La censura nel film «Il Leone del deserto di Mustapha Akkad». Il cinema contro gli " italiani brava gente".

Abstract

Lo studio sii propone di analizzare le motivazioni e le conseguenze della censurain Italia del filmIl leone del deserto del regista siro-americano Mustapha Akkad. La pellicola, uscitanel 1981e finanziata in parte dal governo di Gheddafi, ripercorre la storia di Omar al-Mukhtar, il “leone del deserto”, il fiero combattente assunto a simbolo della resistenza libicache si oppose e contrastò l’esercito fascista in Cirenaica.Attraverso il punto di vista del colonizzato, Il leone del deserto propone una rivisitazione del passato coloniale italiano, sottolineando le atrocità commesse e distruggendo il mito degli «italiani brava gente».Considerato di forte impronta anti-italiana, accusato di ledere l'onore dell'esercito, il film non ottenne il visto della censura per essere proiettato in Italia. Solo nel 2009, in concomitanza con la visita a Roma del governatore libico, la tv privata Sky, lo trasmise operando delle modifiche.Se la proiezione nelle sale cinematografiche italiane non fu possibile per molti anni, in Libia il film venne trasmesso dalla tv anche più volte al giorno. È un dato significativo che induce a riflettere su almeno tre aspetti:-le asimmetrie postcoloniali :da una parte l’Italia ha coltivato una memoria distorta della parentesi africana, dall'altra i libici non dimenticano la violenza, la subordinazione economica e politica collegata all’occupazione italiana. -la rimozione del colonialismo italiano. Presupposto da cui parte la nostra indagine è che questo episodio di censura si inserisca nel prolungato silenzio che ha fatto seguito alla fine dell’impresa coloniale italiana, un'impresache, seppur limitata nel tempo e nello spazio,ha generato un’eredità non priva diposizioni nostalgiche estrumentalizzazioni ideologiche. La mancata diffusione del film di Akkad è stato un atto deliberato per occultare le prove delle violenze commesse nella «quarta sponda».-L'importanza di accedere a diverse rappresentazioni, a controstorie, per rielaborare la memoria collettiva, anche a rischio di intaccare la dignità nazionale

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