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    Giuseppe Sommaruga e i modernisti italiani

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    Giuseppe Sommaruga \ue8 incline a quel senso dell\u2019iperbolico, sovente ottenuto anche per contrasti dimensionali e studiati \u201cfuori scala\u201d pur in organismi contratti, che procede dalla semplificazione dei formulari storicisti fino al loro disinvolto accorpamento e all\u2019omologazione figurale, con alquanti contrappunti ed eterodosse soluzioni di continuit\ue0, verso una visione monumentale persuasiva ma esente da enfasi didascaliche e, nel divenire, sempre pi\uf9 ruvida e arcaicizzante. Anzi l\u2019iperbolico \ue8, in fin dei conti, il \u201cfilo rosso\u201d dei suoi modi architettonici fin dalla prima stagione eclettica, dal progetto per il Concorso del Parlamento del Regno d\u2019Italia a quello per l\u2019Ossario di Palestro, dai progetti per i concorsi dei palazzi istituzionali a Buenos Aires e a Montevideo a quelli per i cimiteri di Bergamo e di Mantova, dallo Chalet Theobroma all\u2019Esposizione Nazionale d\u2019Igiene di Milano del 1891 al complesso per le Esposizioni Riunite di Milano del 1894. Sempre l\u2019iperbolico, che per soli contrasti affiora persino nella sua produzione professionale pi\uf9 convenzionale (in particolare quella compresa fra il 1895, a seguito del successo per il complesso delle Esposizioni Riunite, e il 1901 anno della svolta di Palazzo Castiglioni) , ne avrebbe, poi, sostanziato l\u2019operare modernista, distinguendolo nel panorama italiano e proiettandone la poetica ben oltre la prevedibile influenza su altri progettisti del periodo Liberty (che anzi ne recepiscono in maniera squisitamente esornativa il messaggio, a differenza di personalit\ue0 come Arata o, verosimilmente, come Sant\u2019Elia). L\u2019iperbolico compare come componente subliminale nel Palazzo Castiglioni (materico \u201cnon finito\u201d e contaminazioni figurali nei prospetti e nelle finiture, anche polimateriche, e manipolazione della citazione garnieriana per lo scalone-fuclro); compare ancora quale additivo di contrasto nella strumentazione formale nel Palazzo Viviani-Giberti a Trieste del 1906-1907 o per caratterizzazione di contrappunto nelle milanesi redesidenze Comi del 1906, Salmoiraghi del 1906, Galimberti del 1908, Faccanoni (poi Romeo) del 1912-1914 e nelle ville Galimberti a Stresa del 1906 e Carosio a Baveno del 1908-1909. \uc8 con le opere per i Faccanoni a Sarnico (dal 1907 al 1912) che Sommaruga, oltre a sublimare quella mitologia peculiare delle societ\ue0 pi\uf9 evolute del modernismo europeo consistente nel binomio fra ethos del progettista animato da slanci liberatori e proiezione della committenza verso modi e segni di un ideale meliorista di progresso sentito come missione totalizzante (formula che in Italia ha pochi altri casi simili e fra questi il precedente dei Florio con Basile in una Palermo ancora, fino al 1910, rilevante quale polo economico e citt\ue0 con una societ\ue0 egemone cosmopolita), riformula i modi della sua progettazione fino ad allora solamente supportati dalla vocazione iperbolica; essa ora non \ue8 pi\uf9 uno strumento gregario del fare architettonico, non interviene pi\uf9 come qualificante correttivo, ma assume il ruolo di valenza della stessa logica progettuale contribuendo, anche dall\u2019inibito contesto italiano, al superamento di quel \u201cfalso problema\u201d della ricerca di nuovi codici architettonici che era stato l\u2019innesco e, al tempo stesso, il limite della volont\ue0 di generale \u201criorganizzazione del visibile\u201d propria dell\u2019Art Nouveau

