thesis

Analisi delle politiche e degli strumenti economici di tutela ambientale: implicazioni tecniche e finanziarie.

Abstract

Il presente lavoro si sviluppa sulla base della ricerca scientifica, condotta nelle attività di dottorato per il settore disciplinare delle scienze merceologiche. L’obiettivo del progetto di ricerca fa riferimento all’ analisi critica e scientifica degli strumenti normativi utilizzati nelle politiche di management ambientale. In questo studio le politiche di management ambientale sono l’espressione normativa di due grandi problemi, quali l’emissione in atmosfera dei gas inquinanti, chiamati (no-GHG) e i gas ad effetto serra, chiamati gas (GHG – GreenHouse Gases ). Gli effetti negativi provocati dai GHG e no-GHG, permettono di definire i comportamenti degli agenti economici (industrie) che sono spesso all’origine dei problemi ambientali. Non è facile stimare esattamente l’entità dei danni causati dall’inquinamento atmosferico sulla salute umana e all’ambiente. Dai risultati del progetto Aphekom (http://www.aphekom.org/web/aphekom.org/home), co-finanziato dalla Commissione Europea, è possibile stimare in Europa una riduzione dell’aspettativa di vita pari a circa 8.6 mesi per singolo individuo (EEA, 2013b). Alcuni modelli economici utilizzati per stimare in termini monetari i danni dell’inquinamento ambientale, considerano frequentemente solo i costi sanitari. Questi modelli non comprendono, tuttavia, i costi che l’inquinamento provoca all’interno della società (EEA, 2013b). Dal Registro Europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR – European Pollutant Release and Trasfer Register), l’ agenzia ambientale europea stima che l’inquinamento atmosferico, prodotto dai 10.000 maggiori impianti industriali, è costato in termini di salute ai cittadini europei tra i 102 e i 169 miliardi di euro nel 2009 (EEA, 2013b). La Commissione Europea (2012a) stima che la mancata applicazione delle normative del settore ambientale può causare dei costi all’economia dell’UE pari a circa 50 miliardi di euro l’anno, tra sanità e costi diretti per l’ambiente. La Commissione riporta che: … …”L’ambiente è protetto da circa 200 atti normativi, che tuttavia troppo spesso non vengono correttamente applicati. Ciò non solo nuoce all’ambiente, ma mette a rischio la salute umana, causa incertezze per l’industria e compromette il mercato unico. Si tratta di costi che non possiamo permetterci in tempi di crisi”… (European Commission, 2012a). Tuttavia, sul sito web italiano del Dipartimento delle Politiche Europee (http://www.politicheeuropee.it/attivita/15141/dati), è possibile evidenziare che l’Italia ha il più alto numero di procedure di infrazione per il recepimento delle direttive Europee nel settore ambientale. Su un totale di 119 procedure d’infrazione, 22 procedure sono per il settore ambientale, seguito da 14 procedure per il settore fiscalità e dogane. La rapida espansione della produzione e del consumo di energia hanno portato con sé una vasta gamma di problematiche ambientali a livello locale, regionale e globale. Alcune delle cause della crisi ambientale, sono: 1- L’utilizzo delle fonti fossili, rappresenta la principale causa dei cambiamenti climatici, continuando a ricevere sussidi economici. Come indicato nel rapporto Green Growth Studies: Energy, (http://www.oecd.org/greengrowth/greening-energy/49157219.pdf) dell’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD – Organisation for Economic Co-operation and Development), nel 2009 la dipendenza dai combustibili fossili del sistema energetico mondiale ha prodotto l’84% delle emissioni di gas GHG. I sussidi ai combustibili fossili rappresentano, inoltre, un costo per i contribuenti. 2- Il principio sulla responsabilità ambientale (Direttiva 2004/35/CE), in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, stabilisce un quadro basato sul principio “chi inquina paga”. Dal rapporto della Commissione Europea “Evaluating the experience gained in the ELD implementation- 2013” (http://ec.europa.eu/environment/legal/liability/pdf/eld_meetings/11_06_2013/Conference%20Report%20-%20final.pdf), si stima che i costi di prevenzione e bonifica sono compresi tra i 3.000 euro e 2 milioni di euro, ma le spese amministrative sono state affrontare solo in pochi casi. Lo studio evidenzia la complessità dei requisiti, delle condizioni applicative, l’assenza degli strumenti e dei documenti di orientamento. Le riforme della politica economica hanno promosso la crescita e la liberalizzazione dei mercati, sottovalutando forse gli effetti degli impatti e dei danni ambientali. In particolar modo i conflitti ambientali, che si manifestano tra il potere economico di alcuni Paesi e la società umana, causano guerre, violazioni dei diritti umani e il fallimento del tradizionale modello economico. I problemi ambientali per i quali si richiede un’attenta analisi politica ed economica sono vari, ad es: i cambiamenti climatici, l’inquinamento dell’atmosfera, del suolo, delle risorse