Si tratta di un Editoriale che prende in considerazione la prospettiva "sindemica" della CoViD-19, da preferirsi a quella "pandemica" in quanto capace di tradursi in una visione "olistica" di questa drammatica emergenza planetaria

Di Guardo G.

Zagà V.

Italian

Zagà V.

Archivio della Ricerca - Università degli Studi di Teramo

Editoriale   CoViD-19, una sindemia ancor prima che una pandemia!     Giovanni Di Guardo, Vincenzo Zagà   Fu Merrill Singer, un antropologo medico statunitense, a coniare e ad introdurre per la prima volta in ambito biomedico, negli anni '90 del secolo scorso, il termine "sindemia", successivamente esplicitato in veste più compiuta ed articolata in un editoriale a firma del medesimo studioso e collaboratori, pubblicato nel 2017 sulla prestigiosa Rivista The Lancet [1]. Come molte altre espressioni comunemente utilizzate nelle scienze e nelle discipline biomediche, la parola "sindemia" deriva anch'essa dal greco e starebbe ad indicare tutta una serie di condizioni morbose "concomitanti", con particolare riferimento alle "malattie non trasmissibili", quali in primis affezioni cardio-circolatorie, respiratorie croniche, dismetaboliche come diabete, obesità e tumori, nonché un insieme di situazioni e variabili "socio-economiche" (densità demografica, livello igienico-sanitario e d'istruzione, indice di povertà, etc.), "climatologico-ambientali" (cambiamenti climatici, riscaldamento globale, deforestazione, desertificazione, etc.) ed errati “stili di vita” (fumo di tabacco, sedentarietà, costumi ed abitudini alimentari, come ad esempio la diffusa frequentazione dei c.d. “wet markets” da parte della popolazione cinese), che andrebbero tenute nella massima considerazione ai fini di una corretta lettura ed interpretazione dei dati relativi all'andamento ed all'evoluzione di qualsivoglia "malattia infettiva", a maggior ragione ove la stessa assumesse una diffusione globale, come nel caso della "pandemia da SARS-CoV-2”.  Questa visione “olistica” delle pandemie di Merrill Singer, mirabilmente riassunta nell’espressione “sindemia”, è stata recentemente ripresa dal Direttore di The Lancet, Richard Horton, con un editoriale dall’eloquente titolo “COVID-19 is not a pandemic” [2], al precipuo fine di sottolineare il coinvolgimento globale, in senso interattivo, di ciascun essere vivente - e non soltanto di quelli appartenenti alla specie Homo sapiens sapiens - nella vita del nostro Pianeta, così come nella genesi e nella diffusione della pandemia da SARS-CoV-2. Partendo da tali presupposti, Horton esorta a “non ridurre questa crisi mondiale ad una mera malattia infettiva” in quanto la CoViD-19 “non è la peste nera né una livella”, ma bensì “una malattia che uccide (soprattutto) persone svantaggiate e fragili da tanti punti di vista”. E, conclude, “senza riconoscere e senza intervenire sulle concause grazie alle quali il virus diventa letale, nessuna misura sarà efficace. Neppure un vaccino”.  Infatti, sebbene non sussista il benché minimo dubbio rispetto al fatto che la CoViD-19 rappresenti un'emergenza planetaria, tristemente denotata dagli oltre 80 milioni di casi e dalle circa 1.800.000 vittime (73.000 e più delle quali nel nostro Paese, alla data del 31 Dicembre 2020) che SARS-CoV-2 - il settimo coronavirus umano - ha oramai mietuto, sarebbe "riduttivo" considerare la CoViD-19 "semplicemente" alla stregua di una "pandemia". Pertanto, in una visione “sindemica” della pandemia, sarebbe opportuno parlare di tassi di letalità e/o morbilità considerando le interrelazioni tra evento infettivo, patologie e situazioni ambientali, sociali e comportamentali, che agirebbero rafforzando ed aggravando, come in un circolo vizioso, la diffusione e la letalità del virus. I comportamenti e gli “stili di vita” possono condizionare lo stato di salute causando, come è ben noto, una serie di affezioni morbose quali diabete, ipertensione, BPCO, cardiopatie e tumori, polmonari e non, che diverrebbero pertanto un “pabulum” ideale ed una sorta di “loci minoris resistentiae” quanto ad esaltazione della patogenicità di SARS-CoV-2 [3]. A tal proposito, la gran parte delle comorbilità associate all’infezione da SARS-CoV-2, con particolare riferimento a quelle caratterizzate da prognosi severa quando non infausta [4], sarebbero presenti soprattutto in soggetti maschi della terza e quarta età [5], un segmento di popolazione particolarmente rappresentato nel nostro Paese, che per indice di longevità ed aspettativa di vita detiene un autentico primato a livello globale [3]. Tutte queste patologie che accrescono il rischio di complicanze a seguito d’infezione da SARS-CoV-2, quali la maggior parte delle affezioni cardio-respiratorie croniche, dismetaboliche e neoplastiche [3], sarebbero determinate in larga misura da errati stili di vita. Tra questi, un importante fil rouge che le unisce è rappresentato dal tabagismo, che mostra una diffusione oggettivamente pandemica [6], che interessa oramai 1 miliardo e 300 milioni di fumatori in ogni angolo del Pianeta, con una strage/ecatombe che ogni anno supera i 7 milioni di decessi per   patologie fumo-correlate [7,8]. Per non parlare, poi, delle summenzionate variabili "socio-economiche" e "climatologico-ambientali", la cui parallela analisi e valutazione renderebbe ragione, ancor più esaustivamente, della bontà della "prospettiva sindemica" rispetto a quella "pandemica". Per fare alcuni esempi rispetto alla prima componente, l'infezione da SARS-CoV-2 ha assunto e continua a presentare caratteri di particolare gravità in certi contesti geografici caratterizzati da un'elevata densità demografica, nonché da notevole povertà, indigenza, promiscuità sociale e basso livello d'istruzione (come accade, a titolo puramente esemplificativo, per la comunità afro-americana statunitense, in cui è particolarmente diffuso, peraltro, il fumo di tabacco).  Per quanto riguarda invece la componente "climatologico-ambientale", il progressivo aumento delle temperature medie registrate sul nostro Pianeta nel corso degli ultimi 140 anni (con particolare riferimento all'ultimo quinquennio), di origine chiaramente antropogenica, unitamente alla progressiva desertificazione e deforestazione, complici anche i drammatici incendi registratisi nel recente passato, oltre al crescente quanto dissennato sfruttamento del suolo in attività di agricoltura intensiva, agirebbero in maniera reciprocamente sinergica come una poderosa “vis a tergo" capace di accrescere e moltiplicare, al contempo, le occasioni di interazione della nostra specie e degli animali domestici con le specie selvatiche. Queste ultime possono fungere infatti, come nel caso di pipistrelli e roditori, da "serbatoi" nei confronti di una folta gamma di agenti patogeni. Ed è in tal modo che si realizzerebbe il cosiddetto "salto di specie" fra animali e uomo (alias "spillover"), strettamente connesso all'ampliamento delle "interfacce ecologiche" e che troverebbe la propria base esplicativa, a sua volta, nei succitati fattori causali. E' bene ricordare, in proposito, che almeno il 70% degli agenti (virali e no) responsabili di "malattie infettive emergenti" nella nostra specie riconoscerebbero un comprovato o sospetto serbatoio animale [9] ed anche SARS-CoV-2, al pari di SARS-CoV e MERS-CoV (gli altri due "famosi" beta-coronavirus umani che lo hanno preceduto), non costituirebbe un'eccezione alla regola. Da quanto sopra esposto si evince chiaramente come l'approccio "olistico" rappresenti la chiave di volta non solo per affrontare e gestire al meglio, ma anche per prevenire e prevedere le future emergenze pandemiche. Si tratta, in altri termini, di "giocare d'anticipo" rispetto all'agente di malattia, prevedendone e disegnandone anticipatamente l'origine, la comparsa e le relative traiettorie diffusive ed evolutive, in una sana visione strategica "d'insieme" (altro che la fallace dimensione "ospedalocentrica" che ha tenuto banco nella gestione dell'emergenza CoViD-19!), concetto mirabilmente riassunto dall'espressione "One Health", secondo cui salute umana, animale ed ambientale costituirebbero, ancor prima di una "triade", un "unicum" reciprocamente ed indissolubilmente interconnesso.  In una sana prospettiva di approccio "a 360 gradi", risulterebbe pertanto più che giustificato e corretto il ricorso alla parola "sindemia", da preferirsi decisamente rispetto al termine "pandemia".                            CoViD-19, a syndemic well before a pandemic disease!  