Il presente studio riporta i risultati di una sperimentazione in campo riguardante la fattibilità dell’impiego della specie vegetale
Pteris vittata L. per il fitorimedio di un suolo contaminato da arsenico, la Rotonda di San Giuliano a Mestre (VE),
caratterizzata da particolari condizioni microambientali e pedologiche.
La felce P. vittata è, infatti, una nota iperaccumulatrice di arsenico ed è particolarmente indicata per la fitoestrazione, essendo
molto efficiente nella traslocazione di As verso le parti aeree; è una pianta perenne, versatile, resistente, con un’elevata
velocità di crescita ed un esteso network di radici e peli radicali.
Il sito in esame presenta un suolo di natura limo-argillosa e carenza di sostanza organica umificata. Di conseguenza si ha
formazione di crepe e croste superficiali nei periodi secchi, mentre in quelli piovosi si ha rigonfiamento del suolo, perdita di
porosità, ristagno d’acqua e l’instaurarsi di condizioni asfittiche locali.
Le analisi chimiche condotte sul suolo hanno evidenziato un inquinamento superficiale da arsenico diffuso in tutta l’area, con
valore di circa 45 mg∙kg-1, e hanno messo in luce che tutto il contenuto di arsenico è associato agli ossidi/idrossidi di Fe e Mn
e quindi potenzialmente biodisponibile in condizioni riducenti.
La sperimentazione in campo si è svolta tra l’estate e l’autunno 2007. Nonostante le difficoltà di crescita e sopravvivenza
delle piante, dovute alle caratteristiche avverse del suolo e accentuate dalle particolari condizioni microambientali, P. vittata
ha mostrato un’elevata capacità di accumulare arsenico. Infatti, a fronte di concentrazioni iniziali pari a circa 4 mg∙kg-1, dopo
105 giorni le concentrazioni misurate nelle fronde erano comprese tra 200 e 900 mg∙kg-1 p.s. con fattori di bioaccumulo
compresi tra 4.8 e 20 e fattori di traslocazione circa uguali a 10.
I risultati hanno evidenziato la necessità di stabilizzare la struttura del suolo nei riguardi degli sbalzi idrici e migliorare la
resistenza di P. vittata mediante l’ottimizzazione delle pratiche agronomiche, anche attraverso l’eventuale utilizzo di piante
micorrizate