    Ducrot, mobili e arti decorative

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    DUCROT, MOBILI E ARTI DECORATIVE Attiva fin dagli anni Settanta del XIX secolo fino al 1970, estendendosi gradualmente da Palermo alle maggiori citt\ue0 d\u2019Italia e poi a diverse aree del Mediterraneo, la fabbrica assume la denominazione Ducrot, Mobili e Arti Decorative, Societ\ue0 Anonima per Azioni a partire dal 1907, quando viene registrata alla Borsa di Milano, con capitale sociale di L. 1.500.000 sede e officine a Palermo in via Paolo Gili, nella contrada dell\u2019Olivuzza. Dal 1939, in seguito al rilevamento dell\u2019impresa ad opera di un gruppo finanziario genovese, muta il nome in Societ\ue0 Anonima Ducrot. Mobili, Sede Genova \u2013 Officine Palermo, con uffici anche in piazza Piccapietra n. 83 a Genova. Fra il 1902 e il 1907, prima della trasformazione in societ\ue0, l\u2019impresa opera con la denominazione Ducrot, Successore di Carlo Golia & C. e di Solei Hebert & C., Palermo, essendone diventato proprietario unico Vittorio Ducrot, figliastro di Carlo Golia, fondatore della omonima ditta, originariamente di rappresentanza dei prodotti (stoffe per l\u2019arredamento) della Solei Hebert & C. di Torino. Gi\ue0 negli anni Settanta del XIX secolo la ditta, con lussuoso negozio in corso Vittorio Emanuele a Palermo, integrava l\u2019attivit\ue0 di emporio di stampo britannico per l\u2019arredo alto borghese, con quella di atelier per tappezzerie e, poi, per la costruzione di mobili (inizialmente da giardino) e per la realizzazione di decorazioni di interni. \uc8 Vittorio Ducrot, prima come direttore poi come comproprietario (dal 1900 fino alla morte di Carlo Golia avvenuta nel 1901), a innescare l\u2019accelerazione industriale grazie anche al reperimento di nuovi capitali di giovani benestanti palermitani, che sottraggono la ditta al fallimento (sfiorato nel 1895) e alla parziale dipendenza commerciale dalla Solei Hebert. Oltre a mettere a punto prototipi, poi derivati in serie economiche di alta qualit\ue0 tecnico-formale, e a ideare arredi completi autonomamente, interpreti del principio della Gesamtkunstwerk, coordinando l\u2019opera di scultori (Antonio Ugo, Gaetano Geraci), di pittori (Ettore de Maria Bergler, Giuseppe Di Giovanni, Michele Cortegiani, Rocco Lentini, Giuseppe Enea e Salvatore Gregorietti), di qualificate imprese artigiane o industriali nel campo delle arti applicate (la Ceramica Florio, il maestro ferraio Salvatore Martorella, la fabbrica di lampadari e apparecchi di illuminazione Carraffa, tutti di Palermo o straniere come la viennese fabbrica di tappeti Haas), Ernesto Basile, in accordo con Vittorio Ducrot, mette in atto uno dei rari esperimenti riusciti in ambito internazionale, di parziale \u201criorganizzazione del visibile\u201d atto a connotare, propagandisticamente, in maniera unitaria l\u2019immagine colta di una impresa produttiva. Di questa ricercata ufficialit\ue0 modernista la manifestazione pi\uf9 eclatante, oltre alla progettazione delle carte intestate, dei locali di vendita dei marchi, delle nuove officine (progetto poi non realizzato), \ue8 costituita dalla partecipazione della ditta Ducrot, sempre in coppia con Ernesto Basile, ad alcune delle pi\uf9 importanti mostre ed esposizioni di arti decorative e industriali organizzate in Italia nel primo decennio di questo secolo. In alcuni consistenti settori, i pi\uf9 rappresentativi, la ditta consegue un\u2019inappuntabile peculiarit\ue0 figurale siciliana (tanto come espressioni di cultura \u201calta\u201d quanto come rivalutazione e risemantizzazione di tradizioni tecnico-artistiche popolari) sostenuta dalla collaborazione di Ernesto Basile e della sua cerchia di artisti e da qualificati disegnatori di mobili (non di rado allievi di Basile) fra i quali primeggiano Michele Sberna e Ludovico Li Vigni. Conforme alla messa a punto di logiche serie di mobili aderenti ad una estetica della riproducibilit\ue0 industriale, e tuttavia strutturati in insiemi dalle espressivit\ue0 (localizzate o complessiva) di matrice fisio-psicologica, il programma di riorganizzazione dell\u2019impresa, attuato da Vittorio Ducrot, comprendeva anche la documentazione sistematica dell\u2019attivit\ue0 produttiva, la rigida divisione del lavoro (anche all\u2019interno delle due categorie creativa ed esecutiva), la realizzazione di nuovi e dettagliati cataloghi