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Jews in the Papal States between Western Sephardic Diasporas and ghettoization. A trial in Ancona as a case study (1555-1563)
Based on the analysis of a case study from Ancona, this article proposes to reread the beginning of the ghettoization in the Papal States (1555) within both the Western Sephardic Diasporas and the so-long Italian Wars (1494-1555). The breaking of an engagement that was celebrated in Ancona in the winter of 1555 (and therefore in the months which preceded the birth of the ghettos and the opening of proceedings against Marranos), and the lengthy legal controversy that followed it, which was argued in front of a regular Christian magistracy between 1555 and 1563, offers ideas for an effort to answer important questions
Relazioni oltre le mura. Un processo ad Ancona all’epoca dei ghetti (1555-1563)
L’articolo prende le mosse da un lungo processo dibattuto di fronte alle magistrature cristiane di Roma e Ancona nei primi anni della ghettizzazione e si propone di discutere la segregazione degli ebrei nell’Italia moderna come fenomeno generale. Le complesse relazioni tra le comunità ebraiche e le istituzioni pontificie vengono ricostruite a partire dalla rottura di un fidanzamento tra ebrei che coinvolse numerosi ebrei, cristiani (e un neofita) e, addirittura, il celebre cardinale Carlo Borromeo. Il caso di studio presentato porta alla luce la circolazione ininterrotta di cose, notizie e persone tanto nelle comunità ebraiche italiane quanto al di fuori della penisola, ed in particolare con le vicine città costiere ottomane.The article moves from a long trial that had been debated in front of Christian courts and between Rome and Ancona in the first years of the ghetto era to discuss the Italian ghettoization in the Early Modern as a general phenomenon. By focusing on a case study on a broken Jewish engagement in Ancona that involved a multitude of people (Jews, Christians and a Neophyte) and even the famous cardinal Carlo Borromeo, it deeply investigates the relationship between Jewish Communities and Papal Institutions. Thus, it shades light on the uninterrupted movement of people, news and goods throughout the Italian Jewish Communities and out of the peninsula, particularly with the close Ottoman coast
«Io come madre cercava ogni strada». Una madre ebrea e un figlio nei guai nella Roma del Cinquecento
In the Counter Reformation Rome Jewish mother is trying to have her son sent free from the prison. He has been found guilty of many crimes, mainly sexual crimes and he will be most likely sentenced to the galere where the hard conditions would probably kill him. His mother goes around the town,out of the ghetto where Jews are forced to live, looking for help in the attempt to liberate him. The records of the trial report two different voices: the mother’s and the Christian mediator’s telling two different versions of the story. According to the mother, she has paid him a sum coming from her dowry for his help, according to the Christian man he has helped the young Jew because the latter has promised to convert to Christianity. Reading the records we have a deep look inside the streets of the city and the main places of the Jewish life in Rome, including the threatening Casa dei Catecumeni
I “turchi”, la guerra e le conversioni. Per una riflessione su schiavitù e battesimo negli anni della Riforma
Nel 1566 Pio V concesse ai Conservatori di Roma la facoltà di liberare e dare la cittadinanza romana agli schiavi battezzati che si fossero presentati di persona in Campidoglio. La concreta attuazione del provvedimento (documentata da centinaia di casi per il periodo 1516-1787) fece di Roma una meta privilegiata degli schiavi cristiani, per nascita o per conversione, in cerca di emancipazione. L’analisi di questo provvedimento, pur inserendosi principalmente nella storia complessa delle schiavitù mediterranee, si colora di nuovi significati alla luce delle posizioni sulla materia espresse negli stessi anni da Martin Lutero. La lettura intrecciata delle opere del riformatore tedesco dedicate all’emergenza turca in Germania negli anni del primo assedio di Vienna e del conflitto in Ungheria (1529-1547) offre prospettive di sicuro interesse proprio su questi temi. L’esame delle tre prediche (due del 1529 e una del 1541) e delle tre prefazioni alle edizioni a stampa di testi islamici (1530, 1542 e 1543, con l’introduzione al Corano latino di Thedore Bibliander) permette di ricostruire il filo conduttore di una riflessione teologica ampia sui fatti di quegli anni e sul destino del cristiano prigioniero del nemico infedele. La netta condanna della guerra santa e l’invito continuo ad accettare il disegno divino spingono il riformatore verso un approccio nuovo alla schiavitù, assai diverso da quello romano
Legami familiari e rapporti commerciali con i paesi del Mediterraneo
