Boethius, Axel

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ARCTOS ACTA PHII-40LOGICA FENNICA NOVA SERIES VOL. V HELSINKI 1967 HELSINGFORS Leiv Amundsen Ger hard Bendz Eric Berggren Axel Boethius Patrick Bruun Iiro Kajanto Heikki Koskenniemi Saara Lilja Georg Luck Dag Norberg Jaakko Suolahti J.Svennung Holger Thesleff Rolf W estman Erik Wistrand Heikki Solin INDEX Horace, Carm. I. 3· Par similisque A new approach to the closing centuries of Etrus-can history: A team-work project . Nota sui tempio capitolino e su Vitruvio Ill, 3· 5· The foedus Gabinum . Contributions to Latin morphology Epistula Sarapammonis P.S.I. 1412 particula aucta Indebtedness to Hecataeus in Herodotus II 70-71 Die Schrift vom Erhabenen und ihr Verfasser . Le debut de l'hymnologie latine en l'honneur des saints The origin of the story about the first Marathon-7 23 29 45 79 85 97 115 runner . I 27 Zur Textkritik des Apologeticus Orosii . 135 Stimmungsmalerei oder Burleske? Der Stil von Plat. Phaidr. 230 be und seine Funktion . 141 Zur Kenntnis der altesten Handschrift von Cice-ros Orator On the problem of Catalepton 3 . Bibliographie von Henrik Zilliacus 157 169 1 77 NOTA SUL TEMPIO CAPITOLINO E SU VITRUVIO III, 3·5· Axel Boethius Nel libro terzo, dove descrive le varie piante dei templi, Vitruvio parla (III, 3·5) di quelli araeostyli, e fra questi nomina il tempio di Giove Capi-tolino. Dice- secondo la traduzione del FERRI- che )>questi templi appaiono come un uomo a gambe aperte, pesanti, bassi e larghi>>. Nel suo testo latino-ipsarum species sunt varicae, barycephalae, humiles, latae - introduce la parola varicae invece della parola parice o paryce, tramandateci dai manoscritti. Secondo il Prof. E. WrsTRAND, eminente conoscitore di Vitruvio, si tratterebbe però semplicemente, in questo caso, di una dittografia di tipo comune: paryce o parice invece di barycephalae. Alla luce di questa interpretazione, che anch'io condivido, il testo può essere stato: ipsarum species sunt barycephalae, humilesJ latae.1 A parte questa, secondo me, evidente correzione della brillante traduzione e del testo del FERRI e di quasi tutti i suoi predecessori, nell'affermazione citata da Vitruvio ci incontriamo in un difficilissimo e complicato problema. Da parte mia ho citato la parola humilis contro una ricostruzione del Tempio Capitolino arcaico presentata da E. GJERSTAD. In essa infatti propone un'al-tezza delle colonne (m. r6,58) che a me sen1bra assolutamente da escludere per un tempio etrusco del sesto secolo, come lo era quello capitolino secondo la tradizione romana (509 a.C.). Il GJERSTAD ha però arricchito la mia critica con un contributo di maggior rilievo alla discussione, affermando che il passo Vitruviano, da me usato per provare che i vecchi templi etruschi erano bassi (humiles), >>si rifereisce a templi 1 Per i manoscritti e le edizioni del KROHN (Teubner 1912), FERRI (Roma 1g6o), FENSTER-BUCH (Darmstadt 1964) ed altri cfr. WISTRAND >>Vitruv uber den kapitolinischen Tempeh>, Eranos LXIV (rg66), 128-132. La prima critica edizione di Vitruvio, curata do V. RosE e H. MuLLER STRUBING (Leipzig 1867), omise senz'altro parice-paryce, come adesso il WrsTRAND. Per barycephalae i manoscritti hanno: parycefale o parice fale. Axel Boethius esistenti nella età republicana o in età augustea>>, e perciò non può provare niente nei riguardi di un ten1pio del 509 a.C. 1 Vitruvio, nelle sue famose dispositiones tuscanicae nel quarto libro ( 7,2), prescrive che l'altezza delle colonne sia I j 3 della larghezza del tempio ( altitudo tertia parte latitudinis te1npli). 2 Cfr. Plinio XXXVI, I 79 antiqua ratio erat co-lumnarum altitudinis tertia pars latitudinum delubri. La pianta riveduta del tempio di Giove Capitolino, che adesso abbiamo, grazie al GJERSTAD ed all'architetto BòRJE BLOME, stabilisce una larghezza dell'infrastruttura di I 68 piedi. E'pro-prio questa larghezza che suggerisce l'altezza già accennata delle colonne di s6 piedi. 