The term "syndemics", another word derived from the ancient Greek language, was introduced for the first time during the '90s in the biomedical language by Dr Merrill Singer, an American medical anthropologist, who several years later signed, along with others, a popular editorial on this topic [1]. Indeed, the expression "syndemics" applies to a number of preexisting or concurrent disease conditions - with special emphasis on chronic, "non-communicable illnesses" like cardio-circulatory, hypertensive and neoplastic disorders - as well as to a variety of "socio-economic" (demographic density and distribution, educational, poverty and hygiene levels, social promiscuity, etc.), "climatological-environmental" (climate change, global warming, desertification, deforestation, use of land for agricultural purposes, etc.) and “lifestyle” (cigarette smoking/tobacco consumption, sedentary lifestyle, alimentary habits like eating foods of animal origin from “wet markets” as it commonly occurs among Chinese people, etc.) parameters/variables, which should be taken into adequate account when analyzing and evaluating the data, numbers and trends of any infectious disease condition. This is particularly true when dealing with "globally distributed" infections like the "SARS-CoV-2/CoViD-19 pandemic", the numbers of which at the end of 2020 have exceeded 80 million cases, with 1,800,000 deaths worldwide. Such an “holistic” vision of pandemics by Merrill Singer, which is well summarized by the term “syndemics”, has been also the focus of a recent article by Dr Richard Horton, the Chief Editor of The Lancet, in an editorial titled “CoViD-19 is not a pandemic” [2]. This paper was mainly aimed at underlying the mutual interactions occurring, at a global level, among each living creature and not just within mankind, with this additionally representing the explanatory key for life on Earth as well as for the origin and spread of the SARS-CoV-2 pandemic. Based upon the above, Dr Horton invites us to look at this global crisis “not merely as an infectious disease”, since “CoViD-19 is not Black Death” but, instead, “a disease killing (mostly) disadvantaged and fragile people”. And, Richard Horton concludes, “without identifying and without intervening on the cofactors making SARS-CoV-2 a lethal virus, no measure will be truly effective. Not even vaccines”.  In this respect, and just to make some examples aimed at providing a "clear-cut perception" of the CoViD-19-associated/related "syndemic dimension", we could mention the many and serious hurdles frequently met by patients affected by preexisting illnesses, such as cardiovascular and tumour disease conditions, in getting proper access to health care and assistance as well as to their respective therapeutic regimens. Beside ranking among the most common causes of death in the Western world, cardiovascular and neoplastic disorders show a much higher prevalence in older people, who also represent the population segment more commonly affected by the most severe CoViD-19 clinico-pathological disease phenotypes. And, as it is also well known, cardiopathic, hypertensive and neoplastic patients, with special reference to male subjects, are more prone to develop particularly impacting CoViD-19 forms, with the heaviest death toll regarding just these individuals [3]. Said in other words, these patients appear to be the victims of a "paradox", provided their preexisting disease conditions, which render them more "fragile" towards the most severe clinico-pathological forms of CoViD-19, will not benefit in many cases from a level of health care and assistance comparable to the one the same individuals received in the "pre-CoViD-19 era"! Therefore, in view of a “syndemic” perspective of the current CoViD-19 pandemic, it would be more appropriate to deal with lethality and/or morbidity rates taking into adequate account the relationships existing between SARS-CoV-2 infection and concurrent disease, environmental, social and behavioural conditions. Indeed, the latter ones would generate a sort of “vicious circle”, thereby enhancing viral spread and pathogenicity.    More in detail, individual behaviours and “lifestyles” may affect the health status, thus promoting the development of disease conditions like diabetes, COBP, cardiovascular disorders and tumours, both pulmonary and extra-pulmonary, with all the aforementioned - as well as other simultaneously occurring – illnesses serving as an “ideal pabulum” increasing SARS-CoV-2 infection’s virulence and pathogenicity [3]. In this respect, most of CoViD-19-associated comorbidities, with special emphasis on those characterized by a more severe prognosis [4], would mainly affect male and elderly patients [5], a population segment particularly represented in Italy, which ranks among the first Countries worldwide for longevity- and life expectancy-related parameters [3]. All of these pathologic affections and, especially,  chronic cardio-respiratory, dysmetabolic and neoplastic disorders, which are known to increase the risk of developing severe CoViD-19 forms [3], mostly result from incorrect lifestyles and habits. Within this framework, a relevant “common denominator” is represented by smoking, with an estimated over 1,300,000,000 smokers living on Earth [6] and with smoke-related deaths exceeding 7 millions each year [7,8].  