La rimodulazione della società ebraica che era seguita alle espulsioni iberiche aveva favorito il rafforzamento e la ridistribuzione di reti mercantili tradizionali che, a partire dai primi del Cinquecento, si andarono riconfigurando attraverso spazi in cui i rifugiati avevano trovato accoglienza. A iniziare dal 1492, pro- fughi ebrei dalla Spagna (e domini italiani) prima e poi dal Por- togallo si riversarono ovunque fosse possibile. L’Italia, l’impero ottomano, i Balcani, la Palestina, il Nordafrica, le Fiandre e poi, più avanti, al di là degli oceani, l’Asia e le Americhe da poco “scoperte” furono teatro di una stagione di straordinaria riorganizzazione ebraica. L’arrivo degli esuli trasformò in profondità le comunità ebraiche e aprì la via a una nuova epoca. L’Italia, al centro del Mediterraneo e punto di contatto inevitabile tra le regioni cristiane e quelle ottomane «oltre la guerra santa», costituì uno dei crocevia principali di questi inter- scambi. Gli ebrei furono tra i protagonisti di questo incessante andirivieni, sia che vivessero nelle città e nei porti più tolleranti sia che, invece, risiedessero nei ghetti
Fuori e dentro il ghetto: ebrei e istituzioni ebraiche nella Roma della Controriforma
La tesi di dottorato Fuori e dentro il ghetto: ebrei e istituzioni ebraiche nella Roma della Controriforma analizza in profondità i rapporti tra ebrei e cristiani a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Il lavoro è stato condotto su una varietà di fonti archivistiche che vanno dalla schedatura analitica dei protocolli in ebraico e in volgare del fondo Notai Ebrei dell’Archivio Capitolino, alla ricerca dei documenti amministrativi della Camera Apostolica utili per l’indagine, ai registri degli ospedali romani che intrattenevano rapporti d’affari con gli ebrei, alla carte processuali delle magistrature ordinarie e ai fascicoli del S. Uffizio romano fino a comprendere i bandi, gli editti e la produzione legislativa contemporanea in genere. Si tratta di fonti non soltanto inedite ma, per larga parte, solo sporadicamente consultate per il periodo in questione e per il tema in oggetto dagli studiosi di storia moderna. In questo contesto particolare attenzione è stata riservata ai protocolli dei Notai Ebrei. Questi registri, infatti, rappresentano un esempio quantitativamente e qualitativamente eccezionale di testimonianza dall’interno della vita di un gruppo ebraico. Queste carte redatte in ebraico da notai ebrei, per un pubblico di ebrei ma con valore probante se esibiti di fronte a un tribunale ordinario, raccolgono in serie continua, per un secolo, notizie e informazioni complete sulla comunità che li commissionava. L’arco cronologico prescelto - che coincide, grosso modo, con l’ultimo quarto del Cinquecento - è stato selezionato sia sulla base della storiografia a disposizione (che, in linea di massima, si è concentrata negli ultimi anni sui secoli conclusivi dell’età dei ghetti) che in considerazione delle caratteristiche proprie alle fonti considerate specialmente significative per la ricerca e che sembravano segnalare come terreno promettente, oltre che inesplorato, proprio la fase iniziale del periodo. La finalità della tesi, dunque, è quella di esaminare l’impatto sulle condizioni materiali e culturali degli ebrei di Roma di un evento traumatico e di rottura per la loro storia quale fu l’erezione del ghetto nel 1555. I nuclei principali tematici ma anche interpretativi del lavoro riguardano le modalità dello scambio tra comunità minoritaria e società maggioritaria, valutato sia sul piano dell’economia che su quello delle dinamiche culturali. Rientra in questa prospettiva di attenzione alle pratiche sociali “fuori” e “dentro” ghetto anche l’analisi minuziosa delle trasformazioni delle relazioni interne e dell’organizzazione della comunità degli ebrei di Roma messe in atto di fronte alla nuova situazione. I capitolo (Non solo banchieri: gli ebrei nella Roma della Controriforma) affronta le questioni del ruolo economico degli ebrei nella società cittadina a partire dalla descrizione analitica di un processo per spaccio di moneta falsa intentato nel 1594 contro Salomone di Casciano Ram, banchiere rampollo di una prestigiosa famiglia di banchieri ebrei. Attraverso le testimonianze di Salomone, dei suoi soci e conoscenti e la ricostruzione dei percorsi professionali e familiari di buona parte degli indagati - svolta grazie ai dati emersi dalla schedatura delle diverse fonti esaminate per la ricerca - emerge la persistenza di una fitta rete di relazioni personali e istituzionali tra ebrei e cristiani, sia fuori che dentro la città di Roma, nello svolgimento della vita quotidiana e lavorativa. Il ruolo centrale dei banchieri ebrei tanto nell’economia della città quanto nel controllo del potere nel ghetto appare rafforzato rispetto al periodo precedente e incardinato su una diffusa rete di relazioni tessute anche al di fuori di Roma, sulla propensione alla mobilità e su un’innegabile disponibilità al rischio: la posizione predominante dei banchieri comprende, infatti, anche, la diversificazione degli investimenti e un’imprenditorialità allargata finora poco nota negli ospedali e nella gestione dei posti di mercato che si rivelano, anzi, tappe fondamentali nella realizzazione delle carriere professionali e degli avanzamenti sociali legati a queste.
