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    Trattamenti a seguito della seconda progressione di malattia nel carcinoma colorettale metastatico: pooled analysis degli studi TRIBE e TRIBE2

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    Gli avanzamenti occorsi nella ricerca oncologica consentono oggi di prospettare alla maggior parte dei pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (mCRC) un’aspettativa di vita mediana 25 mesi. Tale continuum of care si compone di diverse linee terapeutiche a base di chemioterapici, terapie a bersaglio molecolare e, in pazienti selezionati, immunoterapici; può inoltre avvalersi in alcuni casi del contributo di interventi chirurgici o altri approcci locoregionali. Infatti, attualmente si dispone di indagini molecolari e solide evidenze cliniche che consentono di personalizzare e modulare l’intensità del trattamento somministrato upfront, allo scopo di ottenere un controllo della malattia e, quando possibile, una conversione alla resecabilità chirurgica. D’altra parte, il beneficio clinico dei farmaci impiegati nelle linee più avanzate di trattamento è modesto: trifluridina/tipiracil e regorafenib, le principali opzioni in questo setting, nei trial di fase III RECOURSE e CORRECT hanno riportato in confronto al placebo risultati in termini di OS mediana rispettivamente di 6.4 mesi vs 5.0 (HR: 0.77, 95% CI: 0.64-0.94, p=0.0052) e di 7.1 mesi vs 5.3 (HR 0.68, 95% CI 0.58-0.81, p<0.001). E seppure alcuni nuovi trattamenti mirati, quali l’immunoterapia e gli NTRK-inibitori, si affaccino nel trattamento della malattia metastatica, questi sono tuttavia limitati ad una platea inferiore al 5% del totale dei pazienti. Pertanto, la malattia chemio-refrattaria rappresenta tutt’oggi un unmet need della ricerca sul mCRC. Al fine di approfondire questi aspetti, nella presente tesi abbiamo preso in esame, in primo luogo, diverse analisi di dati estratti da registri real life, le quali evidenziano significativi tassi di abbandono fra le varie linee di terapia: soltanto il 19-37% dei pazienti inclusi in questi registri di real-life hanno ricevuto trattamenti di terza linea. Si tratta, ad ogni modo, di serie piuttosto datate, antecedenti l’introduzione nella pratica clinica dell’analisi mutazionale di RAS/BRAF, l’utilizzo dei farmaci anti-EGFR già in prima linea e l’impiego sistematico di regorafenib e trifluridina/tipiracil nelle linee più avanzate, nonché precedenti al consolidarsi delle evidenze sull’efficacia dell’associazione FOLFOXIRI+bevacizumab in pazienti fit. L’obiettivo dello studio presentato in questa tesi è dunque quello di fornire un’istantanea aggiornata sullo “stato dell’arte” delle linee avanzate di trattamento del mCRC a seguito della seconda progressione di malattia, calcolando per ogni linea il tasso di abbandono (attrition rate) rispetto alla precedente e il suo apporto alla sopravvivenza generale dei pazienti (OS, overall survival). La popolazione oggetto dello studio include i 1187 pazienti arruolati nei trial multicentrici randomizzati di fase III TRIBE e TRIBE2, i quali hanno confrontato, in 34 e 58 oncologie italiane rispettivamente, l’impiego upfront di FOLFOXIRI+bevacizumab con le doppiette FOLFOX/FOLFIRI+bevacizumab. Abbiamo quindi realizzato una pooled analysis post hoc dei trattamenti somministrati a questi pazienti a seguito della seconda progressione di malattia (PD, disease progression). Per ogni linea, sono state definite le scelte terapeutiche (raggruppate in oxaliplatin and irinotecan-based, oxaliplatin-based, irinotecan-based, anti-EGFR-based, regorafenib, trifluridina/tipiracil e altro), è stato calcolato l’attrition rate e sono stati valutati gli outcome clinici in termini di PFS (progression free survival), ORR (overall response rate) e OS. Questi dati sono stati anche analizzati in base allo stato mutazionale di RAS e BRAF. La percentuale di pazienti sottoposti ad un successivo trattamento attivo a seguito di progressione è stata rispettivamente del 77% in seconda linea, 53% in terza, 27% in quarta e dell’11% in quinta linea. Solo ad un 2% del totale è stata somministrata un’ulteriore linea di terapia. Di pari passo è andato riducendosi anche l’impatto clinico delle successive linee di trattamento, sia in termini di PFS che di ORR: la PFS è stata di 10.9 mesi per la prima linea, 6.6 per la seconda, 3.1 per la terza, 2.6 per la quarta (per ogni linea rispetto alla precedente, p<0.0001); l’ORR è stato del 64% in prima linea, del 20% in seconda, del 10% in terza (per ogni linea rispetto alla precedente, p<0.0001), del 5% in quarta (rispetto alla terza, p<0.01). L’attrition rate è risultato più pronunciato nei pazienti con mutazioni di RAS e BRAF in confronto ai pazienti wild type, con solo il 66% dei pazienti RAS o BRAF mutati trattati in seconda linea che hanno poi ricevuto un trattamento di terza linea, rispetto al 75% dei wild type (rispettivamente, p=0.005, p=0.11). Ciò avvalora l’impiego precoce di terapie mirate in questi pazienti. I sottogruppi di pazienti con minori probabilità di ricevere un trattamento a seguito della seconda progressione di malattia sono stati quelli con tumore al colon di destra (p<0.01), con metastasi extra-epatiche (p=0.05), con mutazioni di BRAF (p=0.02), con una PFS in prima linea ≤9 mesi (p<0.001), con assenza di risposta alla terapia di prima linea (p<0.001). Nei pazienti RAS e BRAF wild type, l’impiego di farmaci anti-EGFR in terza linea correla con una migliore PFS (6.4 mesi vs 4.0, HR: 0.63, 95% CI 0.43-0.92; p=0.02) e ORR (29% vs 18%, p=0.25) rispetto alle altre opzioni. Fra questi, i pazienti con tumori a sinistra hanno riportato una PFS significativamente più lunga (6.6 mesi vs 3.3, HR: 0.55, 95% CI 0.29-1.06; p=0.02). Interessante è inoltre notare come, sebbene nel TRIBE2 il numero di pazienti trattati con regorafenib o trifluridina/tipiracil fosse maggiore rispetto al TRIBE (35% vs 6% in terza linea, p<0.0001), proprio nel TRIBE si è invece registrata una OS mediana in terza linea più lunga, a parità di follow-up mediano (OS 9.9 mesi vs 7.2, HR 0.84, 95% CI 0.71-1.00, p=0.05). Questo elemento, pur nei limiti di un confronto inter-trial, supporta l’ipotesi dello scarso impatto di tali trattamenti nel continuum of care dei pazienti. Infine, in terza e quarta linea, rispettivamente il 40% ed il 27% dei pazienti ha ricevuto un trattamento a base di oxaliplatino, irinotecano, o entrambi. La re-introduzione di questi trattamenti resta pertanto un’opzione che viene spesso presa in considerazione anche per pazienti fortemente pre-trattati. Dai dati presentati in questa tesi, emerge quindi chiaramente come la scelta della terapia di prima linea rivesta un’importanza preponderante nell’iter terapeutico dei pazienti affetti da mCRC: è questa infatti ad offrire il contributo maggiore alla sopravvivenza dei pazienti ed al controllo di malattia. D’altra parte, l’impiego di trifluridina/tipiracil e regorafenib nelle linee avanzate di trattamento apporta un beneficio alquanto modesto alla sopravvivenza generale, a fronte di un frequente ricorso nella pratica clinica alla re-introduzione di altri chemioterapici. L’accentuato attrition rate registrato in particolare fra i pazienti BRAF mutati, supporta infine l’approccio “the sooner the better” nell’impiegare farmaci targeted. Questi risultati, in definitiva, mettono in luce l’urgente necessità di sviluppare ulteriori opzioni terapeutiche, possibilmente a bersaglio molecolare, nel setting chemio-refrattario. Fra i possibili target in studio, le alterazioni di HER2, la mutazione KRASG12C, come pure il potenziale impiego di immunoterapici nei tumori pMMR, rappresentano promettenti linee di ricerca

