16 research outputs found

    A book that is out of sync with current times

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    Commento di Jonathan Friedman, Politicamente corretto. Il conformismo morale come regime, a cura di Piero Zanini, traduzione di Francesca Nicola e Piero Zanini, Milano, Meltemi, 2018, pp. 348

    Covid-19 e lavoro antropologico di cura

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    Come per altri articoli pubblicati durante le primi mesi della pandemia da Coronavirus, cerco di riflettere sull'uso pubblico dell'antropologia culturale come disciplina di cura.As with other articles published during the early months of the Coronavirus pandemic, I strive to reflect on the public use of cultural anthropology as a discipline of healing

    From the cities’ point of view: Social studies and the form of urban space

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    Nota critica di Giovanni Semi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland?, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 237; Claudio Sopranzetti, Owners of the Map: Motorcycle Taxi Drivers, Mobility, and Politics in Bangkok, Oakland, University of California Press, 2017, pp. xiv-314

    Dalla censura preventiva al paradosso dell’intimità. Mass media, small media e revival folklorico

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    Dal secondo dopoguerra e fino alla metà degli anni Ottanta del Novecento gli studi di ambito antropologico riguardanti il territorio italiano evidenziano un importante filone di ricerca e di riflessione incentrato sul mondo contadino e pastorale e, più in generale, sulla cultura degli strati sociali che, con i termini del tempo, sono definiti “fascia folklorica”, “cultura subalterna”, “mondo popolare”, ecc. Demologia è la denominazione che, insieme a tradizioni popolari, indica quel segmento di studi antropologici italiani. Aspetti filologici, semiotici, comunicativi, visuali, musicali, coreutici, museografici, ergologici, rituali, cerimoniali, magici, religiosi ecc., hanno contribuito – mediante l’elaborazione di una peculiare metodologia di ricerca e di analisi – a costruire un sapere complesso e stratificato, hanno dato luogo a un sistema di relazioni interdisciplinari spesso dal carattere sperimentale e innovativo, hanno stimolato una volontà di contribuire a una restituzione in chiave pubblica del lavoro antropologico in forma di azione politica, hanno determinato una penetrazione e una presenza nella società civile a un livello alto del contesto intellettuale in Italia (...)

    Il glocalismo di Tor Bella Monaca : Conversazioni periferiche su una città che non esiste

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    Con questo volume che riflette sul complesso rapporto tra localismo e globalizzazione, ci siamo messi a inseguire le storie personali e generazionali della periferia romana, in particolare del quadrante est e, ancora più su scala ravvicinata, del Sesto Municipio attorno e dentro Tor Bella Monaca. Volevamo verificare che cosa fosse rimasto dell’immaginario urbano in quel contesto periferico. Che forma ha la città vista dalle storie della periferia? Esiste ancora un’idea di Roma, se non coerente almeno complessiva? E come quest’idea ha attraversato le vite delle persone che l’hanno esperita?With this volume, which reflects on the complex relationship between localism and globalization, we set out to pursue the personal and generational histories of the Roman periphery, particularly the eastern quadrant and, even more closely, the Sixth Municipality around and within Tor Bella Monaca. We wanted to verify what remained of the urban imaginary in that peripheral context. What form does the city take as seen from the stories of the periphery? Does an idea of Rome still exist, if not coherent then at least comprehensive? And how has this idea crossed the lives of the people who have experienced it

    De consolatione anthropologiae : Conoscenza, lavoro di cura e Covi-19

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    C'è spazio nel dibattito pubblico per una disciplina antropologica che si prenda cura del proprio oggetto, oltre che per il lavoro analitico (di comprensione) e quello applicativo (di trasformazione sociale)? A partire dalla crisi pandemica, cerco di riflettere sulla funzione della disciplina nello spazio pubblico, mentre molto di quel che si diceva sembrava forzosamente costretto in una contrapposizione tra la Scienza che zittisce (alla Burioni) e la Paranoia che diventa afasia o coazione a ripetere (alla Agamben). Mentre cioè continuavamo in effetti a riflettere e scrivere, un certo tono del dibattito sembrava schierare l’antropologia su uno dei due versanti: o dobbiamo tacere e al massimo riflettere (possibilmente imparando da chi ne sa di più), oppure dobbiamo parlare e svelare “la verità” a chi ne sa di meno. Lo scopo dell'articolo è dimostrare che si tratta di un falso binarismo, e che l'antropologia può, e soprattutto deve, prendersi cura del dolore del suo oggetto.Is there room in the public debate for an anthropological discipline that cares about its object, as well as about its analytical (understanding) and applied (social transformation) work?Starting from the pandemic crisis, I try to reflect on the function of the discipline in the public space, while much of what was said seemed forcibly constrained in a contraposition between the Science that shuts up (à la Burioni) and the Paranoia that becomes aphasia or compulsion to repeat (à la Agamben). That is, while we continued to reflect and write, a certain tone of the debate seemed to place anthropology on one of the two sides: either we must keep silent and at most reflect (possibly learning from those who know more), or we must speak and reveal "the truth" to those who know less. The purpose of the article is to demonstrate that this is a false binarism, and that anthropology can, and above all must, take care of the pain of its object

