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L'Urban Village riconsiderato
La città contemporanea è sempre di più un collage di parti pianificate e parti a crescita spontanea, preesistenti o contemporanee. Il confronto è spesso stridente e costituisce una sfida per il progetto urbanoContemporary cities is increasingly becoming a collage of planned parts and spontaneous unplanned settlements, The joining if these two patterns is often striking and is one of the primary challenges for urban design
Distruzione/costruzione/decostruzione. Il flusso continuo dell'architettura contemporanea
Lo spazio dell’architettura contemporanea, nella sua duplice scala costruttiva e urbanistica, è caratterizzato dalla distruzione. Una condizione che è al tempo stesso reale (le discontinuità , i vuoti, le demolizioni) e simbolica. Alcuni artisti percorrono all’inverso il processo creativo, e partono dalla distruzione intesa come procedura artistica. Tra essi Gordon Matta-Clark, che riporta a un modello architettonico le operazioni distruttive di Burri, o Gustav Metzger nella cui opera la distruzione si converte in atto creativo. La nozione di rovina in Derrida è quindi utilizzata.The essay is focused on the relevance of destruction for architecture. Destruction, is intended as an act, as a notion, as a procedure as an idea. Distruction is view firstly with its being a mere circumstance, an ordinary happening ina broad sense. Its presence in contemporary culture is also scrutinized. Secondly it is viewed as an aesthetic category, that has appeared in many moments in art. Piranesi, the many 17th "ruinists" as well as modern artist such as Burri, Metzer, Matta-Clark are looked at. In the second part the essay considers the compelling relation/opposition that undermines every architectural act: destruction/construction
Distruzione e costruzione
Una riflessione sul concetto di costruzione e distruzione a partire dalle foto di edifici dirut
Casbah + meccano
Viene analizzato l'iter del principio progettuale del cosiddetto mat-building che riuniva la componibilità dell'edilizia industrializzata con la crescita per cellule giustapposte della architettura islamica mediterranea. Gli esempi noti elaborati dagli architetti del Team X così come in alcuni casi da La Corbusier sono analizzati e comparati con altri edifici contemporanei dove questo principio progettuale è emerso con chiarezza (Morphosis, SANAA, Mansila e Tunon). Il percorso di questa idea è tracciato a partire dagli esempi canonici di Le Corbusier , Kahn, Libera ma soprattutto attraverso le elaborazioni del Team X in connessione con lo sviluppo dell'antropologia culturale di Levi Strauss. In quegli anni ed in quel contesto il termine mat building fu coniato da Alison Smithson.The so-called mat-building is studied and analyzed. Canonical examples of this kind of building are seen in comparison with recent buildings and projects in which this idea has cropped up again. Le Corbusier's Hospital of Venice's project, Kimbell Museum by Louis Kahn or the Unità di abitazione orizzontale by Libera are the main examples. The idea is taken up again mainly by the architects of the Team X (Candilis, van Eyck, Hertzberger and mainly Alison and Peter Smythson who also theorized this idea and indeed coined the term mat-building). Recent examples are Morphosis, SANAA Mansila and Tunon. The root of this idea is traced back in the connection between Levi-Strauss anthropology and Aldo van Eyck tehories (mainly expressed within the magazine Forum). It is an important connection between Eastern and Western culture in the field of architecture
Dalibor Vesely e la complessitĂ culturale del progetto
Dalibor Vesely ebbe una enorme influenza sulla cultura archiettonica inglese fino alla sua recente scomparsa, specialmente per la sua figura di docente. Con Rykwert insegnò in un famoso corso postlaurea all'Essex e successivamente a Cambridge. La sua concezione del progetto architettonico era fortemente influenzata dalla fenomenologia e dall'ermeneutica.The article outlines the outstanding relevance of Dalibor Vesely an architect and teacher who has recently disappeared. He was born and brought up in Czechoslovakia but, since the early Sixties, he has lived in London where he was considered an authority for his insightful approach to architecture. The article is focused on his conception of architecture as a complex cultural construction which nowadays faces the crisis of its metaphorical status. Vesely taught for about 20 years together with Joseph Rykwert a renown postgraduate program at the University of Essex and later at Cambridge. He also taught in studios at the AA. His culture was strongly influenced by phenomenology and hermeneutics in a manner rather different from other circles
Projective Architecture
