102 research outputs found
I nomi dei venti in Sicilia tra toponomastica, geomorfologia e “mondo magico”. Possibili itinerari di ricerca
Il sistema anemonomastico siciliano appare leggibile su due livelli: da un lato i nomi dialettali dei venti ripropongono in larga misura quelli presenti nell’italiano tramontana, maestrale, greco, scirocco, libeccio, dall’altro si rileva un numero impressionante di anemonimi rifatti su un toponimo e, più spesso, sull’etnico corrispondente, se il paese che dà il nome al vento è situato lungo la direzione da cui esso spira. Ciò è particolarmente evidente per i nomi dei venti “freddi”. Per essi, mediante una ricerca su una piccola porzione del territorio siciliano le Madonie , è stato possibile raccogliere almeno due anemonimi di origine toponimica in ciascuno dei centri indagati.
Mediante lo spoglio sistematico del Vocabolario Siciliano sono presentati i dati relativi a questo meccanismo di denominazione che sono anche rappresentati sotto forma di carte geolinguistiche.
Inoltre, viene ulteriormente indagata la presenza dei continuatori della forma greca ἀπογεία, impiegata in alcune specifiche aree della Sicilia ora per indicare la brezza di monte, ora per indicare quella di valle cfr. Sottile e Genchi (2011) . Questo lessotipo sembra presente solo nelle aree settentrionali dell’Isola in forte connessione con le caratteristiche geo-morfologiche del territorio. Questa tipologia di vento è infatti conosciuta e nominata soltanto in quei paesi siciliani che si configurano come “terrazze sul mare”, in quanto situati su un territorio comprendente contemporaneamente la dimensione geomorfologica della montagna e quella della pianura-vallata.
Viene infine indagato il rapporto gtra diverse tipologie di vento e mondo magico-religioso con particolare riferimento alla relazione tra il nome di alcuni venti e il significato di “diavolo”
Place Identity e marcatezza diatopica nella canzone dialettale siciliana
Il ritorno alla “località”, anche mediante il dialetto, quale simbolo di microspazialità fisica e culturale, con lo scopo di creare il necessario contrappunto al senso di straniamento e alienazione determinato dal modello globale, sembra particolarmente vero per la canzone dialettale contemporanea. Non sarà un caso, dunque, che molti autori neodialettali, già impegnati nella espressione di un’identità di luogo mediante il ricorso al dialetto che, in quanto tale, si configura come codice diatopicamente marcato e quindi intimamente legato a uno specifico spazio, non sanno fare a meno di richiamare nei propri testi, a puntello della “località” linguistica, contesti fisici del loro vissuto. Potrebbe, allora, essere utile provare a seguire le linee di svolgimento di queste due tipologie di approccio alla località: da un lato il richiamo, per lo più mediante la toponomastica dialettale, a specifici setting fisici utili a simboleggiare se non a rappresentare la proiezione verso il microluogo come “ritorno alle radici” in funzione antiglobale; dall’altro l’uso di un dialetto non più “locale” (cioè “regionale” o, comunque, “altro dalla lingua nazionale”), bensì “localissimo” in quanto caratterizzato, soprattutto sul piano fonetico e lessicale, da tratti che ne garantiscono l’autenticità diatopica e la coincidenza col micro-luogo di provenienza dell’artista che ne faccia uso. In quest’ultimo caso sarà interessante notare come, nell’ambito di una opzione linguistica pro loco, finiscano per acquistare grande dignità lirica anche varietà dialettali fino a qualche anno fa ritenute “rozze e volgari” e comunque inadatte a essere impiegate in funzione poetica.The current trend to recover “locality” by means of the dialect seems to be particularly true for Sicilian dialectal songs, since it is regarded as a symbol of a physical and cultural micro-space opposing the sense of estrangement and alienation caused by globalization. Many singers actually seem to be deeply involved in expressing a place identity by using their dialect which, as such, represents a powerful device to underline their intimate relation with the place they come from. In their dialectal texts singers further underline this place identity by recalling physical settings related with the space of the dialect they use. Thus, it would be interesting to try to follow these two different, and often integrated, approaches to locality: on the one hand, we find the constant reference, thanks to the use of local toponyms, to specific physical settings useful to symbolize the return to one's roots in opposition to the global village; on the other hand, we observe the use of the dialect which does not simply appear as a “local” dialect (i.e. a regional dialect or something different from national and official languages) but a “very very local” dialect within a pro loco linguistic choice. In the latter case, some dialectal varieties, generally regarded as rude or even “shubby” and, however not good enough to be employed for “poetic” purposes, are instead currently employed as good linguistic codes useful to satisfy the audience’s poetic expectations
Pitré, la cultura alimentare e i quesiti semasiologici dell’Atlante Linguistico della Sicilia
Degli oltre 700 quesiti di cui si compone il Questionario alimentare dell’Atlante Linguistico della Sicilia (ALS), più di cento sono di tipo semasiologico. Oltre 100 quesiti semasiologici su 700 sono un numero consistente, se si considera che, nell’ambito dell’atlantistica, l’approccio semasiologico è stato per lo più considerato di ‘secondo livello’, essendo prevalentemente appannaggio della lessicografia e dell’(etno)semantica. L’idea di inserire, invece, programmaticamente, già nel “Questionario” un numero considerevole di domande semasiologiche, come nel caso della campagna alimentare dell’ALS, muove certamente dal presupposto, dovuto a una conoscenza preacquisita, che un certo numero di “parole” alimentari possano significare “cose” diverse a seconda delle aree, ovvero che siano parole la cui presenza è limitata ad alcune specifiche aree o punti di indagine ben circoscrivibili.
