Luvisi, Andrea

Italian

Università del Salento: ESE - Salento University Publishing

BiologiaLe malattie delle piantetra robot, AI e reti neuraliAndrea Luvisi Dipartimento Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Università del Salento, LecceNel futuro, non ci sono patologi vegetali: omeglio, la letteratura e la filmografia mainstreamche si cimenta ad immaginare una realtà più omeno lontana, rappresenta raramente financhel’agricoltore, forse impegnato nella gestione com-puterizzata di immaginifiche serre-laboratoriosepolte nei meandri di città-alveare o in fatto-rie spaziali che orbitano attorno a pianeti più omeno morenti. Di certo, nessuno usa la zappa,annaffia la terra o controlla se quella necrosi sullafoglia è da imputarsi ad un fastidioso parassita:per quello, anche se lo scrittore o sceneggiatoredi turno non lo hanno specificato, ci penserà sicu-ramente un robot, antropomorfo o meno che sia,guidato da una allenata intelligenza artificiale.Pertanto, tutto abbastanza semplice da imma-ginare e, sicuramente, coerente con l’evoluzio-ne attesa per l’umanità, caratterizzata almenoda tre elementi principali: riduzione dell’impe-gnomanuale, interventi da remoto, automazionesempre più spinta dei processi decisionali. Unmondo ben diverso da quello in cui viveva Hein-rich Anton De Bary, nato a Francoforte nel 1831e considerato uno dei padri della patologia vege-tale. Personaggio sconosciuto ai più, abitava unmondo ancora pieno di incertezze in cui fattorisovrannaturali, teorie sulla generazione sponta-nea e tesi umoraliste continuavano ad inquinareil dibattito scientifico sul ruolo dei patogeni dellepiante, all’epoca circoscritti ai sostanzialmente aifunghi. Il suo sguardo verso il futuro lo porteràa descrive definitivamente il ciclo della perono-spora della patata, affermando che la muffa è lacausa della malattia e non la sua conseguenza.Sembra roba da poco, ma quel terribile patogenoaveva causato, negli anni ’40 dell’800, terribili ca-restie in Europa, con particolari ripercussioni inIrlanda: ancora oggi si ricorda la “Great Famine”,causa di almeno un milione di morti sugli ottoche popolavano l’isola. Fatti lontani, così lonta-ni e terribili che nel nostro presente sembranonon trovare asilo, quantomeno nelle società cosìdette avanzate. Di certo eventi come l’epidemiain Europa di Xylella fastidiosa hanno richia-mato l’attenzione ad un agroecosistema non cosìimperturbabile come, almeno dal secondo do-poguerra, ci piacerebbe immaginare, ma restasostanzialmente immutata un’ottimistica visione– almeno di alcuni – verso una agricoltura chesempre più si distacca da quel concetto di faticaa cui è ancestralmente legata.E qui interviene la macchina a scandire lediverse rivoluzioni industriali che si sono suc-cedute e che, con una certa dilazione tempo-rale, hanno riverberato anche nell’agricoltura,la quale non si sottrae certamente alla fasci-nazione financo della sua ultima incarnazione,quell’Industria 4.0 fatta di advanced manufactu-ring solution, realtà aumentata, big data analytics equant’altro sta sempre più permeando il nostrovivere. Sui vantaggi, almeno concettuali, c’è po-co da aggiungere: riuscire a definire in tempoIthaca: Viaggio nella Scienza XXI, 2023 • Le malattie delle piante 75reale un ambiente complesso come quello di col-tivazione e predire la sua evoluzione, monitorarele condizioni fisiologiche e salutari delle piantein modo automatizzato, effettuare interventi daremoto per la gestione e la protezione delle col-ture – magari anche minimizzando l’impiego dipersonale – sono solo alcune ipotesi che accen-derebbero l’interesse di qualsiasi imprenditoreagricolo. In realtà, l’elemento di interesse è che,in diversi casi, non si tratta solo di ipotesi, ma direaltà.Facendo specifico riferimento alla gestione del-le piante ed alla loro protezione, l’agricolturadi precisione risulta essere l’ambito