3 A me pare evidente che le misure Vitruviane, così come spiegate dal Gjer-stad, ci restituiscono un'architettura reale, benchè, a mio, parere, non quella del 509 a. C., ma, invece, quella del tempio ricostruito nel 69 a.C. dopo il grande incendio che lo distrusse nell' 83 a.C. Ciò è provato, secondo me, da una notizia di Plinio riguardante le colonne dell'Olympieion di Atene mandate a Roma da Silla. Prima di prendere in discussione questa informatione, bisogna esaminare le osservazioni fatte dal Gjerstad riguardo ai templi ricordati da Vitruvio (III, 3·5·): >>ad Circum 1\Jaxinzum Cereris et Herculis Pompeiani, item G'~apitolii>>. Il tempio di Cerere fu costruito nel 493 a.C.: fu poi danneggiato da fulmini nel 206 a.C. e nell' 84 a.C. ed infine distrutto da un incendio nel 3 I a.C .. Venne 1 La ricostruzione si trova nel capolavoro di E. GJERSTAD >>Early Rome>>, Acta Instituti Ro-mani Regni Sueciae XVII, vol3 (I96o), 182 sg.fig. I I7, I r8, and vol. 4: 2 (rg66) 388-398 (conos-ciuta da me solo quando questa nota era già in stampa); Etruscan Culture, Land and People (Co-lumbia University Press 1962), 153, pl. 12-14. Per la discussione si veda A. BoETHius, >>Veteris Capitoli Humilia tecta>>, Institutum Romanurn Norvegiae. Acta I (I962), 27-33, corretto da E. GJERSTAD, >>A proposito della ricostruzione del tempio arcaico di Giove Capitolino, ibidem, 35-40. 2 Bisogna ricordarsi che Vitruvio parla di dispositiones tuscanicae di templi senza trapassi (alae) fuori delle cellae, come li ha il tempio capitolino; le sue parole dunque, a parte l'incer-tezza che presentano sempre le regole di Vitruvio quando si tratta di templi arcaici, non pos-sono senz'altro valere per il tempio capitolino, nonostante la probabilità, ammessa anche da me, che siano valide per il tempio del 6g a.C .. Si discuterà forse sulla possibilità che la regola Vitruviana spetti all'edificio centrale del tempio capitolino e cioè solo alle tre celle con le loro 8 co'o:1ne, e che non riguardi il grande tempio con alae e I8 colonne nel pronaos. Le fondazioni arcaiche ancora esistenti e misurate dal GJERSTAD provano però che il tempio ab origine era destinato alla forma più grande, mentre il tempio A a Pyrgi ed il grande tempio a Vulci sco perto da R. BARTOCCINI, ci danno splendide prove di templi di forma Vitruviana con tre cellae senga alae. Quello di Vulci ha una cella centrale di 7,9 metri e cellae laterali di 6,4 e 6,I metri. RingraziojoHANNES FELBERMEYER per queste misure. 3 Per le misure si veda l'articolo già citato del GJERSTAD negli Acta dell'Istituto Romano di Norvegia I, 39, e le piante pubblicate in Ear!y Rome III, I8I, fig. I r6 ed Etruscan Culture, 153, fig. I '2. }Vota sul tempio capitolino e su Vitruvio III, 3·5· 47 -------------------------------------------------------------------poi r1staurato da Augusto e da Tiberio nel I 7 d.C .. Ai tempi di Vitruvio appar-teneva dunque alle >>aedis labentis de o rum et foeda nigra simulacra fumm> (Orazio Odi III,6).1 Non si può perciò dire quanto conservasse ancora del suo tipo primi ti v o etrusco del 496 a. C .. Il tempio di Ercole Pompeiana era stato costruito probabilmente da Ponpeo, ma è anche perlomeno possibile- come affermano il FERRI e PLATNER AsHBY s. v. e carne ammette anche GJERSTAD- che Pompeo fosse solo il restauratore di un tempio anteriore a noi ignoto.2 Rimane però senz'altro, come punto fisso, il tempio di Giove Capitolino che Vitruvio vedeva nella nuova, splendida ricostruzione eseguita nel 6g a.C. dopo l'incendio avvenuto nell'anno 83 a.C. Ritorniamo al tempio del 509 a.C. Barycephala è una parola adeguata per i templi di tipo etrusco di ogni periodo - e perciò anche per il tempio di 6g a.C. nonostante le sue alae e peristilio. - :finchè mantenevano la vecchia costruzione con solo quattro colonne avanti il frontone delle cellae. Quanto a lata, è un fatto interessante, particolarmente sottolineato dal GJERSTAD, che la larghezza del tempio Capitolino, già nel suo primo periodo, gareggiasse con i più grandi templi greci. Secondo me è però da escludere che un tempio con colonne alte m. I 6,58 possa essere chiamato da Vitruvio humilis. Questa è una altezza che incontriamo solo nei più eccelsi templi greci. 