Recensione alla mostra: Roma medievale. Il volto perduto della città (Museo di Roma Pa-lazzo Braschi, 21 ottobre 2022 - 5 febbraio 2023), a cura di Marina Righetti e Anna Maria D’Achill

Rinaldi, Maria Rosaria

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ABside. Rivista di Storia dell’Arte, 4 (2022), pp. 27-30 DOI: 10.13125/abside/5425    ISSN 2704-8837     Recensione alla Mostra:   Roma medievale. Il volto perduto della città (Museo di Roma Palazzo Braschi, 21 ottobre 2022 - 5 febbraio 2023), a cura di Marina Righetti e Anna Maria D’Achille    Maria Rosaria RINALDI Ministero dell'Istruzione e del Merito rinaldi.mariarosaria@gmail.com     La mostra inauguratasi il 20 ottobre 2022 al Museo di Roma Palazzo Braschi – Roma medievale. Il volto perduto della città, a cura di Marina Righetti e Anna Maria D’Achille (catalogo De Luca Editori d’Arte, Roma 2022) – nasce dalla volontà di presentare i risul-tati di quasi quarant’anni di ricerche sulla Roma medievale condotti presso la Sapienza Università di Roma, ricerche ben note agli specialisti del settore, ma meno al grande pubblico. L’ossatura della mostra, che copre un periodo molto vasto, dal VI al XIV se-colo, ossia quell’arco di tempo velato di oscurità e ancora individuato dall’opinione co-mune come il “buio Medioevo”, non risponde a un criterio rigorosamente cronologico, ma tiene conto dei diversi luoghi e aspetti della città medievale e dei simboli che essi portano con sé. Che Roma e soprattutto i suoi monumenti fossero il luogo più importante della cristianità e che non ci fosse una cesura con il mondo classico era evidente a tutti in passato e lo testimonia in maniera esplicita Dante quando, nel XXXI canto del Para-diso, dice: «Se i barbari […]/ veggendo Roma e l’ardüa sua opra/ stupefaciensi, quando Laterano/ a le cose mortali andò di sopra», mettendo in rilievo anzitutto l’indiscutibile continuità tra età romana ed età cristiana e narrando inoltre lo stupore e la meraviglia che i monumenti di Roma suscitavano, a partire dal Laterano, superiore a tutte le altre opere per splendore e magnificenza. A questo intento si ispira il criterio espositivo che si snoda attraverso più di quindici sale, consentendo al visitatore di riscoprire, supportato da solide basi scientifiche e di Maria Rosaria RINALDI   28 ricerca, le vestigia medievali di una città, dove, rispetto ad altri centri italiani, il Me-dioevo è purtroppo nascosto e incastonato tra la Roma antica e la Roma moderna. E fu invece proprio l’Urbe una delle città protagoniste di quest’era, il luogo in cui converge-vano prima di tutto i pellegrini, attratti sin dall’Alto Medioevo dalla devozione e dalla volontà di visitare le chiese più sacre della cristianità. Di questi uomini e di queste donne perlopiù senza nome e senza volto la mostra ci presenta preziose testimonianze, tra cui spiccano le cosiddette quadrangole, piccole insegne in piombo e stagno con le effigi dei Santi Pietro e Paolo che venivano prodotte e vendute dalla basilica vaticana a partire dal Duecento e che per i fedeli costituivano una sorta di nulla osta al fine di essere accolti in monasteri e ospedali lungo il cammino di penitenza. Nell’intento di ricostruire il volto perduto della città, la mostra prosegue dando am-pio spazio alle testimonianze sulle quattro basiliche principali: San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore, delle cui vicende sono raccontati, attraverso disegni e frammenti di mosaici e sculture, i momenti più significativi. Durante il percorso attraverso le sale, si scoprono vestigia da conoscere o riconoscere sparse in città, come l’affresco raffigurante Bonifacio VIII collocato oggi all’interno della basilica lateranense e riprodotto qui in mostra nello splendido disegno della Biblioteca Ambrosiana (1590 ca) o i frammenti musivi provenienti dall’antica abside di San Pietro, tra cui spicca il ritratto di papa Innocenzo III (1198-1216) (fig. 1).      Fig. 1. Ritratto di papa Innocenzo III, 1205-1209/1212, mosaico, Roma, Museo di Roma  (© Museo di Roma). Recensione a: Roma medievale: il volto perduto della città…   29 Non mancano, oltre ad affreschi e mosaici, anche esempi dalla statuaria, come il calco (2004) che riproduce un gruppo scultoreo dall’iconografia diffusa ancora oggi nella cul-tura popolare: il Presepe di Arnolfo di Cambio (1281), conservato nella basilica di Santa Maria Maggiore. Ed è così che la mostra funge a volte da vademecum, nuova e impre-scindibile guida per chi voglia esplorare la città alla ricerca del Medioevo. L’allestimento contempla inoltre il rapporto indissolubile che legò sin dai primi secoli della cristianità e lega tuttora il papa e Roma, sia evidenziando la funzione dei papi come principali committenti delle opere monumentali sia attraverso gli “Annales” del Cristia-nesimo, ovvero il Liber pontificalis (VI-XV secolo ca), la raccolta delle biografie dei papi che, almeno per i primi secoli del Medioevo, costituisce una fonte ineludibile per lo stu-dioso di arte e architettura cristiane. Questa sezione si conclude con un approfondimento su una delle figure più potenti del Medioevo, papa Bonifacio VIII (1294-1303) di cui sono esposti abiti liturgici, monete e codici celebrativi del suo pontificato (figg. 2-3).           