La Kalsa è un giardino. Resistenza e partecipazione alla vita urbana del centro storico di Palermo, dei ruderi di guerra e della vegetazione spontanea.

Abstract

Palermo è molti paesaggi; è una geografia di luoghi esagerati in grado di generare una condizione di costante stupore in chi la attraversi. Le molte anime di popoli diversi che l’hanno abitata e di quelli che ancora la abitano costituiscono un mosaico fatto di relazioni strettissime e inedite tra piante, animali, uomini, mare e luce. Il presente contributo intende restituire una lettura (certamente non esaustiva in quanto sarebbe impossibile farlo), di alcune condizioni di convivenza che sono state osservate all’interno degli spazi aperti della città (in particolare nel suo quartiere Kalsa). Queste sono interessanti perché ci mostrano come legami spontanei tra specie viventi e oggetti diversi (perlopiù ruderi della seconda guerra mondiale) costituiscano luoghi di inedita bellezza e coesione sociale, funzionanti in tessuti urbani complessi. Difronte a tale evidenza emerge la necessità di stabilire nuove categorie interpretative dell’esistente. Ciò al fine di generare una tassonomia che identifichi i possibili ruoli attivi che le relazioni e le coesistenze già in atto possono avere all’interno del progetto della città (trasformandole ad esempio in giardini) e quali invece debbano essere disinnescate perché nocive per gli abitanti e per la natura.Palermo is a lot of landscapes. It is a geography of exaggerated places able to generate a condition of constant wonder in those who cross it. The many souls of different peoples who have inhabited it and who still inhabit it constitute a mosaic made of very close and uncovered relationships between plants, animals, men, sea and light. This contribution aims to explore - not in an exhaustive way - some conditions of coexistence that have been observed within the open spaces of the city (in particular of its Kalsa district). They are interesting because show us how spontaneous links between different species and objects (mostly ruins of the Second World War) constitute places of unprecedented beauty and social cohesion functioning in complex urban tissues. In front of this evidence there is the need to establish new interpretative categories of the existing, in order to generate a taxonomy. It could identify the possible active roles that the relationships and coexistences already acting can have within the project of the city (turning them into gardens, for example) and which ones should be defused because they are harmful to the inhabitants and to nature

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