Gemini, Laura

Italian

Archivio istituzionale della ricerca - Università di Urbino

Il Mulino - RivistewebLaura GeminiLe Arti della Politica. Di fronte al dolore inUcraina. Piccola mappa della reazione artistica allaguerra(doi: 10.3270/104857)Comunicazione politica (ISSN 1594-6061)Fascicolo 2, agosto 2022Ente di afferenza:Università di Urbino (uniurb)Copyright c© by Società editrice il Mulino, Bologna. Tutti i diritti sono riservati.Per altre informazioni si veda https://www.rivisteweb.itLicenza d’usoL’articolo è messo a disposizione dell’utente in licenza per uso esclusivamente privato e personale, senza scopodi lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali. Salvo quanto espressamente previsto dallalicenza d’uso Rivisteweb, è fatto divieto di riprodurre, trasmettere, distribuire o altrimenti utilizzare l’articolo,per qualsiasi scopo o fine. Tutti i diritti sono riservati.ComPol Comunicazione Politica 2/2022, 309-314309 ISSN 1594-6061   @ Società editrice il MulinoStrumentiLe Arti della PoliticaDi fronte al dolore in Ucraina. Piccola mappa della reazione artistica alla guerradi Laura GeminiMentre la guerra in Ucraina è tragicamente in atto, il mondo artistico dice la sua. Essendo nella sua natura entrare in risonanza con l’ambiente sociale, il sistema dell’ar-te sta reagendo a questa «nuova» congiuntura. Di seguito proviamo a vedere come.In realtà può essere interessante notare preliminarmente come effettivamente l’arte abbia intercettato un qualche «sentimento» di guerra – e le tante questioni che ci girano intorno – già prima del 24 febbraio 2022 e abbia delineato attraverso la rappresen-tazione le tracce di quel «futuro anteriore», per dirla con Jean-Pierre Dupuy, che riusciamo a riconoscere pienamente solo adesso. Sono molti i casi che si possono richiamare ma possiamo farcene bastare qualcuno per rendere l’idea. Il primo è lo spettacolo del 2020 The mountain della compagnia di Barcellona Agrupación Señor Serrano che, per indagare il rapporto fra senso del reale e le dinamiche narrative della verità, chiama in causa Putin – in primo piano su un grande schermo sul palco – e scrive «Quando Putin sovvenziona il canale televisivo Russia Today, gli hacker Snake APT o imposta un esercito di falsi account Twitter, lo fa per seminare il caos e il dubbio all’interno della narrativa egemonica delle democrazie liberali occidentali e della loro “missione di pace” nel mondo, e quindi per mettere in dubbio “la verità” a beneficio del ruolo della Russia e della sua politica estera»1. Meno esplicita ma potentemente evocativa è la produzione del 2021 di Motus dal titolo Tutto brucia. Una riscrittura delle Troiane di Euripide che tratta le conseguenze della guerra e la violenza perpetrata contro i soggetti più esposti e vulnerabili. «Mai come adesso – scrive Motus – il lutto ci appare come una questione politica»2. Su questa linea «sensibile» può essere collocato anche il lavoro di Paolo Ciregia (Viareggio, 1987) che ha vissuto e lavorato come fotoreporter in Ucraina documentando, già dal 2014, l’inizio del conflitto russo-ucraino nel Donbass per poi spostare il suo campo di azione nell’arte contemporanea realizzando progetti installativi e fotografici rielaboran-1 https://www.srserrano.com/it/the-mountain/.2 https://www.motusonline.com/tutto-brucia/.Le Arti della PoliticaComPol310do le fotografie della guerra in Ucraina, intervenendo materialmente sulle immagini come nell’opera Glasnost (2015), costruendo la serie Perestroika e poi nel 2018 la serie 125 con lavori che forzano il limite della bidimensionalità. Un modo per creare installazioni e am-bienti che più che attivare la fruizione contemplativa, mirano ad un’esperienza più distur-bante e riflessiva per lo spettatore. Oggi Ciregia afferma di non sentire tanto il bisogno di lavorare sul conflitto ucraino, essendo di fatto un tema che attraversa il suo lavoro, quanto proseguire la sua ricerca incentrata sul potere, la propaganda e il totalitarismo.Ma è con lo scoppio effettivo della guerra che le reazioni del mondo artistico e culturale si sono fatte sentire maggiormente. Soprattutto nelle fasi iniziali del conflit-to la presa di posizione politica ha attraversato il mondo dell’arte e dei contesti affini come quello della moda, a diversi livelli. Basti pensare, nel caso della moda, che la guerra è iniziata nei giorni della fashion week di Milano