GASPERINI, Antonella

Mazzoni, Massimo

OA@INAF - Istituto Nazionale di Astrofisica

2009Publication Year2023-02-23T15:52:57ZAcceptance in OA@INAFLa spedizione De Filippi in Himalaya e Karakorum del 1913-1914TitleGASPERINI, Antonella; Mazzoni, MassimoAuthorshttp://hdl.handle.net/20.500.12386/33795HandleIl xx secolo si aprì all’insegna dell’euforia auto-celebrativa dell’Occidente. L’inarrestabile pro-gresso scientifico sembrava offrire grandi prospettive, e gli orizzonti che si allargarono furono anche quelli, letteralmente, geografici. Le approssimazioni o addirittura le lacune nella cartogra-fia del nostro pianeta apparivano ormai inaccettabili e divennero la molla per nuove impegnative esplorazioni: l’apice di queste sfide alla Natura furono sicuramente le famosissime spedizioni al Polo Sud. Rispetto al passato, l’impegno eroico dell’esploratore solitario aveva ormai ceduto il passo all’impresa organizzata, pianificata con cura nel suo svolgersi e nelle sue finalità. Anche quest’ultime riflettevano i tempi: infatti i successi della Chimica e della Fisica, in particolare del-l’elettromagnetismo, avevano dato nuovo impulso a tutte le scienze e, nell’ambito delle esplora-zioni, agli interessi della Geografia si erano aggiunti quelli della Fisica Terrestre, della Meteoro-logia, dell’Astronomia.Uno dei migliori esempi in proposito, anche se ancora poco conosciuto, è quello della spe-dizione progettata e condotta dall’esploratore Filippo De Filippi (1869-1938) nell’Himalaya e nel Karakorum, sul lato settentrionale della catena (figg. 1, 2)1. Si svolse negli anni 1913-1914 e l’Astronomia vi ebbe un ruolo chiave. Lo scopo principale dell’impresa era quello di rimappare, in collaborazione con la Survey of India l’ufficio topografico inglese un’ampia zona compresa tra il nord dell’India e l’allora Turkestan cinese (cat. n. 6.1.4.L.03). Si tratta di una regione impervia che attraversa la catena dell’Himalaya, subito a est dei massicci che comprendono il Pamir e il K2, e che è caratterizzata da estesi ghiacciai in quota. Proprio le difficoltà ad attraversarli e a misurarli erano state il motivo della modesta affidabilità delle mappe precedenti, basate talvolta su stime alla distanza. Ma il gruppo che partì dall’Italia nell’agosto 1913 non aveva solo competenze, e interessi, cartografici: nella sua completezza il corpo italiano comprendeva geografi e geologi, meteorologi, antropologi e un astronomo. Una reale sinergia scientifica. L’astronomo era Giorgio Abetti (1882-1982), figlio del Direttore dell’Osservatorio di Arcetri in Firenze e del quale diverrà a sua volta direttore dieci anni più tardi, ma lavorava allora all’Osservatorio del Collegio Romano. Il suo compito era quello di determinare le coordinate delle stazioni di rilevamento topografico, ed era quindi fondamentale. Tra le numerose difficoltà, il problema principale restava, com’è pre-vedibile, quello delle longitudini. Prima di partire Abetti aveva studiato una serie di costellazio-ni, che sarebbero state ben visibili alle latitudini del percorso e che dovevano soddisfare alcuni requisiti: essere composte da stelle brillanti, la cui posizione fosse nota con sufficiente precisione, La spedizione De Filippi in Himalaya e Karakorum   del 1913-1914Antonella Gasperini, Massimo MazzoniFig. 1 - I partecipanti alla spedizione. Si può riconoscere Giorgio Abetti (il secondo seduto da sinistra). INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Archivio Storico (febbraio 1914)Fig. 2 - Una delle tende dell’accampamento ospitante la stazione radio-ricevente. INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Archivio Storico (febbraio 1914)90 916.1.4Antonella Gasperini, Massimo Mazzoni La spedizione De Filippi in Himalaya e Karakorum del 1913-1914Fig. 3 - Misure in corso. L’ausilio del personale locale di supporto fu determinante per la riuscita della spedizione. INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Archivio StoricoFig. 4 - Gruppo di musici e danzatori in occasione di una delle feste religiose presso i monasteri. Una delle finalità della spedizione era la raccolta di materiale per studi etnici e antropologici. INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Archivio Storicoed essere distribuite attraverso la volta celeste in modo che una parziale nuvolosità non potesse comunque impedire di fare il punto. Gli strumenti utilizzati furono principalmente un telesco-pio zenitale e un astrolabio con orizzonte artificiale: nell’insieme fu stimata una precisione finale compresa tra 5˝ e 8˝ d’arco. L’esigenza di massima accuratezza discendeva anche dal fatto che l’Ufficio Trigonometrico indiano e l’Ufficio Geodetico del Turkestan russo stavano cercando di raccordare la triangolazione dell’India con quella russa: per questo il percorso seguito fu quello che univa le due regioni e le misure, iniziate nel Kashmir, furono condotte lungo i due versan-ti del Karakorum fin nella pianura russa. Naturalmente la determinazione della longitudine è un problema inscindibile da quello della