “gli ossimori della storia” (109) con un “controcanto beffardo e ironico” (108). Analogamente, Satura realizza la distruzione della “vecchia concezione della poesia come attesa del ‘miracolo’ [...] o come celebrazione della donna-angelo e dei poteri salvifici della cultura” (110). Il presente richiede toni bassi e colloquiali cui si adeguano le modalità diaristiche delle ultime raccolte, non senza qualche richiamo (paradossale) alla “antiretorica” innovatrice del primo libro (113) che testimonia di una certa circolarità, già esplorata da Laura Barile, tra primo e ultimo Montale (129). Dopo un’ampia analisi dei quattro ultimi libri di poesia, Alberto Bertoni conclude che Altri versi si salva ancora grazie al ciclo di Clizia—“degno del Montale maggiore” (138)—ma che Diario postumo va condannato rigorosamente come apocrifo, una raccolta debole e “indegna della poesia montaliana” (139). Accanto all’analisi comparativa che contrappone le prose narrative alla poesia, Niccolò Scaffai coglie giustamente anche una reciprocità, come nelle Italian Bookshelf      579  simili tendenze al romanzo autobiografico in Farfalla di Dinard e La bufera (149) o nel legame tra certe prose di Fuori di casa e delle poesie coeve, nonostante “una ‘lettura’ degli eventi e del contesto programmaticamente diversa” (153). Le prose diaristiche e saggistiche de Il secondo mestiere vengono esaminate nelle otto “Questioni”, con contributi firmati da Paolo Marini, Paolo Zublena, Stefano Carrai, Massimo Natale, Laura Barile, Chiara Fenoglio, Alessandro Del Puppo e Stefano Verdino. Ampio spazio è riservato al Montale critico letterario che, nella bella analisi di Chiara Fenoglio, con “tono beffardo, allusivo [...] allude a molto, dicendo il meno possibile” (249) e umanisticamente preferisce il prudente cammino alpino, il volo da farfalla verso “la provvisorietà delle ipotesi” (253). Agli occhi di Montale la tradizione va attraversata e conquistata faticosamente, ma solo se può essere “raccolta in funzione del presente” (258). E l’appellativo moderno va attribuito solo ad autori capaci “di riscattare i detriti della tradizione e di portare nella loro pagina il massimo di verità umana” (263). Profondo è il rapporto di Montale con le arti figurative e con numerosi pittori e scultori. Secondo Alessandro Del Puppo furono “decisivi” gli incontri con Filippo De Pisis, Giorgio De Chirico e Giorgio Morandi (270). Il “valore nutritivo dell’immagine pittorica per la poesia” (271) viene poi analizzato nelle sue declinazioni “di pensare le immagini come uno schermo, un’apparenza, un fantasma delle cose” (272) e anche attraverso una miriade di riferimenti alle arti figurative. Ciò dimostra incontestabilmente tutta la “pluralità” e “complessità” dell’interazione immagine-parola (275). Stefano Verdino dedica un’analisi a tutto tondo alla passione montaliana per la musica. Citando le ricerche di Gilberto Lonardi (in particolare Il fiore dell’addio, Bologna: Il Mulino, 2003), Verdino rammenta che la giovanile vocazione al canto lasciò nella poesia una “sottile e quasi occulta trama di tarsie melodrammatiche” (286), ma che il vero nucleo della poetica montaliana fu sempre la musica, quella “volontà di aderenza […] musicale, istintiva, non programmatica” ricordata nella Intervista immaginaria (285). A parte la variegata presenza musicale nella poesia, Verdino esamina anche le innumerevoli cronache musicali tripartite sempre—secondo la solida analisi di Vincenzo Mengaldo nell’articolo “Montale critico musicale” (1984)—in cronaca, notizie e giudizio (289). Rilevantissimi, non in ultima istanza per la bella sintesi dei migliori risultati delle prime generazioni di critica montaliana, sono il capitolo che Paolo Zublena dedica a “Lingua e metrica” e i due capitoli sul rapporto tra Montale e gli altri poeti, classici e moderni, italiani (di Massimo Natale) e stranieri (di Laura Barile). C’è poi un aggiornatissimo contributo, firmato da Stefano Carrai, sul rapporto tra Montale e Dante—personificazione della “possibilità di un ritorno a un razionalismo che inglobi il carattere miracoloso della poesia” (257)—capitolo che si sofferma sulle svariate presenze dantesche nella prosa e nella lirica, dalla stagione della serietà tragica fino a quella del nichilismo parodico, quando “anche il dantismo rientra in un repertorio scontato, bagaglio di tutti” (208). Ugualmente 580       ANNALI D’ITALIANISTICA 38 (2020) suggestive sono le proiezioni dantesche sulla vita del poeta, nate da una “sinergia fra il dialogo con Contini e la passione per la bella dantista americana”, che permetteva di “rivisitare il testo dantesco” a favore di “istanze dell’antifascismo” (199) ma anche di vedere nel licenziamento da direttore del Gabinetto Vieusseux“una sorta di sintonia psicologica con l’esperienza dantesca dell’esilio” (200), lastessa che trasformerà in chiave dantesca la lontananza e il ritorno di Clizia-Beatrice.Marini e Scaffai fanno dipendere la canonizzazione di Montale e la sua “centralità” nel Novecento essenzialmente da “una dote ineguagliata della sua poesia” in quanto nessun poeta come lui sia stato capace di “rendere percepibili e dicibili lo spazio che realmente abitiamo” (17). Il prestigio da classico moderno trova conferma nei versi “di omaggio o polemica” che tanti poeti contemporanei hanno dedicato a Montale. Si tratta di uno spunto non elaborato nel libro, ma anche dall’abbozzo di un’antologia diventa chiaro che le grandi ombre della poesia del Novecento custodivano di Montale versioni altamente personali. È il destino di ogni vero classico, o nelle parole deliziose e lapidarie di Giorgio Caproni:  Ciascuno ha il suo Montale, ritagliato a misura. Vale quello che vale, secondo natura e statura. Ronald de Rooy, Universiteit van Amsterdam  

[Review of: P. Marini, N. Scaffai (2019) Montale]

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