e, al di là delle polemiche su quella che per alcuni è stata una risposta troppo debole del settore preoccupato dalle ricadute economiche, ci sono state diverse manifestazioni a sostegno del popolo ucraino. Dalle manifestazioni fuori dalle sfilate, ai messaggi di pace dei designer, come quello sul profilo Instagram di Alessandro Michele direttore creativo di Gucci, fino alla decisione di diverse case di moda di chiudere le proprie sedi in Russia. Sul piano simbolico, che poi è uno dei modi con cui la creatività può esprimere una posizione, vale la pena richiamare l’iniziativa di Giorgio Armani di non usare la musica – elemento drammaturgico centrale nelle perfor-mance di moda – durante la sfilata come «segno di rispetto per tutte le persone coinvolte nella tragedia in corso in Ucraina»3. Ancora più significativa la sfilata di Balenciaga per l’autunno-inverno 2022-23 realizzata nell’ambito della fashion week di Parigi, il 6 marzo 2022, al Parc des Expositions du Bourget. Lo stilista georgiano Demna Gvasalia, che già in passato ha realizzato collezioni e sfilate in chiave politica, ha anticipato la sfilata con una lettera nella quale ha dichiarato come la guerra in Ucraina abbia fatto riemergere il trau-ma del conflitto civile degli anni ’90 che ha reso lui stesso un rifugiato e lo abbia portato a mettere in discussione il senso stesso della moda e della presentazione delle collezioni. Convintosi a proseguire ha costruito uno show memorabile. La sfilata si è svolta su una grande pedana circolare, battuta dalla neve e dal vento con modelle e modelli che avan-zavano faticosamente, tenendo in mano i sacchi neri dell’immondizia, segno che richiama la raccolta frettolosa delle proprie cose in chi deve scappare, mentre la musica è stata utilizzata come elemento drammatico altamente suggestivo.In generale le manifestazioni di solidarietà con l’Ucraina e, soprattutto, le prese di posizione contro la guerra, si risolvono in una serie di iniziative volte alla raccolta fondi e all’espressione di vicinanza delle istituzioni culturali attraverso il coinvolgimento degli artisti. È il caso, ad esempio, del progetto curato dal critico Demetrio Paparoni che, per il numero del 6 marzo 2022 del Domani, ha riunito 14 fra i maggiori artisti del panorama contemporaneo delle arti visive e raccolto le opere che hanno realizzato appositamente per esprimere la propria visione del conflitto ucraino. Dal caccia militare di Robert Longo, al 3 https://tg24.sky.it/spettacolo/2022/02/27/guerra-russia-ucraina-milano-fashion-week#03.Le Arti della PoliticaComPol311cuore sanguinante di Francesco Clemente, dall’immagine con la scritta «I cannot hide my anger» di Monica Bonvicini a quella con la scritta PUTIN in rosso su una campitura sangui-nante dell’artista russo Andrei Molodkin. C’è anche il lavoro dell’ucraino di base a Mosca Oleg Kulik – che rappresenta un uomo braccato da due cani che sventola una bandiera ucraina – insieme a figure come Anish Kapoor, Mimmo Paladino, Paola Pivi e Julian Schna-bel che, nella copertina del giornale, propone l’immagine della cartina dell’Ucraina con la scritta «Nothing to be gained here». Sulla stessa linea di azione solidale può essere collocata la creazione del pro-filo Instagram PUTINPEACE – Artists United Against War – da parte dei fotografi Fabrizio Spucches, Andrea Ferri e del designer Umberto Cofini che raccoglie oltre alle opere dei tre fondatori, realizzate durante il viaggio al confine tra Romania e Ucraina e in Moldavia per documentare e offrire un sostegno alla popolazione, lavori provenienti da grandi persona-lità della fotografia come Oliviero Toscani, della moda come Jean-Charles de Castelbajac, dell’arte come TvBoy. La galleria, che verrà chiusa soltanto a guerra finita, contiene le opere messe in vendita nella campagna online The Peace of Art promossa nei primi giorni di aprile con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alle vittime.Le istituzioni culturali si sono mosse anche per sostenere e dare visibilità alle artiste e agli artisti ucraini. È il caso della mostra Ukraine Short Stories, un fuori programma del MAXXI che ha portato a Roma la collezione di 140 opere di artisti ucraini contempora-nei che fanno parte del progetto Imago Mundi Collection di Luciano Benetton del 2015 nato con l’idea di mappare le diverse esperienze artistiche contemporanee nel mondo e curato