    Etnografie in biblioteca. Verso una nuova rilevanza del sapere antropologico

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    L'introduzione al saggio di Graeber e Sahlins diventa in parte il pretesto per parlare della rilevanza attuale del sapere antropologico: l'antropologia culturale è ancora in grado, pur rispettando i principi dell'interpretativismo, di generalizzare, di individuare cioè regole dell'agire umano? Oppure la necessaria attenzione ai contesti specifici della ricerca sul campo costringe l'antropologia culturale a una totalità idiografica? In questo testo, articolo decisamente a favore della possibilità che l'Antropologia culturale non solo possa ma decisamente debba proporsi come scienza interpretativa in grado di fornire elaborazioni di carattere generale, come ogni altri scienza, comprese le scienze sociali

    Imparare dal virus? Pandemia e doppi legami del sistema educativo

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    Anche Boas è stato a Helgoland : le scienze sociali e l'audacia epistemologica

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    Boas was also in Heligoland. The social sciences and epistemological audacity The article reflects on the epistemological conformism of critical and militant anthropology, which seems to oppose the system of (political and economic) power while confirming a reductionist conception of scientific knowledge. While theoretical physics, over the twentieth century, has moved away from naive materialism (precisely in the name of a conscious empiricism), a certain engagé conception of social science has willingly accepted economic determinism or materialist realism. The essay seeks to place at the centre of anthropological theory an empiriocritical conception of reality, which goes beyond dualism by recovering Gregory Bateson's reflection on "Mind" and the truly relational conception of knowledge: we only know what we relate to and, as both quantum physics and ethnopsychiatry maintain, what we can know is only the nature of that relationship. The general aim of the essay is to recover the line of social thought which, from Franz Boas to Joseph Henrich, has sought to represent the human being beyond dualisms, that is, without reducing the human being to his 'spirit' or his 'flesh', but also without pre-emptively removing any biological or symbolic determination in their lives

    Benvenuti nel deserto del reale

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    Quando Neo, il protagonista di Matrix, viene scollegato dal megacomputer che lo teneva prigioniero e lo illudeva di vivere nel mondo, Morpheus, il capo della resistenza, lo accoglie in un paesaggio di rovine bruciate: "Benvenuto nel deserto del reale!". La stessa accoglienza riserva uno dei filosofi più provocatori di oggi al lettore che voglia conoscere la sua riflessione sugli eventi dell'11 settembre. Rovesciando l'interpretazione comune che vede in questa tragica data il prepotente ingresso della "realtà vera" nella nostra quotidianità troppo spesso fatta di televisione e immaginazione mediatica, Slavoj Zizek sostiene in modo convincente che il crollo delle torri sia piuttosto la realizzazione di una fantasia distruttiva originata e costantemente alimentata da tanta cinematografia e letteratura catastrofista americana, qualcosa che finora avevamo solo immaginato con terrore. Questa materializzazione del peggiore dei nostri incubi è per Zizek psicologicamente molto più difficile da elaborare di qualunque "ritorno alla realtà". E proprio perché la fantasia è diventata realtà, e perché tale realtà ci risulta insopportabile, ci siamo inventati una sua forza mediatica, continuando a guardarne la riproduzione televisiva, quasi a convincerci che non si trattava altro che di un ennesimo film. Affiancando psicoanalisi lacaniana e idealismo hegeliano, citazioni di moralisti inglesi dell'Ottocento e battute fulminanti tratte dai film di Hollywood, Zizek stravolge il nostro modo di guardare a un evento che ha segnato in maniera indelebile la storia del XXI secolo
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