Sbacchi indaga su quale sia stata la reale influenza della nozione di "proiezione" nell'ambito della progettazione architettonica a partire da Guarini. Per fare ciò vengono presi in considerazione i concetti di luce e ombra così come quelli di linea astratta, piano, sezione, geometria proiettiva e prospettiva.Michele Sbacchi investigates the real influence of the notion of projection on architectural design before and during the age of Guarini. He takes into consideration concepts such as light and shadow, abstract line, plane, section, projective geometry and perspective. To do this he looks at the ideas of Gregorius Saint Vincent, Alberti, Guarini, Desargues and de l’Orme, among others
New Tents
L’antropologia ha avuto un notevole impatto sulla cultura moderna specialmente nel rimarcare come le diversità culturali esistenti siano poco adeguate alla universalizzazione proposta dalla tecnologia. Lo spazio e la città , naturalmente, non fanno eccezione. La revisione dell’approccio ortodosso del Movimento Moderno operata dal Team X era basata su questo cambiamento culturale, epitomizzato dalle scoperte di Levi Strauss, un riferimento primario per quegli architetti. Naturalmente il contesto culturale era molto più ampio, in quanto comprendeva, fra l’altro, la sociologia, l’arte e l’esistenzialismo. Citiamo semplicemente le fondamentali teorie di Paul Ricoeur sui rischi della universalizzazione. Sin da allora le “culture altre” non furono più del tutto oscurate dall’idea tecnocratica di progresso. Le città e gli spazi non Occidentali divennero così un riferimento non marginale. L’idea di mat-building degli Smithson, giusto per citare un esempio, fu concepita all’interno di questo nuovo atteggiamento.
In quei tempi gli antropologi dovevano recarsi nei cosiddetti “paesi stranieri”. E allo stesso modo facevano gli architetti: van Eyck per esempio. Al giorno d’oggi per confrontarci con altre società non abbiamo bisogno di viaggiare: esse stesse raggiungono il mondo occidentale in un esodo senza fine.
Eppure la visione ampia di quegli architetti necessita di essere ulteriormente ampliata e parzialmente modificata. Siamo infatti perentoriamente chiamati a concepire una futura architettura per una società che non è semplicemente multirazziale. Infatti il fenomeno della migrazione è colossale e i migranti non sono solo “sradicati” e “senzatetto”, ma anche “senza spazio”. Una condizione complessa che determina uno scenario molto diverso dal semplice “scambio culturale” degli anni Sessanta. L’architettura deve ripensare la nozione di insediamento, e riconsiderare le condizioni “nomadica” ed “effimera.”
Le Corbusier, curiosamente, conferì ad un accampamento di tende il primato di architettura originaria. Questa sua gerarchia inaspettatamente fu profetica, così come la tenda di Quatremere o la capanna di Laugier. Un inusuale ritorno alle origini permea la nostra futura visione di un mondo costituito dalla presenza dell’architettura “primitiva” delle baracche e dei campi profughi. Notevoli sono i risvolti architettonici di città dove le parti effimere diventeranno crescentemente estese.Anthropology has had a remarkable impact on modern culture in stressing the role of cultural diversities as unfitting with the universalization brought about by technology. Space and the city, of course, were not exceptions. Team X’s revision of the orthodox approach of Modern Movement was grounded on this cultural shift, epitomized by Levi Strauss’s discoveries, a main reference for those architects. Of course the cultural context was much wider, including sociology, art and existentialism. I just mention Paul Ricoeur’s seminal theories on the risks of universalization. Since then, other cultures were no longer overshadowed by the technology-oriented idea of progress. Non-Western cities and spaces became a non-marginal reference. The Smithsons’ idea of mat-building, just to quote an example, was brought about by this new attitude.
At that time anthropologists had to travel to “foreign countries”. And so did architects: van Eyck for example. Nowadays, in the tragic age of migration, we no longer need to travel to confront other societies: they reach endlessly the Western world. Yet the broad approach of those architects needs to be further broadened and partly modified. Indeed we are urged to envisage a future architecture for a society which is not simply multiracial. For migration is colossal and migrants are, not merely uprooted and homeless, but also “spaceless”. A complex condition, far from the mere “cultural exchange”of the Sixties. Architecture has to rethink the principle of settlement, and partly reconsider nomadic and ephemeral conditions.
Le Corbusier’s, rather whimsically, gave to a tent camp - le temple primitif - the primacy as original architecture. His hierarchy unexpectedly turns out to be profetic, much as Quatremère’s tent, or Laugier’s cabane. An unusual return to the origins permeates our future vision of a world with the “primitive” architecture of shelters and refugees camps.
I will try to focus on the architectural outcomes of cities were the ephemeral parts will become increasingly extensive
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