da Solomia Savchuk, Head of Contemporary Art al Mystetskyi Arsenal di Kiev a seguito dello scoppio della guerra del Donbass, nel 2014. Evento che ci siamo abituati a conside-rare il prodromo di un conflitto tra Russia e Ucraina che si protrae da otto anni ed esploso con la guerra in corso. Le opere esposte trattano dunque diversi aspetti e nascono dalle storie, personali e umane, vissute e incontrate dagli artisti: le parole trascritte da Alevtina Kakhidze (in Untitled, 2015) che sono quelle della madre che le racconta al telefono la sua quotidianità nella città occupata di Ždanivka, nella regione di Donetsk; la difficoltà di defi-nirsi nella società post-sovietica in Leviatan series di Victor Sydorenko, opera composta di figure umane che fluttuano nello spazio; la denuncia degli interessi del potere politico di Illya Chichkan in Monkey Business/Dough in un’opera che rappresenta un dollaro tagliato a metà e ricomposto; la problematica questione di genere nel ritratto di una figura en travesti Andrella (2015) di Taya Galagan e così via. Sul fronte della street art, campo dell’arte visiva particolarmente efficace a promuovere e divulgare contenuti politici e statement di protesta, un articolo su Wired4 rintraccia diversi murales e graffiti dedicati all’Ucraina apparsi un po’ in tutto il mondo. Solo per richiamare qualche esempio, a Poznań in Polonia lo street artist Kawu raffigura Putin e Zelensky rispettivamente come Voldemort e Harry Potter; a Danzica l’opera di Jakub Sobczac ricrea la forma dello Tryzub, lo stemma simbolo dell’Ucraina, un altro murale – par-4 https://www.wired.it/gallery/ucraina-street-art-contro-guerra/.Le Arti della PoliticaComPol312te di una serie di opere di street art contro la guerra – e realizzato dallo street artist Tuse, si trova lungo i binari della stazione e raffigura Putin, Hitler e Stalin, con gli occhi coperti dalle parole «No More Time»; a Binnish, in Siria, un graffito solidale con l’Ucraina appare sul muro di una casa distrutta mentre a Roma si trova l’opera di Laika in cui due donne, una vestita con i colori ucraini e l’altra con quelli russi, si abbracciano sopra la parola mir che significa pace mentre a Buenos Aires, Maximiliano Bagnasco ha realizzato un ritratto che affianca Helena, l’insegnante ferita nei primi giorni di guerra a Chuhuiv e diventata uno dei simboli dell’invasione russa, all’immagine altrettanto iconica della bambina che cerca di sfuggire agli effetti del Napalm durante la guerra del Vietnam nel 1972. Sicuramente più nota è l’opera utilizzata come cover sul Time del 28 marzo dello street artist francese JR. Si tratta dell’installazione esposta nella piazza di Leopoli e re-alizzata con la gigantografia dell’immagine della bambina fotografata da Artem Iurchenko mentre viene accolta in Polonia con sua madre. Nell’alveo della produzione e diffusione di immagini legate al trauma – di cui quelle di questa guerra in particolare non sono che un’ulteriore dimostrazione della neces-sità di convogliare nella rappresentazione un qualche processo di elaborazione simbolica – gioca un ruolo significativo il campo della produzione fotografica. Nel confine fra foto-giornalismo ed fotografia d’arte va richiamato il lavoro del reporter, fotografo freelance e filmaker Evgeniy Maloletka che ha realizzato il progetto RUSSIA UKRAINE WAR con una serie di scatti – visibili sul suo profilo Instagram e sul sito insieme ad altri progetti come ad esempio Covid-19 – che oltre ad essere una testimonianza diretta di quello che sta av-venendo, funzionano da epifanie negative – come direbbe Susan Sontag (1977; 2003) – e attivano quelle topiche del dolore che Luc Boltanski (2000) ha definito del sentimento e della denuncia, senza cadere però in quella dell’estetica più superficiale e contemplativa. Come succede per la foto che i giornali titolano «la morte del piccolo Kirill» che, similmen-te al triste caso di Alan Kurdi, il bambino siriano trovato morto sulla spiaggia, è diventa un’altra delle icone del dramma dei civili nel nostro tempo. La foto ritrae la disperata corsa dei genitori all’entrata dell’ospedale con il bambino esanime in braccio. Un altro esempio di quell’imago pietatis che, come spiega Fausto Colombo (2018), trova nell’immagine del bambino sofferente, efficacissima nel fotogiornalismo, il simbolo più potente dell’innocen-za ferita nelle situazioni di guerra.Un