66 research outputs found
Building a more robust framework on revisionism. A reply to Lawson and Legrenzi
The comments by Lawson and Legrenzi to our RISP/IPSR article ‘Tracing the modes of China’s revisionism
in the Indo-Pacific: a comparison with pre-1941 Shōwa Japan’ contribute to moving the debate on
revisionism in international politics a step forward. Their notes on the several issues affecting the
International Relations understanding of the phenomenon are on the same page as ours and we appear
to share similar doubts and a like-minded curiosity on the subject. While grasping some key topics and
shedding light on crucial shortcomings in the literature on international change, power transitions and
international order, however, their observations do not come unproblematic. In this reply to their timely
remarks, we highlight the perks of their argument but also stress how this falls through in providing a
complete framework to understand revisionism in international politics
Sleeping with the enemy. The not-so-constant Italian stance towards Russia
A taken-for-granted assumption within the Italian foreign affairs community argues that the relationship between
Rome and Moscow follows a generally cooperative attitude, fostered by strong cultural, economic and political
ties. This narrative misses a significant part of the tale, which is at odds with the idea that the good relations with
Russia are a ‘constant feature’ of Italy’s foreign policy. Indeed, competitive interaction has frequently emerged,
as a number of events in the last decade confirm. To challenge conventional wisdom, the article aims to provide
a more nuanced interpretation of the investigated relationship. Focusing on the outcomes of global structural
changes on Italian foreign policy, it posits that Rome is more prone to a cooperative stance towards Moscow
whenever the international order proves stable. By contrast, its interests gradually diverge from those of its alleged
‘natural’ partner as the international order becomes increasingly unstable. This hypothesis is tested by an
in-depth analysis of Italy’s posture towards Russia amidst the crisis of the international liberal order (2008-on).
Furthermore, the recurrence of a similar dynamic is verified through a diachronic comparison with two other
international orders in crisis, i.e. that of the interwar period (1936-1941) and that of the Cold War (1979-1985)
The Russkiy Mir Formula and the “New” Cold War Hypothesis,
Are we in a “new” Cold War era? An intense debate is taking shape about this question because of several areas of growing friction between the United States and Russia, with the scientific community increasingly addressing this topic
Il collasso dell’Unione Sovietica e il mutamento sistemico: lineamenti essenziali del bipolarismo e dell’unipolarismo a confronto
Nonostante caratteristiche e logiche di funzionamento profondamente
diverse, sia il sistema internazionale bipolare della Guerra fredda che il sistema unipolare del post-Guerra fredda per un periodo più o meno lungo sono
riusciti ad assicurare quel livello “minimo” di ordine – la stabilità – che
può prendere forma in un contesto anarchico come quello internazionale.
Comprenderne e confrontarne i lineamenti essenziali appare tanto
più interessante ai giorni nostri, in cui la possibilità di un ulteriore mutamento
sistemico è tornata al centro del dibattito politico e scientifico come conseguenza della postura revisionista assunta da alcune potenze come la Federazione Russa
Introduction of the study paper
The study of International Relations has several aims, but its most important theoretical contribution is probably the identification of the so-called “regularities” occurring in the external realm. One such phenomenon is the tendency of alliances to dissolve after the defeat of the common enemy they were formed against. The frequency of this phenomenon has been attributed to the constraints that states encounter in cooperating within an anarchical system like the international one, especially in the absence of an immediate – and shared – threat to their survival
Come difendere l’ordine liberale. La grand strategy americana e il mutamento internazionale.
Cosa è cambiato nell’approccio strategico degli Stati Uniti con l’avvento di Joe Biden alla presidenza? Quanto si sta discostando la sua amministrazione da quelle che l’hanno preceduta nelle politiche adottate per preservare l’ordine internazionale liberale?
Prendendo le mosse da un problema teorico – quello delle opzioni strategiche a disposizione di una potenza egemonica per la difesa dello
status quo e delle motivazioni alla base delle scelte compiute – il volume passa a riflettere sulle linee di continuità e discontinuità della politica estera americana nel post-Guerra fredda. A tal fine, indaga in chiave comparata cinque dimensioni cruciali per la tenuta complessiva dell’ordine liberale, ovvero i rapporti con UE, NATO, Paesi del Mediterraneo allargato, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese.
L’opera si prefigge così il duplice obiettivo di contribuire alla letteratura sulle potenze egemoniche e di avviare una prima riflessione sul nuovo corso alla Casa Bianca
Il conflitto in Libia come riflesso della crisi dell'ordine internazionale
La comunità scientifica italiana si è distinta come una tra le più sensibili nel mondo occidentale all’urgenza di investigare il tema delle sfide all’ordine internazionale del post-Guerra fredda (Colombo, 2014; Parsi, 2018; Clementi et al., 2018). In tale prospettiva, la piena comprensione della spirale che sta avviluppando la Libia passa, oltre che per lo studio delle sue radici storico-antropologiche e delle mosse compiute dagli attori sul campo (Biagini 2015), anche per l’analisi della sua relazione con i mutamenti in corso sul piano sistemico. In questa sede si ipotizza che la guerra civile che sta dilaniando la Libia – un Paese strategico per la sua centralità nel Mediterraneo, il ruolo di ponte tra Africa ed Europa e il peso sugli equilibri energetici internazionali – possa essere spiegata anche come conseguenza della crisi dell’ordine internazionale e, dunque, del mutamento della grand strategy degli Stati Uniti che ne costituiscono la potenza-guida. Per far emergere più chiaramente tale dinamica, si comparerà diacronicamente la crisi contemporanea (2008-2020) con altri due periodi. Il primo è quello intercorso tra la guerra in Afghanistan e il collasso sovietico (1979-1991), che fu critico per l’ordine internazionale bipolare e portò al suo superamento. Il secondo è quello ricompreso tra la fine della Guerra fredda e l’inizio dell’ultima grande crisi economico-finanziaria (1991-2008) che, al contrario degli altri due periodi, ha rappresentato un momento di relativa stabilità per l’ordine internazionale
Come la religione sta tornando ad influenzare la politica internazionale
L'articolo investiga i tempi e i modi del ritorno della politicizzazione della religione nello scenario politico internazional
Un Prometeo liberale? Gli Stati Uniti e l’allargamento democratico nel post-Guerra fredda
Non diversamente dalle potenze del passato, Washington ha perseguito l’obiettivo minimo di preservare uno status quo a essa favorevole e – finché quest’ultimo non è stato soggetto a una contestazione aperta – ha ampliato i suoi impegni facendo corrispondere la sua sicurezza al conseguimento di obiettivi in realtà secondari. È così che si spiega l’aspirazione prometeica degli Stati Uniti alla promozione democratica su scala globale negli anni Novanta e Duemila, che si è tradotta tanto nella centralità della democrazia nella riflessione strategica americana che in una varietà di politiche finalizzate alla sua diffusione
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