applicativoattualmente più rilevante: basti pensare alle ope-razioni di semina o messa a dimora delle piantecon seminatrici o trapiantatrici ad elevata auto-mazione, piuttosto che a sistemi per la potatura,la distribuzione dell’acqua, dei fertilizzanti o deiprodotti fitosanitari in grado di differenziare iquantitativi in base alle effettive esigenze. Difattile macchine agricole connesse e geolocalizzaterappresentano buona parte di ciò che consideria-mo agricoltura 4.0 (in Italia rappresentanooltre il 70% del fatturato dell’agritech innovati-vo), ma dobbiamo anche ricordare che tali so-luzioni affondano le loro radici negli anni ’90del secolo scorso e, pur oggetto di una profon-da e continua evoluzione, non possono essereascrivibili a soluzioni robotizzate più avveniristi-che e recenti che, diversamente, impattano percirca il 2% della spesa 4.0. Altre soluzioni chetrovano significative applicazioni sono quelle ri-ferite all’IT ed all’Internet of Things, seppurcon quote nazionali di fatturato pari a circa unquarto rispetto alle macchine agricole. Subito do-po troviamo le soluzioni derivanti dall’impiegodi software gestionale, sottolineando alcuni am-biti di applicazione principali come programmiper la razionalizzazione degli input e degli stru-menti produttivi (es. monitoraggio macchine,gestione acqua e fertilizzanti), modelli previsio-nali per le malattie e gestionali aziendali. Tuttoquesto può essere poi ritrovato, anche in formetecnologicamente più raffinate e con maggioreprecisione di intervento, nell’ambito delle coltu-re protette – le serre – dove l’ambiente confinatoconsente un capillare impego di sensoristica fun-zionale anche ad una gestione real time di alcu-ni importanti parametri di coltivazione come latemperatura, l’umidità e l’irraggiamento ed unagenerale maggiore applicazione del concetto diautomazione.Fin qui le soluzioni più comuni che, come pos-siamo intuire, lambiscono soltanto la gestionedelle malattie delle piante e rendono il robot-patologo qualcosa di ancora forse lontano. Ep-pure, la letteratura scientifica degli ultimi anni,non è certo risultata priva di numerose eviden-ze sperimentali sul tema. Molto è stato – ed è –sperimentato per l’implementazione di sistemiautomatizzati di diagnosi sintomatologica, ovve-ro di metodi in grado di leggere e interpretarele immagini raccolte sia manualmente che daapparecchiature più avanzate (es. droni, mezzisemoventi, robot) su piante mostranti un quadrosintomatologico alterato. Si tratta, evidentemen-te, della chiave di volta per una patologia vege-tale futuribile: inquadrare con una fotocamera ostrumento analogo una pianta ed avere immedia-tamente il responso sull’identità del responsabiledel danno. Facile da immaginare, un po’ menoda realizzare. Come detto, la letteratura è sem-pre più ampia e mostra l’avvalersi di strumenti esoluzioni d’avanguardia e diversificate: per l’ac-quisizione dei dati si va dalle più semplici imma-gini RGB a quelle multispettrali od iperspettrali,mentre per l’interpretazione delle stesse si spe-rimentano sistemi di machine learning e deeplearning. Eppure si tratta di soluzioni che rara-mente hanno avuto una effettiva applicazionepratica, ovvero sono limitatissimi i trovati conun risvolto commerciale e che, pertanto, risulta-no effettivamente utilizzati dagli agricoltori inmodo ordinario. Una delle motivazioni è riferibi-le all’attendibilità dei risultati nelle applicazionireali, ovvero al di fuori del contesto sperimenta-le. In particolare, l’elemento di criticità è, moltospesso, il raggiungimento di una elevata specifi-cità analitica, soprattutto durante le prime fasi disviluppo della malattia ed in contesti complessidove i fattori di stress (biotici ed abiotici) sonopiù d’uno. In altri termini, tali soluzioni possonorisultare poco efficienti nel distinguere malattiedifferenti, confondendo patogeni tra loro o scam-biando