Sulla base di una revisione della letteratura su human herpesvirus 8 (HHV8) e sarcoma di
Kaposi (KS) e sulla distribuzione del KS in Italia (in particolare in Veneto), ipotizziamo che la puntura di insetti
ematofagi sia un cofattore nella sieroconversione per HHV8 e quindi nella trasmissione del virus e forse
nella patogenesi del KS. Potenti sostanze con azione immunomodulante, anticoagulante e vasodilatante,
rilasciate con la saliva degli artropodi, sono responsabili di un microambiente tessutale idoneo alla replicazione
virale. HHV8 in seguito elude il sistema di immunosorveglianza dell’ospite persistendo in maniera
latente nell’organismo infettato. Nell’eventualit`a di deregolazione del sistema immune (invecchiamento),
la risposta locale a nuove punture d’insetti potrebbe indurre l’attivazione del virus e preludere all’insorgenza
del KS. Sebbene la sieroconversione per HHV8 dipenda dall’intimo contatto tra bambino e genitori o
familiari sieropositivi, questa condizione da sola non `e sufficiente a spiegare il pattern epidemiologico della
distribuzione del KS. Il patogeno non verrebbe per`o trasmesso dall’artropode, il quale unicamente prepara
il microambiente cutaneo per il virus. Il virus verrebbe trasmesso con la saliva dei soggetti sieropositivi,
in considerazione della frequente abitudine di leccare e succhiare la cute del bambino in corrispondenza
delle sedi del prurito e delle lesioni da grattamento dovute alle punture. Proponiamo quindi di introdurre
una nuova categoria di artropode importante in medicina, oltre a quelle gi`a definite di vettore biologico
e meccanico, che potrebbe essere denominata «artropode promotore». L’artropode promotore dovrebbe
appartenere ad una specie capace di indurre una reazione di lunga durata di ipersensibilit`a immediata o ritardata,
dovuta alle sostanze iniettate con la saliva. Questo tipo di reazione infiammatoria `e attribuibile a molti
artropodi ematofagi, non necessariamente associati all’uomo, come specie di flebotomi (Phlebotomus spp.),
simulidi (Simulium spp.), moscerini pungenti (Culicoides spp., Leptoconops spp.) e culicini (Ochlerotatus,
Coquillettidia, e Aedes). D’altra parte, i dati epidemiologici non supportano il coinvolgimento della comune
e ubiquitaria zanzara domestica Culex pipiens, n´e della vicaria tropicale Cx quinquefasciatus, verosimilmente
perch´e le loro punture raramente inducono risposte infiammatorie di lunga durata. `E altres`ı improbabile
che i vettori afrotropicali di malaria (Anopheles gambiae e An. funestus), le cimici, o i pidocchi svolgano
alcun ruolo. La peculiare variabilit`a del gene di HHV8 orf -K1 potrebbe essere dovuta all’adattamento
del virus allo specifico microambiente creato dalla risposta immune dell’ospite agli antigeni salivari delle
specie di artropodi ematofagi prevalenti in una data area geografica. L’ipotesi dell’artropode promotore
potrebbe essere testata in modelli animali dato che esistono virus filogeneticamente molto vicini ad HHV8
negli scimpanz`e, gorilla, macachi e saimiri. Ulteriori informazioni potrebbero essere ottenute da indagini
epidemiologiche, ad esempio comparando la sieroconversione di bambini con genitori sieropositivi nati e
residenti rispettivamente in Africa e in Italia e ipotizzando una minore frequenza di punture di artropodi nel
secondo gruppo. La prova pi`u convincente potrebbe essere ottenuta da esperimenti sul campo in un’area ad
alta prevalenza di HHV8 reclutando bambini sieronegativi nati e allevati da genitori o familiari sieropositivi,
e monitorando la sieroconversione in due gruppi randomizzati: il primo naturalmente esposto alle punture
di insetti e l’altro protetto dalle punture con ogni mezzo disponibile (zanzariere impregnate di insetticida,
uso di insetticidi nelle abitazioni, e repellenti). Questo secondo gruppo potrebbe essere ulteriormente suddiviso
in due sottogruppi uno dei quali dovrebbe essere oggetto di un intervento di educazione sanitaria
esortando le madri e altri familiari ad evitare di contaminare con la loro saliva la cute dei figli. Si dovrebbe
infine considerare la possibilit`a che altri virus possano utilizzare, pi`u o meno sporadicamente, questa stessa
tipologia di trasmissione non sessuale (per esempio il virus dell’epatite B)