conoscenza del tempo locale, e infatti tra i numerosi strumenti scientifici della spedizione c’era un insieme di orologi di precisione che fu oggetto di particolari attenzioni, tanto da avere diritto a portatori selezionati2. Si ebbero anche dei progressi riguardo agli strumenti matematici: infatti la mancanza talvolta di riferimenti noti per i fini topo-grafici spinse il comandante in seconda, un tenente di vascello, a estendere ai ghiacciai i metodi a cui l’Astronomia Nautica ricorreva in condizioni simili.Lungo il tragitto furono installate numerose stazioni geofisiche, con lo scopo di eseguire os-servazioni gravimetriche e geomagnetiche. Il progetto prevedeva inoltre un programma organi-co di ricerche meteorologiche e di determinazione della costante solare. Nella relazione finale, De Filippi affermò: “Un tale progetto esigeva un allestimento scientifico quale non credo sia mai stato messo in pronto per una spedizione continentale3 fuori dai paesi civili”4 e le stesse paro-le furono usate dalla R. Accademia d’Italia nel conferirgli un premio speciale. In gran parte gli strumenti utilizzati erano stati concessi in prestito da vari Istituti di Ricerca, anche stranieri, da Università, Osservatori e dal Ministero della Marina: infatti la disponibilità finanziaria era, come al solito, ridotta, tenuto conto delle finalità dell’impresa5. Quando si era comunque costretti a effettuare un acquisto, la scelta ricadeva sull’oggetto migliore, anzi per alcune misure erano stati previsti più strumenti basati su principi diversi, in modo da poter confrontare i risultati e valu-tarne la qualità. Anche il personale era altamente qualificato, poiché i componenti erano in gran parte docenti universitari. Durante la fase di studio, il progetto fu presentato all’Accademia dei Lincei e ad altre Accademie scientifiche italiane. Ma prima ancora, era stato sottomesso al giudi-zio dell’Istituto Internazionale di Fisica a Bruxelles, che aveva apprezzato il vasto e qualificato programma scientifico.I rischi e le difficoltà emersi durante l’anno di preparazione non scoraggiarono i partecipanti. In realtà la missione era stata concepita proprio come una preziosa occasione per svolgere misu-razioni scientifiche (fig. 3) in condizioni estreme, ben lontane da quelle abituali dei Gabinetti di Fisica. Il metodo applicato fu comunque rigoroso: basti pensare che, oltre alle periodiche verifi-che di calibrazione in loco, tutti gli strumenti vennero tarati prima della partenza presso l’Istituto Idrografico di Genova, e che la taratura fu ricontrollata nello stesso Istituto al rientro in Italia. Nel corso della spedizione, ad Abetti fu affidato anche il compito della documentazione fotografica: gli apparecchi (cat. n. 6.1.4.S.03) erano stati portati principalmente per un’altra ricerca, quella etno-antropologica (fig. 4), ma permisero anche di registrare tutte le fasi del-l’esplorazione6.L’impresa, che durò circa un anno e mezzo, e che dovette essere abbreviata per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, percorse oltre 2.000 chilometri, senza contare le deviazioni e le escursioni dei singoli, e riuscì a rimappare oltre 10.000 chilometri quadrati. A eccezione di alcuni sintetici rapporti7 la guerra ritardò la pubblicazione dei risultati fino ai primi anni Venti. Nel suo genere, fu la principale spedizione di tutto il secolo scorso e ancora oggi è nota come “la Grande Spedizione Scientifica De Filippi” in Asia Centrale.1 De FiLippi 1924. 2 Questo metodo allora comune, detto del “tra-sporto dell’ora”, richiedeva continue sincro-nizzazioni tra un orologio campione e tutti gli altri. Ci si accorse però che anche nelle zone più impervie ed isolate si riusciva a ricevere le onde elettromagnetiche trasmesse da stazioni a valle, opportunamente allestite prima della salita. La scoperta fece profetizzare un drastico cambia-mento nella misura del tempo per i fini delle esplorazioni, basato appunto sui segnali radio (aLeSSio et al. 1925).3 Ben diverse, e più agevoli, erano infatti le condi-zioni delle esplorazioni condotte su nave.4 De FiLippi 1925.5 In valuta corrente si trattò di circa un milione di euro (stima Istat). Fu necessario utilizzare centi-naia di portatori e di animali da soma.6 Gran parte di quella documentazione è arrivata fino ad oggi: l’Archivio Storico dell’Osservato-rio Astrofisico di Arcetri possiede un notevole insieme di stampe della spedizione, insieme ad uno degli apparecchi fotografici utilizzati in quell’occasione o comunque coevo. L’Archivio custodisce anche alcune scatole originali di dia-positive su lastre di vetro 9 × 13 cm, che risul-tano esemplari unici. Durante un recente studio ne è stato ritrovato l’elenco integrale, completo di descrizione del soggetto.7 Una delle prime pubblicazioni fu De FiLippi 1915.92 936.1.4

La spedizione De Filippi in Himalaya e Karakorum del 1913-1914

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La spedizione De Filippi in Himalaya e Karakorum del 1913-1914

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