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    La tradizione europea del pensiero economico

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    Spalletti \ue8 segretario organizzativo, membro del collegio dei docenti del dottorato e co-curatore della cotutela del titolo di dottorato con l'Universit\ue0 Sorbona di Parigi. Lo scopo \ue8 formare studiosi con una preparazione adeguata alla complessit\ue0 che la ricerca nella Storia del pensiero economico ha raggiunto negli ultimi anni, conformemente anche con le nuove funzioni che la disciplina ha assunto nella formazione di economisti e scienziati sociali. La Storia del pensiero economico svolge infatti il ruolo di riflessione critica sui fondamenti della teoria economica; di riconoscimento dell\u2019influenza esercitata dall'evoluzione delle altre scienze; di approfondimento della teoria che nasce dall\u2019inquadramento del contesto culturale e storico che l\u2019ha determinata. In altre parole, la Storia del pensiero contribuisce a mantenere viva la tradizione europea di considerare la scienza economica come una scienza sociale. Tuttavia i corsi di laurea attuali non sono in grado di fornire un\u2019adeguata preparazione alla ricerca \u2013 ed eventualmente all\u2019insegnamento universitario \u2013 in questo settore. La materia richiede sia la conoscenza della teoria economica contemporanea (non fornita dai corsi di laurea propriamente umanistici) sia un\u2019adeguata preparazione alla ricerca storica (non fornita dai corsi di laurea in economia). Studi recenti hanno messo in evidenza i limiti di un approccio alla Storia del Pensiero economico confinato alla tradizione nazionale (considerata come un\u2019esperienza isolata poich\ue9 sovente gli Italiani studiano gli economisti italiani, i Tedeschi studiano gli economisti tedeschi etc.) ovvero alla tradizione anglosassone dominante. Ci\uf2 ha fatto passare in secondo piano interessanti correnti di pensiero che hanno avuto meno fortuna, o che sono legate a realt\ue0 nazionali diverse. La diffusione delle idee economiche tra i Paesi europei e la ricostruzione delle reti internazionali di collaborazione e di influenze costituiscono i campi di ricerca pi\uf9 innovativi e interessanti e sono ancora quasi interamente da esplorare. In particolare i rapporti tra Germania, Francia, Spagna e Italia sono tutti da ricostruire. Occorre, dunque, essere pronti ad accogliere le indicazioni provenienti dalla Comunit\ue0 scientifica internazionale, che gi\ue0 da tempo ha cominciato a interrogarsi sui meccanismi di trasferimento delle idee economiche attraverso i confini nazionali. Proprio l'istituzione scientifica pi\uf9 autorevole in materia, la Societ\ue0 Europea per la Storia del pensiero economico (ESHET), ha organizzato nel 1999 il convegno: "National Traditions in Economic Thought and the Diffusion of Ideas". Si tratta di filoni di ricerca che richiedono una complessa preparazione (disciplinare e linguistica) per essere adeguatamente affrontati. Non esistono dottorati in Europa che abbiano queste caratteristiche di apertura internazionale e di interdisciplinarit\ue0 tra economia e storia. In Italia i giovani studiosi/e che nutrono interesse in questo campo vi accedono generalmente tramite dottorati in economia e sono costretti ad acquisire faticosamente e isolatamente la strumentazione necessaria e a dedicare tempo e risorse ad approfondire conoscenze che non sono funzionali ai loro interessi di ricerca. Inoltre l\u2019alta specializzazione di questo dottorato, che ha quasi come solo sbocco professionale la ricerca, rende efficiente la scelta di concentrare gli sforzi tra diversi Paesi in un unico corso di studio a valenza internazionale

    Pensamiento critico y Economia politica (1789-1848)

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    Il workshop, nato dalla collaborazione tra l'Università di Macerata e l'Università di Saragozza, intendeva rivisitare gli sviluppi del pensiero socialista e utopico nella fase di intensa industrializzazione e di radicali trasformazioni politiche che caratterizzarono il periodo 1798.1848. Gli Atti sono in corso di pubblicazione con la casa editrice spagnola "Ferdinando El Catolico

    Pensiero critico ed economia politica nel XIX secolo: da Saint-Simon a Proudhon

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    Questo volume raccoglie gli esiti di un lavoro decennale di studi, presentati e discussi da specialisti spagnoli, francesi e italiani in due successivi incontri scientifici che si sono svolti presso le Università di Zaragoza e di Verona. Dopo l’apertura, con una riflessione di Gian Mario Bravo sul socialismo utopico, l’opera si compone di due parti: una prima che fa perno sul pensiero di Saint-Simon e su tutti quei pensatori che negli stessi anni si occuparono dei cambiamenti sociali, politici ed economici, nel tentativo di rispondere alle sfide che questi ponevano. La seconda parte, invece, si sofferma in particolare sull’opera di Pierre-Joseph Proudhon, ripercorrendone le intuizioni, le contraddizioni, le visioni e mostrandone le influenze su altri pensatori. I diversi capitoli affrontano gli aspetti filosofici, politici, economici e sociali di Saint-Simon e di Proudhon e, sullo sfondo dell’opera di Karl Marx, offrono una lettura ampia e approfondita dei problemi insoluti dell’economia politica classica, ipotizzando soluzioni che, già nel XIX secolo davanti ai primi esiti del sistema capitalistico, rappresentavano una parte importante di quel pensiero critico, del quale ancor oggi percepiamo la straordinaria attualità

    French utopian thought and politica economy (1789 - 1848)

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    It is rather troublesome to speak of a French utopian thought since the category of Utopia or Utopian Thought is too vast and not easily intelligible for a variety of reasons: firstly, because there is the difficulty in marking out a clear distinction, as Marx and Engels tried to do, between utopian thought and other forms of thought, including scientific thought; secondly, because of the important differences existing among the various expressions of what, with an elliptical expression, we mean a utopian thought; thirdly, because some authors who we consider as adhering to the utopian thought, not only do they not consider themselves so, but have waged a harsh battle against concepts of Utopia (just think of Proudhon). Maybe, it would have been easier to adopt the category of heterodox thought, though I have never really liked such a term for several reasons: firstly, because this is even more indeterminate; and because it is generally built per differentiam, with reference to external contents, that is in relation to approaches and analytical procedures of that universe of reasoning which is defined orthodox. The category of heterodoxy reminds me of that concept of idealism which Hegel attributed to Schelling: a night when every cow is black. In the end, I held to be more useful to adopt the category of utopian thought, since in each case the reflection of the authors under consideration is determined by the search for organising the economy and society conceived as a possible alternative to capitalism. Upon the bases of such an approach, these authors, mature a critical attitude towards the current state of things and towards the theories, (economic theories, especially), which proclaim that state of things as the only one possible. Besides, it is interesting to take note, that the critical attitude to political economy emerges rather slowly, after a phase of opening in relation to economics and after a phase of sharing its analytical procedures and its cognitive goals. We will develop these ideas by way of the following four headings: 1. the attraction of classical economics and its utopian dimension; 2. the end of the great illusion; 3. Malthus’ trauma; 4. the criticisms of political economy
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