idriche, la desertificazione e l’esaurimento della biodiversità. La salute e il benessere umano sono intimamente legate alla qualità ambientale. Le dinamiche evolutive dei paesi emergenti (europei che extraeuropei) sembrano evidenziare che l’impatto delle misure intraprese finora, non è ancora sufficiente a controbilanciare la crescita delle emissioni rispetto alla crescita economica. L’ obiettivo di riduzione delle emissioni in atmosfera (gas GHG e no-GHG) non è raggiungibile solo mediante semplici adeguamenti del modo di produrre e consumare, ma richiede veri e propri interventi sulla struttura, cultura e pratiche delle produzioni industriali. Gli interventi per un nuovo modello economico a basso tenore di carbonio e l’efficiente uso delle risorse, possono prendere spunto dal moderno approccio della Green Economy. L’agenzia ambientale europea evidenzia che la Green Economy deve : …“implies a departure from the 'business as usual' economic paradigm, to one with regulatory measures and strong financial incentives for innovation, investments (for example, in green technologies), sustainable consumption behaviour, and information-sharing”… (EEA, 2013c). Obiettivo della Green Economy è riconoscere i limiti del pianeta, evidenziando i confini all’interno dei quali deve muoversi il nuovo modello economico, basato su un uso sostenibile delle risorse e una riduzione degli impatti ambientali e sociali. La Green Economy deve essere vista come un nuovo modello economico tout court, non può e non deve essere considerata semplicemente come la parte “verde” dell’economia. Una definizione comune di Green Economy è migliorare la qualità della vita di tutto il genere umano, riducendo le disuguaglianze nel lungo termine, ed evitare di esporre le generazioni future ai preoccupanti rischi ambientali e alle significative scarsità ecologiche. La Green Economy può essere definita come strumento di sviluppo sostenibile, basato sulla valorizzazione del capitale economico (investimenti e ricavi), del capitale naturale (risorse primarie e impatti ambientali) e del capitale sociale (lavoro e benessere) (ENEA, 2012a). L’obiettivo della Green Economy è la riduzione del consumo di energia e delle risorse naturali, l’abbattimento delle emissioni dei gas serra, la riduzione dell’inquinamento, la riduzione del volume dei rifiuti, la promozione di modelli di produzione e di consumo sostenibili. La Green Economy può essere attuata tramite nuove politiche economiche e l’introduzione di eco-tecnologie, la creazione di investimenti e l’eliminazione di sussidi economici dannosi per l’ambiente. L’urgenza di porre dei vincoli allo sfruttamento di risorse e alla riduzione dell’impatto dell’attività umana sull’ambiente, ci impone di rivedere i modelli di sviluppo, adottando politiche e comportamenti responsabili. Questa impostazione, oltre a essere sostenuta dalle politiche (nazionali e internazionali), non può prescindere dal coinvolgimento delle industrie. In tale ambito la comunità internazionale e nazionale hanno posto sempre maggiore attenzione sulle possibili soluzioni e dinamiche, sviluppate per diminuire la quantità delle emissioni inquinanti che hanno effetti sull’ambiente e sulla salute umana. L’obiettivo della mia ricerca scientifica nasce dalla complessità del quadro normativo economico ambientale, in particolar modo in questo lavoro ho analizzato: 1- La prima iniziativa internazionale volta a limitare il fenomeno del Global Warming, sviluppata dalla convenzione dell’ONU, denominata United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) del 1992, e dal Protocollo di Kyoto (COP 7). L’obiettivo del protocollo è quello di adottare delle politiche mondiali a favore della mitigazione del cambiamento climatico, basato sullo spirito collaborativo a livello internazionale. La politica internazionale si basa sull’uso dei meccanismi flessibili e i meccanismi di mitigazione. Particolare attenzione è stata dedicata alle attività LULUCF (Land Use, Land Use Change Forestry) e alla direttiva europea EU-ETS 2003/87/CE (Emission Trading Scheme), per il recepimento degli obiettivi di mitigazione dei gas GHG previsti dal Protocollo di Kyoto. E’ evidente la necessità di una rinegoziazione complessiva che coinvolga tutte i Paesi (principali emettitori in tutto il mondo), con obiettivi più stringenti e un meccanismo di consenso che permetta di monitorare e garantire la conformità agli obiettivi. 