di vendita, l\u2019espansione del mercato con moderni criteri persuasivi (fondati sul concetto di irrinunciabilit\ue0 inoculato nei potenziali acquirenti dalle stesse comunicative e riconoscibili qualit\ue0 tecnico-formali dei prodotti e da un\u2019abile azione propagandistica). In quest\u2019ottica rientra, oltre all\u2019impegnativa partecipazione alle manifestazioni espositive, la proliferazione sul territorio nazionale di eleganti succursali di vendita, in gran parte arredate da Basile: a Catania, in via Stesicoro, nel 1904; a Milano, in via T. Grassi, nel 1907; a Roma, in via del Tritone, nel 1910 (poi trasferita in via Condotti); a Napoli, in via G. Filangeri, nel 1917. Fra gli arredi particolari realizzati prima della guerra del 1915-1918 ricordiamo, inoltre, quelli del 1906 per il Palazzo d\u2019Estate dell\u2019Ambasciata Italiana a Therapia (Istanbul) nell\u2019Impero Ottomano e quelli per gli uffici della FIAT a Milano del 1911. Dal 1912 al 1930 Giuseppe Capit\uf2, sia pure in maniera discontinua, collabora con la Societ\ue0 come Direttore Artistico. Durante il Primo Conflitto Mondiale gli impianti vengono adattati alla costruzione di biplani idrovolanti caccia-bombardieri per i governi italiano, francese e inglese; viene realizzato, pertanto, un distaccamento delle officine sull\u2019arenile della citt\ue0 balneare di Mondello. Dal 1919 inizia la produzione di arredi navali; dopo la realizzazione dei mobili e delle decorazioni per il Regio Yacht Savoia i principali committenti saranno la Navigazione Generale Italiana e la Societ\ue0 Italiana di Servizi Marittimi. Per queste societ\ue0 di navigazione (soprattutto per la prima creata dai Florio), dal 1919 al 1932 gli stabilimenti di via P. Gili (poi coadiuvati nelle sole fasi di montaggio, nei Cantieri di Genova, da una ditta subalterna dell\u2019ingegnere Tiziano De Bonis) arredano la turbonave Esperia (1919-20), i transatlantici Giulio Cesare (1920-21), Duilio (1922-23), Roma (1925-26) e Augustus (1926), la turbonave Ausonia (1926-28), i transatlantici Citt\ue0 di Napoli (1927-28) e Rex (1930-32). Dal 1923 al 1930 nella Sezione Navale dell\u2019Ufficio Tecnico operano Giuseppe Spatrisano e altri giovani architetti e artisti palermitani, fra cui Vittorio Corona. Fra le tante collaborazioni per gli arredi navali figura quella di Galileo Chini. A cavallo fra gli anni Venti e gli anni Trenta la Ducrot realizza innumerevoli arredi, spesso d\ue9co, per navi di privati (del 1931 \ue8 l\u2019incarico per la nave dello Sci\ue0 di Persia), per panfili, per sontuose residenze patrizie. Nel 1930 Carlo Ducrot, figlio di Vittorio, assume la carica di Direttore Tecnico e imprime la definitiva svolta \u201cmoderna\u201d all\u2019impresa paterna. Nel 1932 entrano in produzione i mobili in tubolare metallico, ma appena due anni dopo la Societ\ue0 accusa forti difficolt\ue0 economiche causate anche dalla caduta delle grandi commesse navali (fra questi ricordiamo gli arredi per le cabine e gli ambienti comuni degli ufficiali nelle unit\ue0 della Regia Marina Militare). Nel 1936 l\u2019estensione degli stabilimenti si riduce a soli 8.500 mq.; i rimanenti due terzi del complesso vengono riformati per l\u2019istallazione della Societ\ue0 Anonima Aeronautica Sicula creata in seguito alla fusione con la fabbrica Caproni: Vittorio Ducrot ne \ue8 Vice Presidente. La fabbrica di mobili nel 1939 cade nelle mani del gruppo finanziario capeggiato da Tiziano De Bonis; Vittorio Ducrot conserva la carica di Presidente della nuova Societ\ue0 (sarebbe morto tre anni dopo). Dopo le forniture per il Consolato Alleato (1943-45), l\u2019attivit\ue0 del mobilificio ritorna al mercato libero e alle grandi commesse, perpetuando, nei venticinque anni di attivit\ue0 del secondo dopoguerra, la proverbiale fama di imperabilit\ue0 tecnica e onest\ue0 costruttiva dei suoi prodotti, ma perdendo inesorabilmente il ruolo di propositrice di forme nuove e originali. La Societ\ue0 continua ad avvalersi di qualificati progettisti palermitani e non (fra questi ricordiamo V. Monaco, A. Luccichenti, M. Marchi, M. Collura, M. De Simone) e della collaborazione di artisti di primo piano (fra cui Giuseppe Capogrossi e Edgardo Mannucci), ma non persegue una originale politica culturale, limitandosi a registrare, con garbato gusto reinterpretativo, gli esiti dei nuovi orientamenti della cultura della progettazione industriale