    Clinical nutrition in surgical oncology: Young AIOM-AIRO-SICO multidisciplinary national survey on behalf of NutriOnc research group

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    Malnutrition is a common condition in cancer patients which is usually associated with functional limitations, as well as increased morbidity and mortality. Based on the support of the young sections of Italian Association of Medical Oncology (AIOM), Italian Association of Radiotherapy and Clinical Oncology (AIRO) and Italian Society of Surgical Oncology (SICO) merged into the NutriOnc Research Group, we performed a multidisciplinary national survey with the aim to define the awareness of nutritional issues among healthcare professionals delivering anticancer care. The questionnaire was organized in four sections, as follows: Knowledge and practices regarding Nutritional Management of cancer patients; Timing of screening and assessment of Nutritional Status; Nutritional Treatment and prescription criteria; Immunonutrition and educational topics. The modules focused on esophagogastric, hepato-bilio-pancreatic and colorectal malignancies. Overall, 215 physicians completed the survey. As regards the management of Nutritional Status of cancer patients, many responders adopted the ERAS program (49.3%), while a consistent number of professionals did not follow a specific validated nutritional care protocol (41.8%), mainly due to lack of educational courses (14.5%) and financial support (15.3%). Nearly all the included institutions had a multidisciplinary team (92%) to finalize the treatment decision-making. Cancer patients routinely underwent nutritional screening according to 57.2% of interviewed physicians. The timing of nutritional assessment was at diagnosis (37.8%), before surgery (25.9%), after surgery (16.7%), before radiochemotherapy (13.5%) and after radiochemotherapy (7%). Most of the responders reported that nutritional status was assessed throughout the duration of cancer treatments (55.6%). An important gap between current delivery and need of nutritional assessment persists. The development of specific and defined care protocols and the adherence to these tools may be the key to improving nutritional support management in clinical practice
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