5 research outputs found

    The Healthgrid White Paper.

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    International audienceOver the last four years, a community of researchers working on Grid and High Performance Computing technologies started discussing the barriers and opportunities that grid technologies must face and exploit for the development of health-related applications. This interest lead to the first Healthgrid conference, held in Lyon, France, on January 16th-17th, 2003, with the focus of creating increased awareness about the possibilities and advantages linked to the deployment of grid technologies in health, ultimately targeting the creation of a European/international grid infrastructure for health. The topics of this conference converged with the position of the eHealth division of the European Commission, whose mandate from the Lisbon Meeting was "To develop an intelligent environment that enables ubiquitous management of citizens' health status, and to assist health professionals in coping with some major challenges, risk management and the integration into clinical practice of advances in health knowledge." In this context "Health" involves not only clinical procedures but covers the whole range of information from molecular level (genetic and proteomic information) over cells and tissues, to the individual and finally the population level (social healthcare). Grid technology offers the opportunity to create a common working backbone for all different members of this large "health family" and will hopefully lead to an increased awareness and interoperability among disciplines. The first HealthGrid conference led to the creation of the Healthgrid association, a non-profit research association legally incorporated in France but formed from the broad community of European researchers and institutions sharing expertise in health grids. After the second Healthgrid conference, held in Clermont-Ferrand on January 29th-30th, 2004, the need for a "white paper" on the current status and prospective of health grids was raised. Over fifty experts from different areas of grid technologies, eHealth applications and the medical world were invited to contribute to the preparation of this document

    Lo stato dei litorali italiani

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    La fascia costiera italiana, che si sviluppa per oltre 7500 kilometri, è caratterizzata da paesaggi di eccezionale valore naturalistico, ma ospita anche una consistente parte delle risorse economiche nazionali, con importanti centri urbani ed industriali, infrastutture viarie ed attività turistiche. Come in tutti i paesi industrializzati, l'interfaccia terra-mare costituisce una delle zone più soggette a degrado ambientale, sia per gli interessi conflittuali che vi si accentrano, sia per la fragilità tipica di ogni ambiente di transizione. Questa fragilità trova la sua espressione più eclatante nell'erosione che colpisce oggi una quota consistente delle nostre spiagge. E' questo un fatto nuovo, perché in epoca storica tutte le spiagge italiane erano intessate da un accrescimento generalizzato, dovuto alla grande quantità di sedimenti che i fiumi portavano a mare in conseguenza degli estesi disboscamenti che venivano praticati nei bacini idrografici. Alla foce dei fiumi arrivavano cosi più sedimenti di quanto il mare non riuscisse a rimuoverne, tanto che in quel periodo si formarono vaste pianure costiere orlate da imponenti cordoni dunari e cuspidi deltizie aggettanti in mare. Le nostre ampie spiagge sono quindi il risultato di un enorme dissesto idrogeologico, innescato da quella riduzione della copertura boschiva che ha accompagnato la crescita del nostro Paese. Dalla metà del XIX secolo, l'abbandono delle campagne e la ricrescita del bosco, le bonifiche per colmata delle paludi costiere e gli interventi di stabilizzazione dei versanti, nonché la costruzione di dighe e l'estrazione di inerti dagli alvei fluviali, determinarono una drastica riduzione dell'apporto sedimentario da parte dei fiumi, cosicché le spiagge iniziarono a ritirarsi. Nello stesso periodo, anche a seguito della sconfitta della malaria, era iniziato il flusso migratorio dall'interno verso la costa, dove, anche per le favorevoli condizioni morfologiche, si vennero a concentrare tutte quelle attività che fanno oggi di questa parte del territorio una delle più dinamiche del Paese e con un flusso demografico in crescita costante. Purtroppo, molti insediamenti furono costruiti in prossimità del mare, proprio quando già l'erosione stava producendo i suoi primi effetti. I1 fenomeno divenne così preoccupante che fu promulgata una legge specifica, quella del 4 luglio 1907 "Legge per la difesa degli abitati dall'erosione marina", che prevedeva I'intervento automatico dello Stato laddove gli insediamenti abitativi erano minacciati dall'erosione. Nella Legge erano contemplate tre possibilità: la costruzione di pennelli, di scogliere parallele a riva o di ogni altro lavoro idoneo a fermare l'erosione. Di fatto i litorali furono "stabilizzati" con scogliere aderenti e protetti dalle onde con scogliere parallele o poste al largo. Furono costruiti anche molti pennelli, bloccando il flusso dei sedimenti lungo riva ed aggravando l'erosione nei tratti di litorale non protetti. Queste opere, inoltre, stravolsero il paesaggio costiero ed impediscono oggi una ottimale utilizzazione dell'arenile. Una scarsa attenzione ai problemi ambientali e una limitata conoscenza dei processi costieri portò anche alla costruzione di porti lungo le coste basse, che intercettano il flusso dei sedimenti lungo riva e causano, o incentivano, l'erosione delle spiagge poste sottoflutto

