80 research outputs found

    The sleep of reason breeds monsters: Antonfrancesco Grazzini and the vertigo of the irrational

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    The literary work of Antonfrancesco Grazzini known as il Lasca is fueled by the polysemic richness of the dream world. The insertion, especially within his fiction, of visionary, abnormal and macabre elements, contributes to the definition of a universe in which the dividing line between reality and appearance, wakefulness and dream, truth and falsehood is destined to be constantly crossed, in the gradual sliding into mysterious and insidious territories, where the primacy of rationality is undermined by the vertigo of the irrational. This dialectical oscillation also permeates some of the author’s comedies, in the name of the satire on the “arte falsa dello ‘ndovinare” – witchcraft, necromancy and popular superstition – encouraged in those years by the Medici power itself as an instrument of consensus and social manipulation

    "Fingendo un certo suo sogno". Oniromanzie burlesche nelle Cene del Lasca

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    The present essay aims to explore the influence of oneiric imagination in Lasca’s Cene – an original reinvention of the Decameron – and in various poems by the Florentine author, whose visionary reverie draws force from the polysemous wealth of the dream world. Comparing Lasca's texts and tales from the Decameron, without forgetting influences stemming from Dante and Petrarch, it delves into the Sixteenth-century rewriting of dreams, as well as the evolution of their interpretation – often employed satirically – to the backdrop of varying Renaissance philosophies

    La poetica leggerezza di Sbarbaro e Saccorotti

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    In questo articolo si propone un originale accostamento fra l’immaginario figurativo di Camillo Sbarbaro e l’universo artistico dell’amico pittore Oscar Saccorotti. Nel testo iconico saccorottiano, infatti, Sbarbaro identifica le tracce di una comune poetica, all’insegna dell’essenzialitĂ  di un’arte scevra da vacui estetismi e da aprioristiche teorizzazioni. La stessa identificazione pittura-poesia suggerita dall’autore di “Pianissimo” – valida anche in senso inverso come omologia fra poesia e pittura – riflette il consapevole riconoscimento critico di una comune formalizzazione estetica. Dagli interventi sbarbariani dedicati a Saccorotti, qui presi in esame, si puĂČ cogliere allora una sorta di «autoritratto involontario», per dirla con lo stesso autore ligure, accomunato al pittore da una peculiare poetica della precarietĂ , sublimata in leggerezza. L’articolo, che si avvale di testimonianze di storici dell’arte come Federico Zeri, si pone alla confluenza fra critica letteraria e critica d’arte

    Nel nome del padre. La Sicilia di Piero Chiara

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    Catabasi nel regno dei morti, il viaggio di Piero Chiara nella Sicilia del padre - narrato nel racconto "Con la faccia per terra" (1965) - si configura come un rituale esorcistico, in un totale rovesciamento del tradizionale tema del nostos. La prosa rappresenta infatti una sorta di commiato dalla Sicilia degli avi e segna il passaggio dalla poetica autobiografica degli esordi al nuovo corso della narrativa chiariana

    Il mulino sul tetto. La narrativa in versi di Nino De Vita

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    In quest'ampia e articolata disamina della narrativa in versi di Nino De Vita, poeta dialettale siciliano, si sottolinea la peculiare struttura poematica della sua opera, all’insegna di un io narrante che non esprime sĂ© stesso, ma dĂ  voce ad una folla policroma di personaggi, attraverso cui abbracciare un coro di esperienze umane. De Vita, attivo da piĂč di vent’anni, Ăš narratore di microstorie della sua isola: un’aspra Sicilia, tra ironia e sentimento della morte, al centro di un'autobiografia lirica rigorosa e antiretorica. L'articolo Ăš arricchito da una lunga intervista inedita al poeta siciliano, e riproduce due ampi stralci inediti tratti dalla sua recente raccolta in dialetto, "Òmini"

    Anime candide. Il carteggio Sciascia-Bartolini

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    L'inedita corrispondenza epistolare fra Leonardo Sciascia e Luigi Bartolini (1952-1955) mostra le profonde corrispondenze fra i due artisti, legati dal comune amore per la veritĂ 

    Nel paese dei «mezzi topi». La commedia dell’infanzia di Dario Fo

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    All’insegna del paradosso, del grottesco e della satira, la destituzione del potere costituito - da cui trae linfa la progettualità utopica e anarchica che da oltre mezzo secolo percorre il suo teatro - connota con altrettanta vis polemica e genialità espressiva le pagine dell’autobiografia di Dario Fo, un originale affresco dei luoghi dell’infanzia all’insegna del felice connubio fra diegesi e mimesi, narrazione e teatralizzazione

    "Nei visionari terrori dell'infanzia": Sciascia e Redon

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    Intento dell’articolo Ăš quello di esplorare – col fondamentale apporto delle immagini – la funzione Redon nell’elaborazione del pensiero sciasciano. L’artista e diarista francese, chiamato in causa dallo scrittore in diverse occasioni, costituisce infatti il perno di un’ideale costellazione di auctores, accomunati dall’adesione ad una poetica simbolista – quest’ultima in senso lato – e, conseguentemente, da un’estetica visionaria. A questa lettura sincronica si accompagna l’evoluzione diacronica del percorso sciasciano, opposto ma speculare a quello di Redon: dalla predilezione per la pittura a quella per l’opera al nero, e dunque dalla luce all’ombra e dal razionalismo al mistero; ma soprattutto il passaggio dall’immagine al segno e dallo sguardo alla visione, quest’ultima orientata sempre piĂč in senso metafisico

    rec. a E. Onufrio, "Scritti letterari e saggi di varia umanitĂ "

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    Si tratta della ripubblicazione, accompagnata da un’accurata introduzione, di alcuni scritti del narratore e giornalista scapigliato Enrico Onufrio, vero esempio d’intellettuale moderno, maestro di stile e attento conoscitore delle nuove esigenze del pubblico, che in una brillante prosa giornalistica dà prova delle sue doti di ‘critico militante’

    Oasi nel deserto. La poetica dello spazio negli scritti sbarbariani dal fronte

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    Nelle lunghe pause della guerra di trincea – definita un «Sahara di automatismo e di imbecillità» - Sbarbaro Ăš tenacemente volto a ritagliarsi «oasi» di silenzio per leggere, comporre, e persino raccogliere le sue amate piante. Lungi dalla ricerca di un’alternativa alla barbarie in senso misticheggiante, il poeta ligure rimane ancorato alla contingenza empirica; quest’ultima emblematizzata appunto dall’oasi, linea divisoria, seppur labile e precaria, fra ordine e disordine, cosmos e caos
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