La tesi è dedicata alla stereotomia antica con particolare riguardo all’ambito latino. Con tale termine si indica quella tecnica costruttiva in pietra da taglio per la realizzazione di superfici voltate complesse, scienza che implica l’elaborazione concettuale della forma, dei manufatti e delle loro singole parti, nello spazio. Essa costituisce il bagaglio di saperi teorici e pratici relativi al disegno e all’apparecchiatura delle strutture voltate, utili alla loro configurazione finale. L’assenza fino all’epoca rinascimentale di trattati e disegni lascia intendere che tale pratica abbia origini relativamente recenti, portando gli studiosi a ipotizzare che quei casi di epoche più antiche, riconducibili alla stereotomia per le loro caratteristiche costruttive, fossero casi fortuiti. L’obiettivo della tesi è quello di avanzare un’ipotesi storiografica secondo la quale la pratica della stereotomia in antichità fosse legata ad una forma di artigianato locale, legato al territorio e ai materiali da lavorazione, un bagaglio di conoscenze pratiche trasmesse oralmente prima della loro più tarda traduzione in forma scritta. Il percorso di studio prevede l’analisi di tre opere, scelte come casi studio secondo le loro caratteristiche configurative e strutturali, per avvalorare tale tesi e si basa inoltre sullo studio della letteratura antica quale unica fonte testuale di riferimento, in assenza di manuali e capitolati scritti risalenti all’epoca classica e pre-classica presa in esame