Figg. 2-3. Pianeta e dalmatica in opus cyprense, secondo quarto (?) del XIII sec., sciamito rosso ricamato con filo d’oro a punto teso, Anagni, Museo della Cattedrale (© Museo della Cattedrale).  A completare questa rinnovata immagine di Roma sono inoltre presentati alcuni ma-nufatti iconici del Medioevo, come il rosone della chiesa di San Nicola de Calcarariis (ini-zio del XIII secolo), uno dei rari esempi di architettura romanica in città, insieme ad altri oggetti meno conosciuti, ossia i bacini ceramici che ornavano il campanile dei Santi Gio-vanni e Paolo a testimonianza della vivacità della città medievale, ricca di colori non solo all’interno dei luoghi di culto, in affreschi e mosaici, ma anche sulle murature di campa-nili e torri che animavano il panorama urbano. Maria Rosaria RINALDI   30 Una sezione speciale è stata pensata invece dalle curatrici per le icone mariane, parti-colarmente venerate dai fedeli e dipinte, secondo la tradizione, da mano umana o per intervento divino. Il visitatore è guidato nella scoperta di opere quali la celebre pittura su tavola raffigurante la Madonna Hodigitria con il Bambino benedicente (ultimo decen-nio del XIII secolo), recentemente attribuita a Filippo Rusuti e custodita nella basilica di Santa Maria del Popolo. A testimonianza della straordinaria fortuna dell’iconografia della Vergine sono esposti anche due esemplari di pittura muraria, provenienti rispetti-vamente da Santa Maria Nova e Santa Maria sopra Minerva.  D’altronde la storia medievale della città di Roma, anche nelle sue ultime manifesta-zioni, mostra ancora una volta il suo legame speciale con la Vergine, a cui venne dedicata la maestosa scalinata dell’Aracoeli, costruita nel 1348 come ex voto per la liberazione dalla peste, e di fatto pensata come nuovo accesso al colle capitolino. Sito di spicco sin dall’età romana, il Campidoglio, insieme alla chiesa e al convento dell’Ara Coeli, diventò a partire dal XII secolo il luogo del potere civile e ospitava infatti il Palazzo Senatorio. È direttamente collegata a queste vicende la sala Il comune e le torri dei barones, dove sono esposti sia manufatti sia disegni d’età moderna che raffigurano il colle più importante dell’Urbe con le vestigia medievali e alcune delle torri appartenenti alle più famose e potenti consorterie urbane. Completano il quadro della rappresentazione urbica una se-lezione di disegni d’età moderna nei quali appaiono scorci perduti del paesaggio urbano che mostrano il rapporto tra il fiume e la città, una sala con il ciclo di affreschi della basilica di Santa Croce in Gerusalemme (metà XII secolo), nascosti per secoli e riscoperti solo nel 1913 e una sezione che ospita reperti provenienti dagli scavi della Crypta Balbi, un sito in uso dal V al XIX secolo e per questo ricovero di oggetti di impiego quotidiano come fibbie, lucerne, e persino una pedina da scacchiera e un dado da gioco. Agli aspetti multiculturali della città, nella quale si insediarono popoli di provenienza diversa a se-conda dei momenti storici, è da connettere l’ultima sezione, Un intreccio di culture, in cui sono offerte testimonianze della vivacità della comunità ebraica e di quella armena. Se a prima vista le pitture murali, insieme alle icone, ai preziosi tessuti papali, ai codici miniati e a tutte le altre opere esposte, possono sembrare ‘scontate’ per il Medioevo, poi-ché perfettamente coerenti con l’immaginario di questa epoca, non lo sono per il Me-dioevo romano, che, come si è detto, è perlopiù sconosciuto. D’altronde ce lo ricordano le parole del grande storico Ferdinand Gregorovius che campeggiano su un pannello all’inizio della mostra: «Il Medioevo è come spazzato via dalla tramontana con tutto lo spirito storico del passato. Roma ha perduto per sempre il suo incanto». Tuttavia, al ter-mine del percorso, il visitatore, o meglio lo spettatore, è consapevole di aver preso parte a una cerimonia di rinascita, nella quale come in un rito, accompagnato dai colori dei mosaici, delle miniature e degli affreschi, e in qualche sala anche dalla musica, ha assi-stito alla celebrazione della città medievale, sempre guidato dai pannelli esplicativi che, coniugando sapere scientifico e vocazione didattica, supportano il passaggio da una sala all’altra. In aggiunta, oltre ai citati pannelli, in ausilio del visitatore, alla fine della mostra è messa a disposizione una mappa cartacea con alcuni itinerari medievali da percorrere in città e un breve video che mostra il passaggio dalla città romana a quella medievale e la progressiva espansione dell’abitato fino all’età odierna. 

Recensione alla mostra: Roma medievale. Il volto perduto della città (Museo di Roma Pa-lazzo Braschi, 21 ottobre 2022 - 5 febbraio 2023), a cura di Marina Righetti e Anna Maria D’Achille

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