altro degli aspetti con cui il mondo artistico si è dovuto confrontare è anche quello del boicottaggio culturale, che ha visto penalizzare anche artiste e artisti russi che hanno espresso una posizione contraria all’invasione dell’Ucraina. A questo pro-posito la testata online Altre Velocità5 raccoglie una serie di manifestazioni di resistenza che vanno dalle dimissioni di Elena Kovalskaya, direttrice del Meyerchold Center Theater di Mosca, di Tugan Sokhiev, direttore del Bolshoi e di alcuni direttori dei musei russi, alle lettere aperte inviate a Putin come quella del regista teatrale Lev Dodin o dei poeti russi e 5 Nel dissenso totale alla guerra, no al boicottaggio culturale, https://www.altrevelocita.it/nel-dissenso-totale-alla-guerra-no-al-boicottaggio-culturale/.Le Arti della PoliticaComPol313russofoni inviate ai «colleghi ucraini». Sempre su Altre Velocità, in un’intervista al regista e attore Teodoro Bonci del Bene6, laureato alla Moskow Theatre Art School e fra i principali divulgatori italiani del teatro russo odierno, dà conto di una situazione complessa condi-zionata dalla mancanza di libertà di espressione che delinea uno scenario molto cambiato anche rispetto al pubblico della cultura. Una situazione vitale in cui agivano istituti come il Centro Mejerchol’d e il Centro Gogol’ che raccoglievano vari tipi di pubblico e pro-grammavano proposte interessanti, non riescono a prendere una posizione pubblica anche perché agli artisti viene impedito di parlare della guerra e di affrontare tematiche non gradite all’establishment. Fa eccezione, oltre ai casi sopra menzionati, il famoso regista e drammaturgo Ivan Vyrypaev che ha trasmesso attraverso l’emittente televisiva Meduza, un appello rivolto a 40 teatri statali russi che mettono in scena le sue opere, come il Teatro d’Arte di Mosca, dove dichiara che devolverà una percentuale dei suoi proventi ai fondi di soccorso per rifugiati ucraini. Nello stile di scrittura tipico dei suoi testi teatrali, dice Vyrypaev: «E il pubblico che, in Russia, compra i biglietti per i miei spettacoli dovrebbe sapere che comprando un biglietto per la vostra rappresentazione della mia opera, sta anche dando un contributo concreto per aiutare gli ucraini tragicamente colpiti e, almeno, in qualche misura (ovviamente, incredibilmente piccola) compensare il danno mostruoso che la Russia sta infliggendo all’Ucraina. Sono particolarmente felice di annunciare la mia decisione al Teatro BDT, al Teatro Nazionale e al Teatro d’Arte di Mosca, perché le royalties di questi teatri sono molto più alte di quelle di tutti gli altri teatri messi insieme. Così, insieme a voi, stiamo già iniziando a fare quello che un giorno (ne sono assolutamente sicuro) farà l’intera nazione russa. Questa lettera sarà pubblicata nei media, sui social network e sul mio sito web, in modo che la nostra azione per aiutare gli ucraini sia seguita sia in Russia che all’estero. Grazie per essere insieme». Chiudiamo così questa piccola mappa, gioco forza incompleta, delle reazioni del mondo culturale e artistico alla situazione ucraina. Dovrebbe bastare però a ribadire quanto questo sistema sia «irritabile» dal suo ambiente, quali siano le armi espressive che può usare e che tipo di azione possa intraprendere in nome della libertà e della sua funzio-ne politica e sociale. Forse l’arte non può farci cambiare idea, ma può metterci di fronte al dolore degli altri e alla responsabilità di non sottrarci.6 https://www.altrevelocita.it/oggi-in-russia-intervista-a-teodoro-bonci-del-bene-con-una-lettera-di-ivan-vyrypaev/.Le Arti della PoliticaComPol314Riferimenti bibliograficiBoltanski, L. (2000). Lo Spettacolo del dolore: morale umanitaria, media e politica. Milano: Cortina. Colombo, F. (2018). Imago pietatis. Indagine su fotografia e compassione. Milano: Vita & Pensiero.Sontag, S. (1977). Sulla fotografia: realtà e immagine nella nostra società. Torino: Einaudi. Sontag, S. (2003). Davanti al dolore degli altri. Milano: Nottetempo.

Di fronte al dolore in Ucraina. Piccola mappa della reazione artistica alla guerra

https://ora.uniurb.it/bitstream/11576/2706070/1/Gemini-Di%20fronte%20al%20dolore%20in%20Ucraina.pdf

Di fronte al dolore in Ucraina. Piccola mappa della reazione artistica alla guerra

Abstract

Similar works

Full text

Available Versions

Archivio istituzionale della ricerca - Università di Urbino