Al momento della stesura definitiva del Questionario alimentare dell’ALS, altre esperienze atlantistiche regionali italiane avevano ben evidenziato, d’altra parte, l’estrema difficoltà a operare con domande di tipo semasiologico, difficoltà consistente innanzitutto nello stabilire già quale parola dialettale usare ancor prima di chiedere che cosa essa significhi. Nel caso del Questionario dell’ALS, la forma dialettale prescelta è coincisa con quella riscontrabile nei vocabolari dialettali. Ma il raccoglitore che ha operato con il “Questionario alimentare” ha potuto disporre non soltanto della tipizzazione lessicale, ma anche di quella semantica. Nel Questionario alimentare dell’ALS, infatti, i significati delle parole potenzialmente polisemiche sono raccolti e strutturati in una sorta di Appendice (cfr. G. Ruffino e Nara Bernardi, Per una ricerca sulla cultura e sul lessico gastronomico in Sicilia. Appunti e materiali, Palermo 2000) con la produzione di un “Glossario”, utile a sciogliere dubbi sull’ambiguità di significati potenzialmente polisemici (quesiti semasiologici), grazie a una serie di informazioni ricavate, oltre che dall’esperienza acquisita, da poche fonti di sicuro affidamento. Tra queste «fonti», un’importanza fondamentale è attribuita a Pitré, nella cui opera è possibile rilevare forme e significati coincidenti con una quarantina dei 100 quesiti semasiologici presenti nel Questionario alimentare ALS. In relazione ai quesiti semasiologici e soprattutto per quelli che vedono Pitré come unica fonte, potrebbe essere interessante dare un primo sguardo al materiale raccolto con le inchieste alimentari, mediante il Questionario, nel tentativo di valutarne la produttività. Viene dunque proposto, a mo’ d’esempio, il caso di sciabbò (Pitré, “Spettacoli e feste pollari siciliane”, p. 169) riguardante, per altro, l’ambito della pasta, finora poco studiato all’interno del cantiere dell’Atlante Linguistico della Sicilia
PAROLE MIGRANTI TRA ORIENTE E OCCIDENTE
L’immagine che oggi il Mediterraneo offre è
lungi dall’essere rassicurante. Ai nostri giorni si
può dire che le sue opposte rive non abbiano in
comune che le loro insoddisfazioni. E sempre
più si percepisce questo mare come spazio di
attraversamenti intollerati. Percepire il Mediterraneo
partendo dal suo passato rimane tuttavia
un’abitudine tenace, e a volte viene da
pensare che la retrospettiva prevalga sulla prospettiva.
La retrospettiva è però irrinunciabile,
oggi più che mai. E lo è nel momento in cui la
realizzazione di una convivenza in seno ai territori
multietnici, là dove si incrociano e si mescolano
culture, religioni, lingue diverse, conosce
sotto i nostri occhi uno smacco crudele.
Con questa nuova Collana, il Centro di studi filologici
e linguistici siciliani conferma la speciale
attenzione per la Scuola, alla quale vuole
offrire agili strumenti di approfondimento sugli
aspetti più diversi della storia linguistica della
Sicilia e della cultura dialettale.
