Scena interlocutoria e paradigma giudiziario nelle scritture italiane della migrazione

Abstract

Within the field of studies about the so-called Italian Migrant Literature it is possible to identify two approaches that can be ascribed to the “Law and Literature” movement. The first one consists in focusing on the provisions of the Law which are the pre-text or the sub-text of many immigration novels. The second approach considers the migrant writings as acts of talking back requesting for justice through the singularity of personal narrative which is in contrast with the normative and objectifying narratives of the official discourse. My paper is aiming to propose a different key of reading which is focusing both on the wider normative framework in which migrant writings are caught and on the interlocutory scene that I consider as a recurrent structure of auto-hetero-biographic and fictional narratives of migrants. Its dynamics become allegory of an inquisitory and judiciary paradigm permeating the “welcoming society” and deriving from the categories of “State thought” through which immigration is conceived and narrated by the law and migratory policies and to which migrant writings sometimes “talk back” by means of parodic quotations and rephrasing understood as possible practices of resistance. Nel campo di studi che ha per oggetto la cosiddetta letteratura migrante si possono individuare due approcci ascrivibili al filone di ricerca “Law and Literature”: il primo consiste nel rintracciare le disposizioni di legge che costituiscono il pre-testo o il sotto-testo di numerosi racconti e romanzi della migrazione; il secondo nel guardare alle scritture migranti come atti di talking back che pongono al/alla lettore/trice una domanda di giustizia proprio attraverso la singolarità di una narrazione personale che si contrappone alla presa oggettivante del discorso ufficiale. Nell’intervento si tenterà di proporre una chiave di lettura ulteriore che si concentra, da un lato, sul più ampio quadro normativo entro cui sono prese le scritture della migrazione e, dall’altro, sul problema della “scena interlocutoria”, come struttura ricorrente esterna e interna alla diegesi delle narrazioni auto-etero-biografiche e finzionali degli/delle immigrati/e, le cui dinamiche diventano allegoria di un paradigma inquisitorio e/o giudiziario pervasivo nella “società d’accoglienza” e che deriva dalle categorie del “pensiero di Stato” attraverso cui l’immigrazione viene concepita e narrata dalla legge e dalle politiche migratorie, e a cui la letteratura talvolta “risponde” attraverso un’iterazione citazionale e parodica che permette al contempo di immaginare delle possibili pratiche di resistenza.&nbsp

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