Il Piano paesaggistico della Sardegna ha radicalmente innovato la cultura del paesaggio in ambito
regionale, avviando per la prima volta una moderna strategia delle “identità sostenibili” e dandole
strumenti che ancora, dopo 15 anni, dimostrano una sostanziale tenuta. Tuttavia, nel 2004 il PPR viene impostato per fare argine all’occupazione
edilizia del territorio costiero, e rinvia sostanzialmente la “questione rurale”, largamente sovrapposta al tema delle Aree interne, proprio quelle
rimaste escluse dal PPR stesso. Anche se questa indispensabile integrazione a distanza di 15 anni non si è ancora concretizzata, a partire dal 2015 si dà avvio ad un progetto di ricerca congiunta Regione-Università dedicato ai paesaggi rurali, destinato a colmare, almeno in parte, il divario di
conoscenze e di linee guida progettuali in materia. Peraltro, questa ricerca si svolge in un momento in cui le grandi crisi contemporanee danno
una nuova prospettiva alle strategie per lo sviluppo sostenibile. In particolare – come del resto era
stato già anticipato nei principi posti alla base del PPR - quello che è stato percepito a lungo come un vincolo, la modernizzazione imperfetta e lo sviluppo insufficiente e comunque continuamente interrotto, alla luce dei concetti di resilienza/antifragilità, e di transizione ecologica, può essere
interpretato invece come una risorsa. Questo saggio propone un primo bilancio di questa ricerca, della sua impostazione e dei suoi esiti. E
giunge alla conclusione che nell’era delle grandi crisi, pandemiche e soprattutto climatiche, e del Green Deal europeo, il paesaggio rurale assume
nuovi e decisivi ruoli