    Arte e Architettura in Sicilia

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    Fra la prima et\ue0 del Liberty in Sicilia, interamente dominata fino allo scadere del primo biennio del XX secolo dalla figura di Ernesto Basile (Palermo 1857-1932), e la sua lunga ultima stagione, caratterizzata da epigoni (divenuti poi del tutto impermeabili al \u201cnuovo\u201d) e anonimi progettisti e decoratori, si svolgono i due decenni della fase di maggiore incidenza di questa tendenza stilistica nel processo di rinnovamento dei centri urbani siciliani (e in maniera pi\uf9 circoscritta anche di ambiti suburbani e rurali); \ue8 un periodo che vede come protagonisti lo stesso Basile, i migliori esponenti della sua \u201cscuola\u201d (sia quelli provenienti dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti dell\u2019Ateneo di Palermo sia quelli del Corso Speciale di Architettura del Regio Istituto di Belle Arti, sempre di Palermo) e un novero di architetti, ingegneri e geometri, attivi in tutta la Sicilia, autonomi (rispetto ai codici basiliani) o solo occasionalmente impegnati ad operare in chiave Liberty (talvolta influenzati dai \u201cmodi\u201d formali di Basile, talvolta ecletticamente ricettivi di altre tendenze continentali, prevalentemente d\u2019oltralpe); fra questi ultimi emergono Vincenzo Alagna, Emanuele Arangi, Gaetano Avolio, Paolo Bonci, Filippo Cusano, Saro Cutrufelli, Francesco Donati Scibona, Michele La Cavera, Paolo Lanzerotti, Filippo La Porta, Fabio Majorana, Tommaso Malerba, Salvatore Mazzarella, Giuseppe Manzo, Salvatore Marascia, Giuseppe Nicolai, Giuseppe Piccione, Francesco Paolo Rivas, Achille Patricolo, Giovanni Pernice, Giovanni Tamburello, Nicol\uf2 Tripiciano, Gaetano Vinci, Antonio Zanca. Si tratt\uf2 di un\u2019eccezionale proliferazione di realizzazioni proprio nel campo della produzione edilizia (ancor pi\uf9 che nelle arti figurative), verificatasi in gran parte del territorio dell\u2019isola. Il protrarsi decisamente fuori tempo massimo della fortuna di quest\u2019esperienza ha la sua manifestazione pi\uf9 eclatante nelle derivazioni di provincia prevalentemente influenzate dalla \u201ccellula\u201d propulsiva dell\u2019Arte Nuova palermitana attivata da Ernesto Basile (a meno di Messina, per la cui ricostruzione il filone della \u201cmaniera\u201d di Basile dovette fare i conti con i nuovi equilibri nazionali delle forze finanziarie, e dell\u2019area di Siracusa, orientata ad un ubertoso florealismo dovuto alla esemplare direzione, di orientamento boitiano, del piemontese Giovanni Fusero della locale Regia Scuola d\u2019Arte Applicata all\u2019Industria). Ma non bisogna dimenticare che in Sicilia continua ad operare con grande qualit\ue0, quantomeno fino alla prima guerra mondiale, un irriducibile filone tradizionalista, del tutto impermeabile alla linea estetica modernista (ma anche alle sue derive di \u201cconsumo\u201d) e tuttavia portatore di specifici valori culturali; ne sono paladini Carlo Sada e i suoi bravi epigoni in area catanese e Giuseppe Damiani Almeyda con i suoi pi\uf9 validi allievi (fra cui Nicol\uf2 Mineo e Antonio Zanca) attivi a Palermo come del resto anche Francesco Paolo Palazzotto, una delle personalit\ue0 pi\uf9 interessanti del tardo eclettismo italiano. \uc8 questa l\u2019altra