stress biotici con fattori ambientali. Inverità il riscontrarsi di tale problematica è deltutto logica e, in un certo senso, attesa, in quantolimitati sono i casi in cui, in natura, i patogenideterminano sintomi a carattere patognomoni-Ithaca: Viaggio nella Scienza XXI, 2023 • Le malattie delle piante 76co, ovvero così caratteristici da portare ad unadiagnosi certa. Sicuramente più comune è il ca-so di una più o meno accentuata convergenzasintomatologica, dove fattori causali differentideterminano quadri per certi versi simili. E ciòè ancor più spiccato proprio nelle prime fasi disviluppo di una malattia, quando i sintomi risul-tano ancora limitati e deboli. Non desta pertantomeraviglia il fatto che, ormai da diversi decen-ni, il patologo vegetale non sia più soltanto unosservatore di sintomi ma un analista che devericorrere ad accurate analisi diagnostiche labo-ratoriali per scoprire il colpevole: in definitiva,né più né meno di quanto accade dopo una pri-ma visita ambulatoriale dal proprio medico dibase e la successiva necessità di effettuare delleanalisi del sangue. L’occhio e l’esperienza, purrimanendo elementi fondamentali per guidareil processo diagnostico, non sono più sufficientiper soddisfare la richiesta di accuratezza che unaagricoltura moderna necessita.La consapevolezza di questi limiti fa sì che lapatologia vegetale 4.0 non si limiti ad esplorarenuove soluzioni per la diagnosi sintomatologica,ma cerchi di sviluppare sistemi avanzati anchedi diagnosi biologica finalizzati, ad esempio, adaccelerare e semplificare la determinazione degliagenti causali: si pensi a soluzioni lab-on-chip,ovvero sistemi miniaturizzati in grado di ripro-durre analisi convenzionali (es. analisi del DNA,piuttosto che di tipo immunoenzimatico) in pic-coli e maneggevoli apparecchi che possono es-sere utilizzati direttamente in loco ed in gradodi fornire dei risultati analitici nel giro di pochiminuti, piuttosto che strumenti in grado di valu-tare i diversi profili di composti volatili emessida una pianta ed associabili a processi alterativiben definiti. In questi casi, trattandosi di dia-gnosi biologiche, le problematiche connesse alraggiungimento di soddisfacenti livelli di sensibi-lità e specificità, sono perlopiù vincolate a fattoridi costo, di miniaturizzazione o semplicità d’uso.Indipendentemente dal sistema diagnostico pre-scelto, resta poi la questione dell’automazionedel monitoraggio dello stato sanitario delle pian-te, ovvero lo sviluppo di piattaforme hardwaremobili – terrestri od aeree – in grado di interagirecon la pianta, ovvero di riconoscerla, attuare ilprotocollo diagnostico, manipolarla od effettuarefinanco l’intervento fitoiatrico. Qui, naturalmen-te, robotica e sensoristica la fanno da padrona,con soluzioni già oggi particolarmente sofisticateed efficienti, ma anche in questo caso, con alcunilimiti quando si guarda all’applicazione in ambi-to agricolo: il campo, ed in minor misura la serra,risulta essere un ambiente particolarmente stres-sante per la componentistica high-tech (es. terra,polveri, umidità, acqua, fango), oltre ad esseresoggetto ad un’alta variabilità e mutevolezza dicondizioni (si pensi all’illuminazione, alla for-ma e dimensione delle piante, alla comparsa diflora spontanea) che possono complicare la defi-nizione di elementi stabili utili a semplificare lamobilità e l’interazione delle macchine.Se questi sono alcuni sguardi sulla gestionedelle malattie delle piante nell’ambito dell’agri-coltura 4.0, il risvolto pratico e concreto lo possia-mo forse meglio riassumere prendendo in consi-derazione la superficie agricola che si stima siaeffettivamente coltivata con strumenti 4.0: super-ficie che, a livello nazionale, si aggira attorno al4%. Una stima che non deve di certo allarmare néfar immaginare ad una sorta di falsa partenza: èchiaro come si sia solo nelle prime fasi di una