3 Benchè non ne sia affatto convinto, bisogna prendere in condiderazione la possibilità che le parola hunziles, possa avere avuta un significato relativo e, come mi ha suggerito il WrsTRAND, si riferisca solo ai tetti larghi e bassi dei templi etruschi, indipendentemente dall'altezza delle colonne. Q. I..~utatio Ca tulo nella costruzione del 6g a. C. esalta però fastigii magnitudo, come dirò in sequito. Plinio racconta (XXXVI, 45) che Silla fece trasportare colonne dall'-Olympieion al tempio capitolino, per il quale mostrava uno speciale interesse (Valeria Massimo IX, 3.8). Paragonando l'altezza delle colonne capitoline suggerita dal GJERSTAD, m. I6,58, (secondo me valide per il tempio del 6g a.C.), con le colonne dell'Olympieion (di m; r6,3r2 circa), sembra quasi evidente che la notizia di Plinio sia letteralmente esatta. Questa informa-1 E. NAsH, Pictorial Dictionary of Ancient Rome. I, 227, fig. 26 I: ruderi di tafa e travertino sotto la chiesa di S. Maria in Cosmedin. 2 H. LYNGBY, >>Beitdige zur Topographie cles Forum Boarium Gebietes in Rom>>, Acta lnstituti Romani Regni Sueciae 8 VII ( 1954), I 7 sg. e GJERSTAD, Le., 36, nota I. 3 Si veda W. B. D1NSMOOR, The architecture of Ancient Greece (3rd edition 1950), 337 sg. ed i confronti del GJERSTAD e di me (l.c. pp. 32 seg.). Il Dott. P. ÀsTROM ha controllato le misure delle colonne dell'Olympieion, stabilendo che l'altezza della colonna caduta in situ è 16,312. Axel Boethius z1one prova In ogni caso che le colonne del tempio capitolino del 6g a.C. erano altissime, di marmo greco, e che appartenevano agli inizi dell'archi-tettura marmorea di Roma nei due ultimi secoli a.C.1 Secondo la mia convinzione almeno la parola humilis nella frase Vitruviana è capitata fuori posto. Il problema è però più complicato ed interessante di quanto non siano questa mia ipotesi e la discussione filologica ed archeologica del WrsTRAND2 e del GJERSTAD. Nessuno può meglio di me apprezzare le analisi filologische ed archeologiche. Però, qualche volta, bisogna anche vedere se si può trattare di questioni di generale interesse ed importanza per l'archi-tettura e la storia dell'estetica Romana, che non dipendono dalla datazione precisa delle parole discusse. Da Cossutio in poi, architetti Romani erano ammirati nel mondo greco, come afferma Vitruvio (VII, proemio, 17). Basta vedere, ad esempio, Palestrina, Tivoli o Terracina per rendersene conto. In questo caso il problema cardinale è: quando mai poteva un tempio come quello capitolino, che apparteneva alle più grandi creazioni di questa archi-tettura Romana ellenizzata, venir degradato e chiamato humilis? E' mai probabile che questo potesse succedere già quarant'anni dopo la famosa costru-zione, quando Vitruvio scrivea De Architectura. Bisogna anche ricordarsi, che Cicerone (in Verrem II, 4· 30-31) durante la edificazione del tempio lo ri-teneva ornato ut templi dignitas imperiique nostri nomen desiderat. Aggiunge a riguardo dell' incendio 83 a. C.: ut illa .flamma divinitus exstitisse videatur, non quae deleret Iovis Optimi Maximi templum, sed quae praeclarius magnificentiusque deposceret, parole che ci fanno rammentare l'entusiasmo delle generazioni che videro il venerabile, vecchio San Pietro, con tutte le sue tradizioni e me-morie, sostituito dal presente grandioso Cupolone. Dionigio da Alicarnasso (IV, 6r) afferma inoltre che la preziosità del materiale - e cioè senza dubbio innanzi tutto le colonne marmoree di Atene - era superiore a quella del tempio di 509 a.C. Secondo Varrone (Gellio, Noctes Atticae, II, ro), il podio del Tempio Capi-tolino del 6g a.C. pareva al suo costruttore Q. Lutazio Catulo, troppo basso in confronto al timpano del frontone che voleva costruire (pro fastigii magni-tudine). Questi intendeva perciò abbassare l'area capitolina, progetto che però 1 Velleio Paterculo I, I 1.5. cfr. D. E. STRONG e J. B. W ARD PERKINS, Papers of the British School in Rome, XXVIII (1g6o), 16 seg. ed il mio riassunto l.c., 32. 