L’impatto del Coronavirus nella nostra società ha rivelato la presenza di molte realtà e condizioni che hanno espresso gravi margini di problematicità. La crisi sanitaria ha mostrato, in questo senso, la crisi sociale e culturale antecedente che in modo strisciante e pervasivo, insinuata nelle pieghe del sistema economico e socio-culturale contemporaneo, ha teso a cristallizzare disuguaglianze sociali e discriminazioni, generando esclusione, degrado, abbandono; in particolare, in quelle frange di popolazione che, per ragioni connesse ad una condizione di iniquità economica, ovvero di disabilità fisica o mentale, rientrano nella sfera del disagio e della marginalità. Le distanze e le iniquità clamorosamente emerse offrono l’occasione di riformulare i tempi e i modi dell’essere-in-relazione a partire da una interpretazione culturale dei problemi che guardi al soggetto nella sua unicità. Il presente contributo, a partire dalle condizioni di estremizzazione del disagio sociale rivelate dalla diffusione della pandemia Covid, intende dunque mettere in luce la centralità che la formazione culturale e professionale degli educatori socio- pedagogici assume sia nella costruzione di competenze per l’inclusione, sia come viatico di una rifondazione della società centrata sulla persona, nella proposta di interventi di cura in chiave fenomenologica