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    Etica e pensiero relazionale

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    L’etica e il pensiero relazionale si impongono oggi come necessari non già per una conoscenza di una verità qualsiasi, ma per una conoscenza integrale della verità nel suo fondamentale legame alla vita; una verità che sappia contenere in sé tutta la pienezza dell’umano, dell’esistenza e quindi l’essere unitario e totale. Oggi, invece, si pone l’urgenza di una ragione plurale, di un pensiero aperto ed ermeneutico, per dirla con Gadamer, che ci aiuti a cogliere la verità della vita e della persona nella sua poliedrica relazione con la realtà e che ci orienti, al tempo stesso, nella ricerca di un dialogo profondo, vero e costruttivo tra i saperi

    Fenomenologia e metafisica della persona nel pensiero di E. Stein

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    Oltre che nell’area francofona possiamo rintracciare anche nell’ambito del pensiero tedesco una riflessione personalista che emerge, per un verso, dalla tradizione ebraico-cristiana e, per un altro verso, si forma nel confronto con la fenomenologia di Edmund Husserl e di Max Scheler e con la filosofia di Martin Heidegger e di Karl Jaspers. Come è avvenuto in altre aree linguistiche, anche nell’area germanofona l’espressione “personalismo” viene utilizzata originariamente per indicare una visione di Dio “come essere personale” in contrapposizione alle visioni panteistiche. La riflessione filosofica sulla persona torna così a intrecciarsi con la prospettiva teologica di un Dio personale e con l’idea della persona intesa come relazione intersoggettiva, fondamenti essenziali per comprendere una antropologia relazionale aperta alla trascendenza. Considerando le opere di Husserl e di Scheler, come punti di riferimento ineludibili del personalismo tedesco, con il presente saggio si vuol delineare, nei suoi caratteri essenziali, la figura più rappresentativa del personalismo tedesco: la filosofa Edith Stein

    Etica, felicitĂ  ed economia di comunione

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    La felicità è una problematica che è stata oggetto di studio di molti pensa- tori sin dall’antichità a oggi. Che cosa è la felicità? Quando si è felici? Che cosa bisogna fare per raggiungerla? Esiste la felicità? Come la si può definire? Quante forme di felicità vi sono? Sono interrogativi che hanno affascinato e al tempo stesso hanno intrigato il pensiero di molti filosofi, poeti, sociologi, economisti, studiosi di fenomenologia e antropologia, psicologi e, recentemente, neuroscienziati, anche alla luce del progresso scientifico delle scienze biomediche e degli studi avanzati sul genoma umano, sul cervello e sulla mente. Lo stesso progresso tecno-scientifi- co può rendere veramente felici? Il filosofo Mounier, profetico in tal senso, mette in guardia sia gli entusiasti che i detrattori della tecnica e ammonisce che la coscienza etica del nostro tempo deve uscire dal torpore in cui è caduta, perché “la macchina non reca agli uomini la felicità”, ma un dramma nuovo, una sfida a svegliarsi dal loro sonno naturale, per “conquistarsi la regalità di cui si vantano” ed evitare la sciocchezza che sta nel chiedere a quell’elemento tecnico ciò che non può dare

    The ethical foundation of human rights

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    For many years toward the end of the twentieth and the beginning of this third millennium the question of ethical foundation of law and of politics itself has been set aside in many areas of contemporary culture under the pretext that every claim to an objective and universal truth would be a source of intolerance and violence, and that only relativism could safeguard human rights, the dignity of the person, regardless of the underlying reasons that they find their ultimate explanation and foundation, reason and justification. The latter can only be phylosophical, ethical and religious, because they are based on man's ontological structure

    Etica della persona e diritti umani. La prospettiva del personalismo polacco

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    Alla lettura approfondita di alcuni autori ascrivibili ad una scuola personalistica polacca, riteniamo di poter sostenere la presenza di un inconfutabile “personalismo polacco” che, all’inizio, si è qualificato come un “personalismo sociale” eticamente orientato, che via via si è andato caratterizzando in direzione di uno sviluppo etico-giuridico, sostenuto con convinzione dall’analisi speculativa e pratica dei “diritti” e un’apertura intransigente alla difesa della dignità della persona sottolineando la non negoziabilità dei diritti umani fondamentali. Per meglio comprendere l’orientamento personalistico che si è andato sviluppando, in particolare, lungo tutto l’arco del secolo scorso, bisogna riaprire, secondo noi, la “questione antropologica”, per coglierne la cifra che informerà il pensiero e l’esperienza personalistica. Ad uno sguardo d’insieme, appare senza dubbio di dover collocare l’apertura antropologica del pensiero personalista polacco entro l’orizzonte dell’“uomo intero”. Con questo intendiamo l’uomo “in carne e ossa”, che richiede un’attenzione adeguata alle sue condizioni materiali da parte delle istituzioni e che si ritrova nella “città”, come abitatore della polis, per riprendere l’impostazione platonica aristotelica e, a seguire, tomistica e agostiniana. Fare riferimento al richiamo aristotelico dell’“uomo intero” consente, a chi vuol guardare “dentro” lo sviluppo del pensiero filosofico polacco, di sostenere, appunto, un’antropologia di per sé piena di indicazioni importanti per il personalismo polacco, che gli autori di riferimento tengono in conto più o meno esplicitamente, e che noi abbiamo cercato di mettere in risalto in questo lavoro
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