Il II capitolo (Dentro il ghetto: istituzioni e società ebraiche nell’età confessionale) mette in luce il paradosso di una situazione istituzionale e giuridica dell’Universitas Judeorum apparentemente immutata rispetto all’età precedente il ghetto, ancora regolamentata dai Capitoli di Daniel da Pisa del 1524, ma che, in realtà , assiste all’ingresso nella gestione politica e amministrativa di soggetti culturali, i rabbini, fino ad allora relegati alla conduzione di questioni di natura esclusivamente religiosa, che rafforzano, attraverso il sapere normativo e dottrinale, il ristretto gruppo dirigente. L’individuazione dei soggetti chiamati a compiti di responsabilità sia nella risoluzione dei conflitti interni che nella conduzione della res publica comunitaria delinea il profilo di una classe dirigente compatta e coesa in cui, le restrizioni della strategia conversionistica della Controriforma, hanno prodotto cambiamenti significativi: mai prima di allora, infatti, i rabbini avevano ricoperto nella Universitas romana ruoli burocratici e di controllo di tanta responsabilità e tale inedita situazione sembra adombrare, anche in ambiente ebraico, i termini del fenomeno del confessionalismo così significativo in ambito cristiano.
L’analisi in profondità delle trasformazioni interne dell’organizzazione della comunità degli ebrei di Roma di fronte alla nuova situazione determinata dall’applicazione della Cum nimis absurdum, d’altro canto, coincide, in gran parte, con l’esame della trasformazioni occorse alla sua classe dirigente. Tale esame, a sua volta, va condotto “fuori dal ghetto” per reperire notizie sul ruolo di questa e sui suoi comportamenti all’esterno del microcosmo ebraico. Per queste ragioni il III capitolo (Separati in casa: ebrei e cristiani nella Roma della Controriforma) torna a discutere la vita “fuori dal ghetto” e attraverso i complessi e privilegiati rapporti degli imprenditori ebrei con il cardinal camerlengo, avvia il discorso sulla formazione dell’immaginario reciproco, anche grazie all’esame del ruolo di mediatori svolto dai neofiti. L’analisi prende le mosse dalla descrizione di uno strumento normativo - l’inhibitio in Curia ratione foenoris - rilasciato dal camerlengo ai banchieri ebrei di Roma, in forza del quale il cardinale esercita la privativa giurisdizione sull’operato dei prestatori del ghetto; l’inhibitio crea rapporti duraturi tra la classe dirigente ebraica e alcuni esponenti della Curia essenziali sia nell’esercizio delle attività individuali di singoli personaggi che nell’espletazione dei compiti dell’Universitas Judeorum che ai medesimi individui vengono delegati e, attraverso tali relazioni, interviene nelle strategie di potere interne alle magistrature dello Stato della Chiesa e sanciscefortune e successi delle famiglie ebraiche. Al di là dei legami intrecciati nelle sfere dirigenziali, la rete delle relazioni ebraico-cristiane si mantiene vivissima anche negli strati sociali inferiori. L’esame di alcuni processi per furto e truffa in cui sono invischiati ebrei, sia in veste di testimoni che come indagati, dimostra, infatti, che mentre, da una parte, le amicizie più o meno occasionali tra ebrei e cristiani rimangono un elemento essenziale del vissuto quotidiano della città , dall’altra tali frequentazioni, progressivamente, cambiano di segno e di significato e diventano possibili solo e soltanto in presenza di intermediari sentiti come affidabili da tutti gli interessati perché personalmente conosciuti; in questo quadro, naturalmente, una parte centrale è giocata dai neofiti.