po-tenziale rivoluzione, e che questa abbia bisognodi tempo, oltre che di una evoluzione tecnologi-ca in grado di permeare il settore. Perché, oltread alcuni limiti tecnologici di cui si è accennato,non dobbiamo dimenticare altri due fattori che,in qualche modo, possono rappresentare unaforma di rallentamento all’adozione di questesoluzioni: la mentalità dell’agricoltore ed i costi.L’agricoltura è una attività antropica che, gene-ralmente, trova forza e conforto nella tradizionee sull’esperienza dell’agricoltore stesso e dellacomunità in cui opera: elementi che, fra l’altro,sono comunemente trasferiti anche sul carattereidentitario del prodotto. È pertanto comune ri-trovare, se non una diffidenza, quantomeno unoslancio più cauto verso cambiamenti sostanzia-li, soprattutto quando si parla di gestione dellepiante. L’agricoltura non è fatta di salti nel vuoto,ma di scelte ponderate, di tempi lenti, di dialogocon l’ambiente, oltre che di cura ed amore ver-so la terra, le piante e quel territorio che si vaa plasmare. Di certo, il ricambio generazionalein atto – sempre più aziende vedono ai verticigiovani agricoltori – non potrà che agevolare l’a-dozione di soluzioni oggettivamente distanti daquelle utilizzate ordinariamente oggi. Infine, co-Ithaca: Viaggio nella Scienza XXI, 2023 • Le malattie delle piante 77me accennato, c’è l’aspetto economico, ovveroche tali soluzioni possono rappresentano dei co-sti talvolta significativi e, anche quanto mirano agenerare risparmi d’esercizio, possono necessita-re di investimenti iniziali cospicui. Il discorso sifa evidentemente complesso e lontano dal recin-to di discussione prefissato, ma appare evidentecome lo spazio di manovra per investimenti ecce-denti a quelli funzionali per la consueta praticaagricola risultano, molto frequentemente, di diffi-cile attuazione, restando confinati a grandi realtàaziendali od operanti in ambiti ad alto valore ag-giunto. Il quadro economico, che risulta ancheperiodicamente stressato da fattori esterni, nonrende pertanto il comparto agricolo il miglioredei contesti dove osservare la ricaduta di trovati4.0, ma non dobbiamo per questo scoraggiarci edabbandonare ogni fantasticazione sulle futuribilifattorie orbitanti con cui abbiamo introdotto il te-ma. L’ondata di cambiamento tecnico-scientificoa cui stiamo assistendo negli ultimi decenni è co-sì impetuosa da risultare inevitabile anche dovesembra ci siano oggi argini insuperabili. Quindi,se nel frattempo vi capiterà di vedere un patolo-go intento a camminare tra filari di vite, soffer-mandosi ad osservare i margini di una foglia edinarcare un sopracciglio, riflettendo sul quesitoche la pianta gli pone, non allarmatevi: va tuttobene, siamo solo ancora nel presente< D ;Andrea Luvisi: è professore di I fascia in Pato-logia Vegetale presso l’Università del Salento. ÈPresidente del Consiglio Didattico del Corso diLaurea in Viticoltura ed Enologia dell’Universitàdel Salento (2020-2024), membro della Giuntadel Coordinamento Universitario Nazionale deiCorsi di Laurea in Viticoltura ed Enologia (CU-VE) (2022-2023), Accademico aggregato dell’Ac-cademia dei Georgofili, Accademico corrispon-dente dell’Accademia Italiana della Vite e delVino, Membro del Comitato Tecnico-Scientificoper il contenimento di Xylella fastidiosa della Re-gione Puglia, Membro del Collegio di Dottoratoin Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambienta-li dell’Università del Salento, Responsabile delLaboratorio di Patologia Vegetale dell’Universitàdel Salento.Ithaca: Viaggio nella Scienza XXI, 2023 • Le malattie delle piante 78

Le malattie delle piante tra robot, AI e reti neurali

http://siba-ese.unile.it/index.php/ithaca/article/download/27437/22626

Le malattie delle piante tra robot, AI e reti neurali

Abstract

Similar works

Full text

Available Versions

Università del Salento: ESE - Salento University Publishing