tendenza rispetto all\u2019idea di Basile di coinvolgere artisti, progettisti e intellettuali in un\u2019azione culturale collettiva tesa al raggiungimento di una \u201cvia latina\u201d del programma di generale \u201criorganizzazione del visibile\u201d propugnato dalla migliore cultura modernista internazionale. Un proposito che Basile, soprattutto a partire dal 1905, riesce a perseguire anche a livello regionale (e non solo) grazie alla presenza di significative figure della sua \u201cscuola\u201d nelle pi\uf9 dinamiche realt\ue0 urbane dell\u2019isola: a Palermo con Ernesto Arm\uf2, Salvatore Benfratello, Enrico Calandra, Giuseppe Capit\uf2, Salvatore Caronia Roberti, Giuseppe Di Giovanni, Salvatore Li Volsi Palmigiano, Antonio Lo Bianco, Giovan Battista Santangelo, Pietro Scibilia; a Catania con Francesco Fichera; a Messina con Camillo Autore e poi con Enrico Calandra (raggiunto successivamente da Giuseppe Samon\ue0, anch\u2019egli allievo di Basile ma della sua ultima stagione di docenza); a Caltagirone con Saverio Fragapane; a Licata con Filippo Re Grillo; a Trapani con Francesco La Grassa. Alcuni degli allievi di Basile operarono, con successo, anche in ambito continentale: Leonardo Paterna Baldizzi fu tra i primi a realizzare opere Liberty a Roma e a Napoli; sempre a Roma , oltre allo stesso Basile (che realizza significative architetture, fra cui l\u2019ampliamento di Palazzo Montecitorio, la palazzina Vanoni, la villa di Rudin\uec e il Gran Caf\ue8 Faraglia), opera lungamente Francesco La Grassa; a Milano \ue8 attivo, per un periodo della sua carriera professionale, Giuseppe Di Giovanni; a Reggio Calabria e dintorni svolge parte della propria attivit\ue0 Camillo Autore; a Pisa si trasferisce per lungo tempo Salvatore Benfratello quale cattedratico del locale Ateneo. Le migliori espressioni dell\u2019arte e dell\u2019architettura (e principalmente di quest\u2019ultima) del periodo Liberty in Sicilia sono conseguenza di un dialogo a distanza con correnti internazionali (ma solo se ritenute affini) instaurato dall\u2019alveo di una locale tradizione di ricerca del nuovo (ne \ue8 esemplificativa l\u2019eredit\ue0 dell\u2019eclettismo sperimentale di Giovan Battista Filippo Basile, padre di Ernesto, e le sue ascendenze, fino a risalire al periodo neoclassico, con il fondatore della cultura architettonica innovativa d\u2019et\ue0 contemporanea in Sicilia, Giuseppe Venanzio Marvuglia). Allo stesso modo l\u2019intera societ\ue0 siciliana della fase finale della Belle \uc8poque e dei primi Anni Ruggenti si sente depositaria di solide tradizioni ottocentesche. Una consapevolezza, questa, che contraddistingue i pur diversi modi di operare: nel campo imprenditoriale, con l\u2019ultima generazione dei Florio e dei Whitaker, e con i Chiaramonte Bordonaro, i D\u2019Al\uec, i Favitta, i Lanza di Scalea, i Lombardo Gangitano, i Majorca di Francavilla, i Manganelli, i Sanderson, i Tasca, i Trabia, i Verderame, ma anche con nuovi imprenditori, come Amoroso, Averna, Biondo, Castellano, Ducrot, Favara, Finocchiaro, Orlando, Pecoraino, Rutelli, Sandron, Sangiorgi, Scaglia, Utveggio, Velis coscienti della propria appartenenza ad una classe sociale dalla quale la collettivit\ue0 si aspettava molto. Sono soprattutto i Florio con Ignazio e la consorte Franca Iacona di