La pubblicazione di questo primo testo, nel
quale si ricostruiscono succintamente molteplici
percorsi di parole e di cose tra Oriente e
Occidente, si colloca ancora una volta nel contesto
mediterraneo, oggi tragicamente sconvolto
da migrazioni di donne, uomini, bambini,
ma anche arricchito dall’incontro di lingue e di
culture. Questo volumetto vuole essere perciò
un contributo a una migliore comprensione di
quanto – oggi come ieri – accade intorno a noi
L'italiano "cantato" tra modulazione diafasica, tradizione canzonettistica e accesso alla variabilità
Lo studio della lingua e della testualità nella canzone non può limitarsi a riproporre il modello analitico impiegato, peraltro assai fruttuosamente, nel corso dell’ultimo ventennio volto a indagarne usi e funzioni espressivi e qualità strutturali. Questo modello, come è noto, approccia il testo della canzone nella sua natura di espressione principalmente artistico-letteraria e sulla base di questo legittimo punto di vista ha dato luogo a ottime analisi che si sono però concentrate soprattutto sugli aspetti diamesico-diafasici che hanno modulato la formazione in questi ultimi anni di generi musicali e profili artistici individuali. I lavori più noti in questo ambito (Scrausi 1996, Scholz 1998, Antonelli 2010) hanno analizzato la lingua della canzone nei termini della definizione della distanza (quindi della variazione) fra le diverse tipologie di scrittura associate ai generi musicali e lo standard linguistico-testuale sedimentato dalla tradizione. Tale distanza è stata definita sulla base del diverso grado di penetrazione nel testo di tratti del parlato e dei registri colloquiali. Mimesi del parlato e mantenimento/ripresa/trasformazione della tradizione (linguistica) canzonettistica italiana novecentesca legata spesso alla lingua paraletteraria del melodramma sono, dunque, al centro di questi lavori. L’idea di variazione che viene fuori resta, tuttavia, piuttosto monodimensionale e unidirezionale. Lo è soprattutto in quanto le relazioni fra le varietà sembrano muoversi in una direzione lineare dallo standard verso la galassia del non standard di cui si isolano per lo più i soli addensamenti diafasici. Sembrano dunque restare escluse dall’interesse analitico forme e modelli di variazione che seguono vie diverse. In primo luogo, occorrerebbe ragionare sul concetto di standard e domandarsi se gli autori dei testi condividano lo stesso modello di standard e se tutti abbiano la stessa possibilità/capacità di accedervi. Queste domande chiamano in causa l’irrisolto nodo teorico della consapevolezza della variazione. In seconda battuta, e in conseguenza del primo punto, si dovrebbe allargare il campo a tutte le dimensioni della variazione e a tutte le varietà del repertorio, comprese le varietà dialettali. Nella prospettiva degli studi appena citati anche l’impiego delle varietà dialettali è stato letto prevalenetemente in chiave di modulazione diafasica e di mimesi del parlato. E però, proprio dalla riflessione sulla funzione del dialetto nella canzone possono crearsi i presupposti per l’elaborazione di un modello esplicativo della variabilità della lingua della canzone che vada oltre la relazione standard-variazione di registro. Su questa linea si muovono recentissimi lavori (ad esempio Sottile 2013) che, sulla scorta della più generale attenzione riservata alla rivitalizzazione e rifunzionalizzazione dei dialetti, indagano le ragioni della scelta (anche) del dialetto quale strumento linguistico in grado di assolvere, nel testo canzone, a diverse esigenze. Un modello di analisi di questo tipo dovrebbe essere pluridimensionale e policentrico, in quanto diversi sono non solo i campi di variazione coinvolti ma gli stessi modelli linguistici di riferimento dei singoli autori. Va da sé che, nel definire la natura policentrica del modello di analisi, la diatopia venga ad assumere un ruolo di protagonista, di motore della variabilità (anche) della lingua della canzone e non più solo di sfondo. In diatopia si formano i modelli linguistici del parlato filtrati, a loro volta, e fissati in diamesia dallo scritto per essere cantato. Così, da oggetto di un gioco mimetico, il parlato nel testo della canzone passa ad assolvere a una funzione di indicatore della variabilità linguistica, tesa non soltanto a soddisfare esigenze espressive, ma a riproporre le reali condizioni d’uso e della “lingua variabile”
«IN ALTO I CUORI / L’ITALIA CAMBIA VERSO». DISCORSO POLITICO E INTERAZIONE NEI SOCIAL NETWORK
Scopo della comunicazione è studiare la presenza dei politici italiani nei due social network con maggior numero di utenti (Facebook e Twitter).
Nel dibattito sviluppatosi negli ultimi anni è stato sottolineato come il passaggio dal web 1.0 al web 2.0 (e ormai quasi 3.0) abbia portato a un avvicinamento fra politici e utenti/elettori/cittadini (in quest’ordine). Nel più generale contesto di “disintermediazione della comunicazione” (Bentivegna 2002), si è pensato (forse ci si è illusi) che il superamento del filtro rappresentato dai media tradizionali avrebbe creato un rapporto diretto fra politici e cittadini, quasi del tipo “dal produttore al consumatore”. Recenti lavori (ad esempio Spina 2012) hanno invece mostrato come, a fronte della massa di messaggi presenti nei profili e nelle pagine dei SN riconducibili a esponenti politici, solo una parte di questi è costituita da scambi bidirezionali fra l’esponente politico e uno (o più utenti).
