Il contagio e la cura. Il mondo dopo il virus

Abstract

Per superare la pandemia non dobbiamo augurarci che scompaia, bensì che si faccia endemica: non che se ne vada, ma che, assimilata – alla lettera: “resa simile a noi” –, non se ne vada più. È il modo stesso di procedere della vita. Da questo paradosso sorge una considerazione: lungi dall’identificarsi senz’altro con la salute, la vita sembra invece intrecciare con l’elemento del contagio – e del suo lato positivo, ossia la perdita di una fantasmatica “purezza”, ciò che può anche dirsi nel senso dell’inevitabilità dell’ibridazione – un rapporto necessario, ineludibile. Tuttavia, se questo è vero, allora bisognerà affermare che altrettanto necessario è, per la vita, il rapporto con la cura. Il senso della vita, se mai ve ne è uno, sembra dunque giocarsi all’interno di questa relazione triadica tra la vita stessa, il contagio, e la cura. In effetti, molti indizi sembrerebbero andare proprio in questa direzione. Parliamo ad esempio di comunicazione “virale”, ma la comunicazione è anche un fondamentale modo di prendersi cura delle relazioni; e il virus, che ha gettato il mondo intero nella crisi, può anche generare quella spinta verso una rinnovata cura verso il pianeta capace di far finalmente germinare un futuro non soltanto nuovo, ma anche diverso, ossia eticamente orientato

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