Notarbartolo, contessa di San Giuliano, (coppia dotata, oltre che di una incalcolabile fortuna, di opportuni fascino, buon gusto e physique du r\uf4le) e con Vincenzo, fratello minore del primo (tombeur de femmes e prototipo dello sportman di quegli anni), a fare della modernit\ue0 una propria cifra distintiva. I Florio perseguono, infatti, una precisa \u201cpolitica dell\u2019immagine\u201d (da qui il legame con Basile, con il mobiliere Ducrot, con pittori come De Maria, Cortegiani, Gregorietti, e con scultori come Civiletti, Ximenes e Ugo); tutte le loro azioni sociali (da quelle mondane a quelle filantropiche, da quelle promozionali a quelle politiche), il loro apparire, il loro intessere rapporti economici ma anche \u201cdiplomatici\u201d (come nel caso dei reali d\u2019Inghilterra, di Russia e di Germania) riflettono l\u2019ideale di porsi come modello di una nuova Sicilia che, non pi\uf9 semplice fornitrice di materie prime, si proponeva nel nuovo circuito delle aree emergenti (pur con il permanere di drammatiche sperequazioni e sacche di miseria) come esportatrice di prodotti finiti e, quindi, anche di nuovi modelli comportamentali. Fra gli artisti, pittori come Abate, Catti, Cercone, Cortegiani, De Gregorio, De Maria Bergler, Di Giovanni, Enea, Gregorietti, Liotta Cristaldi, Lentini, Leto, Lojacono, Mirabella, Reina, Spina, Tomaselli, Vetri, Vicari, e scultori come Balistreri, Civiletti, Costantino, Delisi, Gangeri, Garufi, Geraci, Moschetti, Nicolini, Ragusa, Rutelli, Trentacoste, Ugo e Ximenes traghettano felicemente, anche se con disomogenee intensit\ue0 e motivazioni, le loro precedenti esperienze nell\u2019alveo della tendenza modernista, senza tuttavia rimanerne coinvolti fino in fondo (a meno di un circoscritto periodo artistico del nucleo riunitosi nel \u201ccenacolo di Basile\u201d, formato da De Maria, Enea, Geraci, Gregorietti, Rutelli, Ugo e Ximenes). Altrimenti pittori come Corona, De Francisco, Rizzo, Terzi, Trombadori e scultori come Campini, D\u2019Amore, Li Muli muovono solo i primi passi in ambito modernista per poi maturare significativi percorsi in altre direzioni della cultura artistica novecentesca. Alla compagine di intellettuali, artisti, imprenditori, statisti, scienziati e pensatori va aggiunta, infine, quella delle maestranze specializzate, che negli opifici e nelle miniere, cos\uec come nei cantieri edilizi e nelle botteghe artigiane dettero un contributo determinante allo sviluppo e alla fisionimia moderna della societ\ue0 siciliana di quel periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dunque, anche in considerazione della d\ue9b\ue2cle, avviata nella tarda fase dell\u2019et\ue0 giolittiana e drammaticamente maturata durante il Ventennio fascista, della propositivit\ue0 economica della Sicilia e quindi del conseguente declino della sua \u201csociet\ue0 civile\u201d, era inevitabile una massiccia dispersione dei \u201cdocumenti\u201d (nell\u2019accezione pi\uf9 ampia del termine) relativi alla cultura modernista in Sicilia; una condizione che nei tre decenni successivi alla Ricostruzione andr\ue0 drammaticamente di pari passo con indiscriminate manomissioni (soprattutto negli interni) e demolizioni che hanno pervicacemente aggredito l\u2019integrit\ue0 di un patrimonio culturale davvero considerevole