L’ipotesi sviluppata nel contributo è che scopo primario della presenza dei politici sui social network non è tanto quello di creare un contatto bi-direzionale con gli utenti/elettori/cittadini, ma quello di poter gestire la comunicazione mono-direzionale in modo più diretto e immediato, senza il filtro (anche linguistico) dei media tradizionali.
Allo scopo di verificare questa ipotesi sono stati monitorati il profilo Twitter e la pagina Facebook di Beppe Grillo e di Matteo Renzi. La scelta di soffermarsi su questi personaggi politici è dettata essenzialmente da due motivi: il primo è che Grillo e Renzi sono i due politici italiani con il maggior seguito sui social network (un milione e mezzo di followers su Twitter e altrettanti seguaci su Facebook Grillo, quasi novecentomila su Twitter e quasi seicentomila su Facebook Renzi); il secondo è che entrambi trovano in rete il terreno loro più congeniale, in quanto conoscono molto bene i meccanismi del web, le sue potenzialità e i suoi limiti, che essi sanno sfruttare a proprio vantaggio. In particolare, l’analisi si è concentrata sui seguenti aspetti:
1) Tipologia dei post (notizie sull’attività politica e su iniziative, commenti su avvenimenti o su dichiarazioni di altri politici, ecc.)
2) Tipologia delle interazioni che vengono a crearsi, distinguendo tra:
2a) le interazioni fra il politico e gli utenti;
2b) le interazioni fra gli utenti
3) Caratteristiche linguistico-testuali dei post, loro grado di coerenza con la “lingua del web” (nei diversi livelli dell’analisi linguitica) e grado di coscienza metalinguistica e metapragmatica per l’(auto)identificazione delle due diverse comunità di utenti
La considerazione di questi aspetti contribuisce a delineare le differenti strutture partecipative che caratterizzano l’interazione nei profili e nelle pagine dei due leader politici. Tale definizione costituisce il primo passo per individuare le differenze di carattere linguistico-testuale fra i due esponenti politici e i loro seguaci nei diversi tipi di post e nei diversi tipi di interazione considerati
PARLANTE, IDENTITÀ E (ETNO)TESTO FRA STORIA DELLA LINGUA E DIALETTOLOGIA. L’ESPERIENZA DELL’ATLANTE LINGUISTICO DELLA SICILIA
Vengono discusse le relazioni che intercorrono tra il
testo e tutti i suoi elementi costitutivi (interni ma soprattutto esterni). L’attenzione è rivolta in particolare al progetto dell’Atlanete Linguistico della Sicilia.
A proposito del rapporto scritto/parlato viene richiamata quella dimensione che Koch e Oesterreicher definiscono “concezionale” e che ha riorganizzato la dicotomia fra polo dello scritto e polo dell’orale
(cfr. Koch e Oesterreicher 2001, Koch 2005 e 2009). Interpretare
la variazione testuale in termini di modo di “concepire” il testo come un continuum
fra i poli della vicinanza e della distanza comunicativa consente
di collegare il testo alle sue condizioni storiche, sociali e culturali di
produzione, ivi comprese i rapporti fra il suo produttore e il suo fruitore
Low-energy electronic excitations and band-gap renormalization in CuO
Combining nonresonant inelastic x-ray scattering experiments with state-of-the-art ab initio many-body calculations, we investigate the electronic screening mechanisms in strongly correlated CuO in a large range of energy and momentum transfers. The excellent agreement between theory and experiment, including the low-energy charge excitations, allows us to use the calculated dynamical screening as a safe building block for many-body perturbation theory and to elucidate the crucial role played by d-d excitations in renormalizing the band gap of CuO. In this way we can dissect the contributions of different excitations to the electronic self-energy which is illuminating concerning both the general theory and this prototypical material.Combining nonresonant inelastic x-ray scattering experiments with state-of-the-art ab initio many-body calculations, we investigate the electronic screening mechanisms in strongly correlated CuO in a large range of energy and momentum transfers. The excellent agreement between theory and experiment, including the low-energy charge excitations, allows us to use the calculated dynamical screening as a safe building block for many-body perturbation theory and to elucidate the crucial role played by d-d excitations in renormalizing the band gap of CuO. In this way we can dissect the contributions of different excitations to the electronic self-energy which is illuminating concerning both the general theory and this prototypical material.Combining nonresonant inelastic x-ray scattering experiments with state-of-the-art ab initio many-body calculations, we investigate the electronic screening mechanisms in strongly correlated CuO in a large range of energy and momentum transfers. The excellent agreement between theory and experiment, including the low-energy charge excitations, allows us to use the calculated dynamical screening as a safe building block for many-body perturbation theory and to elucidate the crucial role played by d-d excitations in renormalizing the band gap of CuO. In this way we can dissect the contributions of different excitations to the electronic self-energy which is illuminating concerning both the general theory and this prototypical material.Peer reviewe
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