    Lo stato dei litorali italiani

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    La fascia costiera italiana, che si sviluppa per oltre 7500 chilometri, è caratterizzata da paesaggi di eccezionale valore naturalistico, ma ospita anche una consistente parte delle risorse economiche nazionali, con importanti centri urbani ed industriali, infrastutture viarie ed attività turistiche. Come in tutti i paesi industrializzati, l'interfaccia terra-mare costituisce una delle zone più soggette a degrado ambientale, sia per gli interessi conflittuali che vi si accentrano, sia per la fragilità tipica di ogni ambiente di transizione. Questa fragilità trova la sua espressione più eclatante nell'erosione che colpisce oggi una quota consistente delle nostre spiagge. E' questo un fatto nuovo, perché in epoca storica tutte le spiagge italiane erano intessate da un accrescimento generalizzato, dovuto alla grande quantità di sedimenti che i fiumi portavano a mare in conseguenza degli estesi disboscamenti che venivano praticati nei bacini idrografici. Alla foce dei fiumi arrivavano cosi più sedimenti di quanto il mare non riuscisse a rimuoverne, tanto che in quel periodo si formarono vaste pianure costiere orlate da imponenti cordoni dunari e cuspidi deltizie aggettanti in mare. Le nostre ampie spiagge sono quindi il risultato di un enorme dissesto idrogeologico, innescato da quella riduzione della copertura boschiva che ha accompagnato la crescita del nostro Paese. Dalla metà del XIX secolo, l'abbandono delle campagne e la ricrescita del bosco, le bonifiche per colmata delle paludi costiere e gli interventi di stabilizzazione dei versanti, nonché la costruzione di dighe e l'estrazione di inerti dagli alvei fluviali, determinarono una drastica riduzione dell'apporto sedimentario da parte dei fiumi, cosicché le spiagge iniziarono a ritirarsi. Nello stesso periodo, anche a seguito della sconfitta della malaria, era iniziato il flusso migratorio dall'interno verso la costa, dove, anche per le favorevoli condizioni morfologiche, si vennero a concentrare tutte quelle attività che fanno oggi di questa parte del territorio una delle più dinamiche del Paese e con un flusso demografico in crescita costante. Purtroppo, molti insediamenti furono costruiti in prossimità del mare, proprio quando già l'erosione stava producendo i suoi primi effetti. I1 fenomeno divenne così preoccupante che fu promulgata una legge specifica, quella del 4 luglio 1907 "Legge per la difesa degli abitati dall'erosione marina", che prevedeva I'intervento automatico dello Stato laddove gli insediamenti abitativi erano minacciati dall'erosione. Nella Legge erano contemplate tre possibilità: la costruzione di pennelli, di scogliere parallele a riva o di ogni altro lavoro idoneo a fermare l'erosione. Di fatto i litorali furono "stabilizzati" con scogliere aderenti e protetti dalle onde con scogliere parallele o poste al largo. Furono costruiti anche molti pennelli, bloccando il flusso dei sedimenti lungo riva ed aggravando l'erosione nei tratti di litorale non protetti. Queste opere, inoltre, stravolsero il paesaggio costiero ed impediscono oggi una ottimale utilizzazione dell'arenile. Una scarsa attenzione ai problemi ambientali e una limitata conoscenza dei processi costieri portò anche alla costruzione di porti lungo le coste basse, che intercettano il flusso dei sedimenti lungo riva e causano, o incentivano, l'erosione delle spiagge poste sottoflutto

    Distinct HR expression patterns significantly affect the clinical behavior of metastatic HER2+ breast cancer and degree of benefit from novel anti-HER2 agents in the real world setting

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    We analyzed data from 738 HER2-positive metastatic breast cancer (mbc) patients treated with pertuzumab-based regimens and/or T-DM1 at 45 Italian centers. Outcomes were explored in relation to tumor subtype assessed by immunohistochemistry (IHC). The median progression-free survival at first-line (mPFS1) was 12 months. Pertuzumab as first-line conferred longer mPFS1 compared to other first-line treatments (16 vs. 9 months, p = 0.0001), regardless of IHC subtype. Median PFS in second-line (mPFS2) was 7 months, with no difference by IHC subtype, but it was more favorable with T-DM1 compared to other agents (7 vs. 6 months, p = 0.03). There was no PFS2 gain in patients with tumors expressing both hormonal receptors (HRs; p = 0.17), while a trend emerged for tumors with one HR (p = 0.05). Conversely, PFS2 gain was significant in HRs-negative tumors (p = 0.04). Median overall survival (mOS) was 74 months, with no significant differences by IHC subtypes. Survival rates at 2 and 3 years in patients treated with T-DM1 in second-line after pertuzumab were significantly lower compared to pertuzumab-naive patients (p = 0.01). When analyzed by IHC subtype, the outcome was confirmed if both HRs or no HRs were expressed (p = 0.02 and p = 0.006, respectively). Our results confirm that HRs expression impacts the clinical behavior and novel treatment-related outcomes of HER2-positive tumors when treatment sequences are considered. Moreover, multivariate analysis showed that HRs expression had no effect on PFS and OS. Further studies are warranted to confirm our findings and clarify the interplay between HER2 and estrogen receptor pathways in HER2-positive (mbc) patients
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