    Collezioni Basile e Ducrot. Mostra documentaria degli archivi

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    La mostra permanente delle Collezioni Basile e Ducrot presso l’Edificio n. 14 (ex Facoltà di Architettura, oggi Dipartimento di Architettura) della Città Universitaria di Palermo (viale delle Scienze) consiste in una selezione di materiali documentari conservati nella Dotazione Basile-Ducrot (denominazione oggi mutata in Collezioni Basile e Ducrot) dell’Università degli Studi di Palermo. La Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo negli anni Cinquanta del XX secolo (nella prima sede di via Caltanissetta) ha ricevuto il materiale documentario degli architetti Basile direttamente dalla famiglia (per volontà di Roberto Basile, figlio di Ernesto). Al Fondo Basile successivamente sono stati aggregati altri due fondi: nel 1971 quello dei materiali documentari provenienti dall’Archivio e dalla Biblioteca della ditta Ducrot (acquistati in seguito all’Asta Fallimentare bandita dal Tribunale di Palermo nel 1970) consistenti prevalentemente nella documentazione (fotografica e grafica) dell’attività produttiva e degli stabilimenti del celebre mobilificio palermitano, oltre che dei cataloghi di vendita e dei fascicoli di periodici conservati nella relativa biblioteca aziendale; nel 1992 il Fondo delle Tavole Didattiche realizzate negli anni Ottanta del XIX secolo, sotto la direzione di G.B.F. Basile (e in parte su suoi studi e schizzi), da Michelangelo Giarrizzo su supporti di tela di juta (trattata con gesso dolce, colla di coniglio e bianco di titanio) di m. 2,37 x 1,92 e collocate, originariamente, nell’Aula Magna della ex Regia Scuola per Ingegneri e Architetti di Palermo, sita in via Maqueda nel complesso detto del Convento della Martorana. In questo plesso i fondi della Dotazione Basile-Ducrot sono stati conservati fino al 2011 e quindi trasferiti nella sede definitiva dell’Edificio n. 14 (nuova sede della Facoltà di Architettura) della Città Universitaria in Viale delle Scienze (via Ernesto Basile, Palermo). L’attuale dislocazione comprende due ambienti distinti (entrambi accessibili anche ai disabili) denominati Area 1 e Area 2: la prima, sistemata su progetto del 2002 di Tilde Marra (con la collaborazione di Armando Barraja), è formata dalla Galleria delle Tavole Didattiche, destinata sia alla mostra permanente delle 34 tavole di M. Giarrizzo (supporto illustrativo del Corso di Architettura Tecnica tenuto, fra il 1875 e il 1891, da G.B.F. Basile presso la Regia Scuola per Ingegneri e Architetti di Palermo) che ad ospitare manifestazioni culturali e l’esposizione ciclica di disegni di progetto dei Basile e di materiali documentari dell’industria Ducrot; l’Area 2 è destinata alla conservazione e alla consultazione delle biblioteche e delle raccolte della Dotazione Basile-Ducrot. La mostra si compone di quattro sezioni: Mostra Archivio Basile; Mostra Tavole Didattiche; Mostra Archivio Ducrot; Mostra Biblioteche Basile e Ducrot

    Strategic decision making under climate change: a case study on Lake Maggiore water system

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    Abstract. Water resources planning processes involve different kinds of decisions that are generally evaluated under a stationary climate scenario assumption. In general, the possible combinations of interventions are mutually compared as single alternatives. However, the ongoing climate change requires us to reconsider this approach. Indeed, what have to be compared are not individual alternatives, but families of alternatives, characterized by the same structural decisions, i.e. by actions that have long-term effects and entail irrevocable changes in the system. The rationale is that the structural actions, once they have been implemented, cannot be easily modified, while the management decisions can be adapted to the evolving conditions. This paper considers this methodological problem in a real case study, in which a strategic decision has to be taken: a new barrage was proposed to regulate Lake Maggiore outflow, but, alternatively, either the present barrage can be maintained with its present regulation norms or with a new one. The problem was dealt with by multi-criteria decision analysis involving many stakeholders and two decision-makers. An exhaustive set of indicators was defined in the participatory process, conducted under the integrated water resource management paradigm, and many efficient (in Pareto sense) regulation policies were identified. The paper explores different formulations of a global index to evaluate and compare the effectiveness of the classes of alternatives under both stationary and changing hydrological scenarios in order to assess their adaptability to the ongoing climate change