La differenziazione tra ebreo reale - percepito in termini amichevoli in quanto soggetto conosciuto de visu - e ebreo immaginario - sentito, invece, come pericoloso e pienamente conforme alle raffigurazioni tratteggiate dalla propaganda - si fa via via più marcata e, attraverso la simbologia legata alla medicina ebraica, introduce la problematica del IV capitolo (Le parole per dirlo: il cognome Astrologo tra curiosità e pregiudizi) che affronta i difficili nodi della sfera della mentalità e delle rappresentazioni culturali attraverso l’analisi di uno stereotipo di lunga durata che attribuisce all’ebreo e ai suoi costumi caratteri magici e di vicinanza con la sfera della stregoneria. L’inclusione degli ebrei nel campo inquisitoriale sancita nel 1581 dalla costituzione Antiqua Iudaeorum Improbitas e il successivo allargamento di questo alla lotta antisuperstiziosa ingaggiata a partire dall’operato di Sisto V Peretti (in particolare con le bolle Coeli et Terrae creator Deus e Immensa Aeterni Dei) accelerano questo processo di scollamento; le notizie sulla “percezione” della pericolosità del mondo ebraico da parte dell’Inquisizione e di coloro che ne denunciano i membri al S. Uffizio, infatti, descrivono una difficoltà di relazione lontanissima dai dati “oggettivi” della presenza, in fondo pacifica e accettata, di quegli stessi ebrei nella vita quotidiana. L’etimologia del cognome Astrologo fornisce, da questo punto di vista, informazioni interessanti e a questa particolare vicenda è dedicato l'ultimo capitolo del lavoro
Saving Souls, Forgiving Bodies. A New Source and a Working Hypothesis on Slavery, Conversion and Religious Minorities in Early Modern Rome (16th–19th Centuries)
In 1566, Pope Pius V granted the Conservatori of Rome the privilege of conferring emancipation and Roman citizenship on baptised slaves who presented themselves in person at the Palazzo Senatorio on the Capitoline Hill. Muslim slaves who were able to reach Rome were the privileged beneficiaries of the papal resolution. The solution offered at the Capitoline constituted an explicit invitation for men and women with distant and uncertain prospects of repatriation and freedom to convert to Catholicism. For the Christian masters of slaves, however, this resolution paved the way for a series of practical problems. Was the conversion of a slave to be encouraged? What did ownership of a Christian slave imply? What rules were to be followed outside Rome? Was it necessary to question the sincerity of conversion and monitor the Catholic conduct of the neophyte? Were converted slaves to receive preferential treatment with respect to those born as Christians, and to infidel slaves of other beliefs?
This article begins to address such questions by investigating slave emancipations on the basis of new data emerging from the archives, and by opening the way for a wide-ranging reading of Roman policy regarding religious otherness in the early modern period. Beginning with the presentation of a completely unknown source for the Roman emancipations (which confirms the practical application of Pius V’s brief), it examines the problems caused by this policy for dealing with slavery. Comparing the strategies developed by the Church for governing the city of Rome with those proposed for other regions, it reveals the overarching eschatological project in which urban space was presented as a unique and authentic model of Catholic society
Massimo Firpo e Germano Maifreda, L’eretico che salvò la Chiesa. Il cardinale Giovanni Morone e le origini della Controriforma, Torino, Einaudi, 2019, 1160 pp. di Lucio Biasiori, Serena Di Nepi, Andrea Del Col e Federico Zuliani
Discussione a piĂą voci sul volume con ampia rassegn
Sisto V e la questione ebraica
Il contributo presenta una discussione sul "filosemitismo" di Sisto VThe paper stresses the thesis of a philosemitism attitude by pope Sixtus V, proving that his most important decrees about Jews. were part of general strategy of proselytim followed by the Church
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