The “syndemic” perspective of CoViD-19 is clearly shown also by a number of “socio-economic” and “climatological-environmental” variables. As a matter of fact, clusters of severe SARS-CoV-2 infection cases have been reported in geographical areas characterized by a high population density and by low economic income and educational level, as well as by social promiscuity and/or lack of hygiene and respect of viral spread mitigation measures (as it happens, for example, among the Afro-Americans living in USA, who are also very used to smoking).  Furthermore, the progressive increase in the mean temperatures throughout the last 140 years (especially for the 6 years period 2015-2020, with 2020 being the hottest year ever recorded on Earth), accompanied by enhanced desertification and deforestation - the latter originating also from the dramatic fires occurred in many geographical areas of the Planet in the recent past -, together with the alarming land loss due to intensive agriculture, would act synergistically in multiplying the chances of mutual interaction(s) between us and domestic animals, on one side, and wild animal species, on the other. As in the well-documented cases of bats and rodents, wild animals may serve, in fact, as "reservoirs" for a large number of infectious pathogens, thereby making possible - under the influence of the conditions cited above - the "spillover" of these agents from "wildlife" to humans. We should firmely keep in mind, within such context, that no less than 70% of the pathogens - both viral and non-viral - responsible for the so-called "emerging infectious diseases" have either a documented or suspect origin from a "primary" wild animal host [9]. This seems to apply also to SARS-CoV-2 as well as, with certainty, to its two "betacoronavirus predecessors", namely SARS-CoV and MERS-CoV. Based upon the above, an "holistic" approach efficiently summarized by the "One Health" concept, reciprocally and tightly linking human, animal and environmental health, would represent the "winning solution and formula" to be adopted in order to adequately tackle and foresee - with the strategic aid of "artificial intelligence, most hopefully - all the future epidemics and pandemics. As a consequence, this would also render the use of the term and adjective "syndemic" more appropriate than "pandemic" when dealing with similar global emergencies.  Bibliografia  1. Singer M, Bulled N, Ostrach B, Mendenhall E. Syndemics and the biosocial conception of health. Lancet 2017; 389:941-50. 2. Horton R. Offline: COVID-19 is not a pandemic. Lancet 2020; 396:874. 3. Albini A, Di Guardo G, Noonan DM, Lombardo M. The SARS-CoV-2 receptor, ACE-2, is expressed on many different cell types: Implications for ACE-inhibitor- and angiotensin II receptor blocker-based cardiovascular therapies. Intern Emerg Med 2020; 15:759-66. 4. Yang H, Yang LC, Zhang RT, Ling YP, Ge QG, Beijing DA, Xue X, Bao Y, Xue B. Risks factors for death among COVID-19 patients combined with hypertension, coronary heart disease or diabetes.  J Peking Univ Health Sci 2020; 52:420-4. 5. Zagà V, Gallus S, Gorini G, Cattaruzza MS. Why coronavirus is more deadly among men than among women? A smoking hypothesis. Tobaccology 2020; 1:21-9. 6. Zagà V, Gorini G, Amram DL, Gallus S, Cattaruzza MS. Tobacco epidemic or tobacco pandemic? Tabaccologia 2020; 4: 2-3. 7. Cattaruzza MS, Zagà V, Gallus S, D’Argenio P, Gorini G. Tobacco smoking and CoViD-19 pandemic: Old and new issues. A summary of the evidence from the scientific literature. Acta Biomed 2020; 91:106-12. 8. Østbye T, Taylor DH, Jung SH. A longitudinal study of the effects of tobacco smoking and other modifiable risk factors on ill health in middle-aged and old Americans: Results from the “Health and Retirement Study” and asset and health dynamics among the oldest old survey. Prev Med 2002; 34: 334-45. 9. Casalone C, Di Guardo G. CoViD-19 and mad cow disease: So different yet so similar. Science 2020 (https://science.sciencemag.org/content/368/6491/638/tab-e-letters).   

CoViD-19, una sindemia ancor prima che una pandemia!

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CoViD-19, una sindemia ancor prima che una pandemia!

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