    Metodologia semiautomatica di estrazione del drenaggio da DTM applicata allo studio della deformazione indotta da tettonica attiva

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    The statistical analysis of stream orientations is an helpful tool in the active tectonic studies because the rivers network is an important geomorphologic feature useful to derive the deformation due to active faults. The drainage network automatically derived from DTM’s is not generally usable for this type of analysis because the automatic routines generate the stream network following the four direction orthogonal to the cell. In this paper we present a semiautomatic methodology to extract the drainage network from high resolution DTM data (5x5 pixel m) the most possible consistent with the real water-drainage pattern, in order to make accurate statistic azimuthal analyses of stream orientations. The methodology have been tested on the active tectonic area of the Tammaro basin (Campania and Molise Regions), epicentral zone of the 1688 strong earthquake (MW=6.7). The results obtained by the application of the proposed methodology show a good agreement with the drainage pattern map derived from photo-interpretation (Regional Technical Cartography)

    Definizione delle strutturetettoniche nell’area aquilana mediante interpretazione 3D didati gravimetrici con un algoritmo basato sull’accrescimento dei corpi. Risultati preliminari.

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    -L’interpretazione tridimensionale èstata effettuata mediante l’utilizzo di un programma di calcolo basato su un algoritmo denominato “GROWTH”realizzato presso l’istituto de Astronomia y Geodesia della Facoltàdi Matematica dell’UniversitàComplutense di Madrid (Camachoetal., 2000) -Il metodo si basa sulla determinazione del volume di corpi profondi e lavora per iterazione su corpi prismatici il cui volume viene “accresciuto”in modo automatico al fine di ottenere il migliore “fitting”con i dati osservati -Il vantaggio di tale algoritmo, oltre all’automatismo e alla semplicità di utilizzo, è che esso non prevede un modello di innesco preventivamente costruito, può risolvere il modello utilizzando contemporaneamente contrasti di densità sia positivi che negativi e fornire, tra le altre informazioni, l’andamento regionale delle anomalie di Bouguer, necessario per la definizione delle strutture crostali più profond

    Verbano

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    L’obiettivo del progetto è la soluzione del problema Verbano tramite la scelta di una nuova regolazione e di oppurtuni interventi strutturali. Tale soluzione deve tendere a minimizzare i danni causati da eventi alluvionali tanto a monte quanto a valle, i danni indotti dalla mancata fornitura idrica agli utenti irrigui ed idroelettrici di valle e quelli subiti dalla navigazione e dal turismo quando si deprimono eccessivamente i livelli lacuali, senza trascurare, nel contempo, il mantenimento di un deflusso minimo nel Ticino, a valle dello sbarramento del Panperduto. In tale ricerca si dovranno ovviamente tener conto dei vincoli posti dalla capacità di smaltimento delle portate all’incile del lago e dalla necessità di mantenere attiva la sua naturale funzione di laminazione in occasione di eventi alluvionali che interessino anche il Po

    Una metodologia sistemica per la valutazione della vulnerabilitĂ  sismica dei Comuni della Provincia di Benevento

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    The aim of this work is to produce a prototype of an Integrated Geographic Informative System designed to characterize the seismic vulnerability of the municipalities of the Benevento province. The developed GIS model algorithm is based on a systemic methodology which accounts for interactions among the several factors involved into the system. The implemented algorithm allows to estimate a vulnerability index, which in turn led to the creation of vulnerability maps. This System, which could be enriched with new thematic data will provides the basis for future researches in the field and make available to local decision-makers, agencies and community planners basic information to be used in managing the seismic risk
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