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Il Veneto tra Bronzo antico e Bronzo recente
Il contributo fornisce un quadro di sintesi delle traiettorie evolutive che caratterizzarono il Veneto nel lungo arco di tempo compreso tra i decenni centrali del XXI e la met\ue0 circa del XII sec. a.C. Il lavoro, nel quale si affrontano sia gli aspetti culturali, sia quelli legati alle dinamiche del popolamento e dell\u2019organizzazione del territorio, agli scambi e alle interrelazioni a lunga distanza e agli assetti sociali, \ue8 impostato con una logica paratattica, con la specifica finalit\ue0 di rendere pi\uf9 immediatamente percepibili le analogie/differenze tra i singoli comparti territoriali e gli elementi di continuit\ue0/discontinuit\ue0 tra le diverse fasi. Per ogni nodo tematico infatti viene confrontata la situazione del Veneto occidentale \u2013 che comprende il Veronese, il limitrofo territorio vicentino, la pianura patavina sud-occidentale, i Monti Berici, i Colli Euganei e il Polesine \u2013 con quella del Veneto centro-orientale e settentrionale \u2013 corrispondente invece ai settori del Vicentino e della pianura patavina posti a E del comprensorio berico-euganeo, al Veneziano, al Trevigiano e al Bellunese \u2013. Data l\u2019importanza delle trasformazioni verificatesi intorno alla met\ue0 del XII sec. a.C. nell\u2019innesco dei fenomeni di radicale riassetto che portarono alla definizione delle geometrie insediative e dei modelli di organizzazione socio-economica delle fasi successive, il contributo fornisce conclusivamente anche un breve quadro degli sviluppi che il territorio conobbe tra la seconda met\ue0 del XII e l\u2019XI sec. a.C
Bartolomeo Gastaldi e Luigi Pigorini tra Museo Celtico e Museo Preistorico Nazionale. Alcune osservazioni sul significato e sulle finalit\ue0\ua0 delle prime due collezioni pubbliche di antichit\ue0\ua0 preistoriche nazionali in base ai dati inediti del "Fondo Pigorini" dell'Universit\ue0\ua0 di Padova
Il contributo analizza il rapporto personale e scientifico intercorso tra B. Gastaldi, il geologo torinese che \ue8 considerato giustamente il fondatore degli studi di preistoria in Italia, e L. Pigorini, lo studioso che, a partire dagli anni \u201970 dell\u2019\u2018800 e fino agli anni \u201920 del secolo successivo, fu la personalit\ue0 - accademicamente e scientificamente - dominante nel quadro della protostoria italiana. Nello specifico il lavoro, basato sull\u2019analisi sistematica dell\u2019epistolario Gastaldi inedito, conservato nel \u201cFondo Pigorini\u201d dell\u2019Universit\ue0 di Padova, mostra in maniera assai chiara come, pur in assenza di una collaborazione diretta tra i due e nonostante la notevole differenza di et\ue0, di formazione e di impostazione metodologica, Pigorini abbia assunto proprio da Gastaldi quella prospettiva nazionale - non nazionalistica! - che rappresenta la cifra pi\uf9 caratteristica della sua visione dell\u2019archeologia preistorica e della sua grande costruzione istituzionale e Gastaldi abbia ben presto visto in Pigorini l\u2019unico studioso che, nell\u2019ambito della comunit\ue0 scientifica dei pre-protostorici italiani, avrebbe potuto portare a compimento il suo progetto originario
Architectural and infra-structural evidence of re-use of residential units in Period IX, Sector 11 W
Micenei in Italia settentrionale
Nell'ambito della problematica connessa alla mobilit\ue0 e ai rapporti a lunga distanza intercorsi tra Europa e Mediterr3no nella tarda et\ue0 del bronzo, la connessione tra civilt\ue0 delle terramare e mondo egeo-miceneo rappresenta uno dei temi pi\uf9 dibattuti. Il contributo ha come obiettivo quello di riconsiderare tempi, modi, meccanismi e traiettorie della "Mycenaen connection padana" alla luce degli importanti dati derivanti dalle indagini condotte a partire dal 2007 dall'\ue9quipe protostorica dell'Universit\ue0 di Padova nel grande sito arginato di Fondo Paviani, central place di quella complessa entit\ue0 politico-territoriale che va sotto il nome di polity della Valli Grandi Veronesi. Il lavoro mette in evidenza come il contatto tra il mondo terramaricolo veronese e i mercanti egei, sviluppatosi essenzialmente nell'ambito del Bronzo recente 2, non si realizz\uf2 solo in termini di acquisizione da parte delle \ue9lites locali di prodotti di lusso di provenienza esotica, come le ceramiche foggiate al tornio e dipinte - e, ovviamente, i loro contenuti, cio\ue8 olio, vino, profumi, ecc. -, gli ornamenti in vetro, avorio, ecc., ma secondo modelli di ben pi\uf9 profonda interazione e integrazione: esso vide infatti anche il trasferimento in loco di vasai specializzati di origine o per lo meno formazione micenea e l'acquisizione da parte dei ceti dominanti indigeni di specifici elementi della ritualit\ue0 sociale - e forse anche della religiosit\ue0 - egea. Il contributo evidenzia altres\uec come la motivazione che sta alla base proiezione egea in Alto Adriatico - e, quindi, il contatto stesso con le entit\ue0 politico-territoriali dell'area padano-veneta - debba essere identificato nei meccanismi di approvvigionamento e di circolazione verso Oriente dell'ambra proveniente dal Baltico. La bassa pianura veronese, vista la sua strategica posizione tra Adige e Po, rappresentava infatti lo snodo regolatore dell'afflusso di questa preziosa materia prima verso la Penisola. Il lavoro si sofferma infine sulle trasformazioni che intervennero nelle relazioni tra area padana e mondo egeo-orientale nel Bronzo finale, evidenziando come lo straordinario sito di Frattesina, punto di intersezione di direttrici commerciali che collegavano l'area nord-alpina, non l'Italia e il Mediterraneo, rappresenti, pur con tutte le differenze del caso, l'esito ultimo del sistema di scambi creato e gestito dalle terramare veronesi nel corsi dei precedenti secoli dell'et\ue0 del bronzo
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