2- La direttiva IPPC 2008/1/CE (Integrated Pollution Prevention and Control), ora integrata nella direttiva IED 2010/75/UE (Industrial Emission Directive), ha lo scopo di definire gli obblighi per le attività industriali con un elevato potenziale di inquinamento. Le procedure di autorizzazione stabilite dalla direttiva IPPC-IED, fissano i requisiti minimi per mitigare gli impatti sull’ ambiente e sulla salute umana. Tali requisiti minimi sono costituiti dalle BATs (Best Available Technologies). La direttiva IPPC-IED individua le BATs come opportunità competitive, al fine di aumentare le performance finanziarie e diminuire i livelli di emissione degli inquinanti nocivi. L’uso delle BATs può rientrare nell’accezione più ampia della green economy, infatti le tecnologie BATs sono definite “cleaner production”, ovvero, tecnologie studiate per mitigare le cause dell’inquinamento. Attualmente non vi sono prove disponibili sulla l’efficacia della direttiva IPPC-IED e, quindi sulla reale diminuzione delle emissioni inquinanti. Forse, come previsto, la sua influenza è stata positiva, ma è molto difficile dimostrare e comprovare il raggiungimento degli obiettivi della direttiva IPPC-IED con le sole informazioni oggi disponibili. Il Protocollo di Kyoto e la direttiva IPPC-IED sono due strumenti normativi che hanno differenti campi d’azione, ma si prefiggono il medesimo obiettivo. Gli strumenti operativi del Protocollo di Kyoto, (quali CDM- Clean Development Mechanism; JI- Joint Implementation; ET- Emission Trading; Carbon Sink) e gli strumenti operativi della direttiva IPPC-IED, (quali BATs- Best Available Technologies e ELVs- Emission Limit Values), puntano ad un unico obiettivo, limitare gli impatti sulla salute umana e i danni ambientali, causati dai gas GHG ed i gas no GHG. Questo lavoro non pretende di analizzare in modo esaustivo tutte le problematiche legate al cambiamento climatico, le misure di mitigazione e le tecnologie industriali utilizzate, perché sono argomenti con target differenti e piuttosto complessi. L’ aspetto che intendo evidenziare nel mio lavoro di tesi è il dibattito sul rapporto tra la tutela dell’ambiente e la crescita economica. Il mio lavoro vuole evidenziare che le politiche internazionali del protocollo di Kyoto, recepite anche in ambito Europeo e la direttiva IPPC-IED non permettono di conseguire una crescita economica sempre in linea con i principi dello sviluppo sostenibile. La legislazione ambientale nazionale e internazionale è un corpo di leggi, regolamenti e direttive, sviluppate fondamentalmente da politici, funzionari e aziende. E’ un quadro normativo e giuridico complesso, soprattutto se consideriamo l' approccio multidisciplinare per la loro interpretazione. I cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, le emissioni in atmosfera e l’uso delle tecnologie sono temi di rilevanza fondamentale. L’applicazione delle stesse è stata analizzata anche rispetto alle logiche della finanziarizzazione del mercato dei crediti di carbonio. A causa della complessità dell’analisi, lo studio della normativa ambientale dell' Unione Europea deve necessariamente includere la sua evoluzione e le modifiche più recenti, così come l’iter della loro applicazione nei Stati membri. Nel mio lavoro di tesi, ho cercato pertanto di rispondere a due domande : 1. Il Protocollo di Kyoto ha raggiunto i suoi obiettivi principali? 2. La direttiva IPPC-IED e l’uso delle BAT hanno raggiunto i loro obiettivi principali? 1. Allo stato attuale possiamo concludere che gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, per il primo periodo di impegno terminato nel 2012, non sono stati raggiunti. Inoltre, non possiamo affermare che gli obiettivi siano stati in parte soddisfatti, perché la riduzioni delle emissioni dei gas GHG in alcuni paesi rappresentano quantità non significative rispetto alla crescita delle emissioni a livello mondiale. Anche se l'obiettivo di riduzione di alcuni Paesi inseriti nell’ allegato I del Protocollo di Kyoto sono stati raggiunti, d’altra parte si può osservare che le emissioni globali sono cresciute in modo esponenziale. Le attività LULUCF rappresentano un vantaggio in termini cost-effective nella mitigazione delle emissioni di CO2. La mitigazione non può essere sempre raggiunta con il solo aumento del periodo di rotazione delle foreste, perché ad di là degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, ci sono gli interessi economici dei proprietari privati del suolo forestale. Il prezzo di vendita del legno influisce positivamente o negativamente il mercato del carbonio e viceversa; ovvero il pagamento delle unità di carbonio sequestrato può migliorare la sostenibilità finanziaria nel gestire le foreste in lunghi periodi di rotazione. Le attività LULUCF sono cost-effective solo quando i costi marginali e i costi di transazione sono bassi. 2. Lo stato di applicazione della direttiva IPPC-IED in tutti gli Stati membri dell' Unione Europea sembrerebbe essere buono, ma non ancora soddisfacente, perché la maggior parte delle principali industrie europee non sono del tutto conformi allo spirito della direttiva. Sembrerebbe indispensabile un miglioramento dei BREFs e delle BATs per ridurre le emissioni industriali inquinanti a livelli accettabili sia per la tutela ambientale che per la salute umana. La crisi economica ha influito sulla decrescita delle emissioni, ma la tendenza alla riduzione dei gas inquinanti non sembrerebbe essere ancora sostenuta da efficaci politiche nel regolamentare i livelli di emissione

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