2 A riguardo della spiegazione di Vitruvio III, 3,5 del WrsTRAND si veda anche il suo arti-colo Eranos XL (1942), 167 seg., dove sostience che Tacito, Historiae III, 71, parlando delle sustinentes fastigium aquilae vetere ligno nella sua descrizione dell'incendio del tempio del 69 a.C. nell'anno 69 d.C. parla di un timpano (àeroç) di legno. Cfr. anche il mio articolo Studi Et-ruschi XXIV (I 955- I g66), I 38. JV.ota sul tempio capitolino e su Vitruvio III, 3·5· 49 fu impossibile realizzare per lefavisae. Invece, come ha dimostrato il GJERSTAD in maniera secondo me indubbia, egli alzò il podio con un paio di corsi di tufo (Ear!y Rome, III, pp. I 76 sg.). Ai tempi dei Flavi, più di centocinquanta anni dopo la costruzione del tempio del 6g a.C., abbiamo notizie precise riguardanti la valutazione dell'al-tezza del tempio Sillano. Tacito (Historiae IV, 53) afferma che il tempio capi-tolino, ricostruito nel 6g d.C. conservava lo stesso piano - nolle deos mutari veterem formam - (lo stesso vale per la ricostruzione nell'anno 8o d.C., come è provato dalle fondazioni). L'altezza del tempio fu invece aumentata: dopo l'incendio del 6g d.C. essa pareva troppo bassa nonostante la magnificenza del tempio del 6g a.C. (id solum ... prioris templi magnijìcentiae d~fuisse crede-batur). Dunque, allora il gusto era cambiato; ma, e me lo chiedo di nuovo, è probabile che fosse già mutato nei decnni dopo l'ammiratissima costru-zione del 6g a.C.? Per riassumere: la ricostruzione del tempio capitolino di GJERSTAD è sagace e convincente, ma vale, secondo me, (escludendo le terracotte) per il tempio del 6g a.C .. La regola di Vitruvio (IV, 7· 2.) prova, per conto mio,' che egli aveva accettato le misure della tarda e monumentale architettura etrusco-romana degli ultimi secoli a.C .. A me sembra dunque più probabile che la sua critica nel terzo libro (humilis etc.) in realtà riguardi i templi arcaici. A mio parere ne consegue che non sappiamo nulla di preciso sull'altezza del tempio del 509 a.C. se non ci sentiamo giustificati a ritenere che le parole di Vitruvio, delle quali abbiamo discusso, siano un ricordo degli vecchi edificii etruschi. Lo stesso vale, per usare le parole del GJERSTAD, per il >>giuramento retorico>> di V alerio Massimo dei tempi di Tiberio: per Romuli casam perque veteris Capi-toli humilia tecta et aeternos Vestae focos (IV, 4· I I). E' verosimile che egli abbia anticipato la critica dei tempi flavi nell'elenco dei più venerabili l'monumenti di Roma o che parli del grande tempio del 6g a.C.? Vuoi affermare che la paupertas dei vecchi romani valeva molto di più delle ricchezze dei suoi tempi. Non pare perciò più probabile che ricordi il vecchio tempio capitolino prima dell'incendio dell' 83 a.C. e non il tempio moderno del 6g a.C.? Se - come credo - è cosi, da questa interpretazione risulta ancora più interessante e comprensibile il contrasto fra un Cicerone più sensibile alla modernità dello stile ellenistico ed il romanticismo romano di Valerio Massimo.1 1 Per i problemi difficilissimi connessi col primo e secondo tempio capitolino - debbo esaltare quanto valore la critica del GJERSTAD ed il contributo del WISTRAND hanno avuto per me, quando ho dovuto riesaminarli per i miei capitoli sull'architettura etrusca e della repubblica romana nel The Pelican History of Art. 

Nota sul tempio capitolino e su Vitruvio III, 3. 5.

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Nota sul tempio capitolino e su Vitruvio III, 3. 5.

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